Nintendo Switch OLED: bene ma non benissimo

Nintendo Switch OLED: bene ma non benissimo

C’è chi si aspettava risoluzione 4K a 60 FPS, display OLED e connessione 5G, ma non è arrivato niente di tutto ciò o, meglio, il display OLED c’è però Nintendo Switch OLED, uscita lo scorso 8 ottobre, sembra più una revisione della vecchia Switch che un modello Pro.

La casa di Kyoto sembra infatti ben distante dalla rivoluzione che, ad esempio, ci fu fra il Nintendo DSi e il Nintendo DSi XL, anche se il passaggio dai 6.2” di Switch classica ai 7” di Switch OLED non dispiace.

La confezione si presenta praticamente identica alla precedente, dentro: la console, il dock, i due Joy-Con, il caricabatterie, il cavo HDMI, i laccetti per ancorare i Joy-Con ai polsi e il Grip per utilizzare questi ultimi come un joypad tradizionale. Per quanto riguarda le specifiche tecniche, il cuore pulsante della macchina rimane la CPU custom Tegra di NVIDIA, abbinata a 4 GB di RAM LPDDR4 e stavolta 64 GB di storage interno invece che 32 (ancora troppo pochi, ndr), batteria da 4.30 mAh che assicura un’autonomia fra le 4,5 e le 9 ore di gioco.

Il pannello OLED a doppia laminazione, probabilmente, è l’unico fiore all’occhiello di questa console dato che consente una netta riduzione delle cornici e dell’effetto “multistrato” del display LCD del modello standard. I colori sono più intensi, brillanti, la luminosità è più elevata (300 nit di picco) e omogenea, ma purtroppo la risoluzione, benché benefici di pixel più piccoli, è sempre 1280×720 pixel, una scelta alquanto discutibile nel 2021.

Il design, complessivamente, risulta più pulito ed elegante; il nuovo stand garantisce una stabilità migliore e gli speaker stereo, più performanti e alloggiati ora accanto alla griglia di areazione, offrono un suono chiaro e ben definito.

In conclusione, Nintendo Switch OLED, venduta a 349 euro, è indubbiamente la miglior console portatile attualmente in commercio (si attende Steam Deck), anche se per vedere dei veri passi in avanti da parte di Nintendo ci sarà ancora d’attendere. Insomma, “bene ma non benissimo”.