Terapia del Dolore, intervista al dottor Sebastiano Mercadante: “Paziente va compreso in maniera attiva”

Terapia del Dolore, intervista al dottor Sebastiano Mercadante: “Paziente va compreso in maniera attiva”

PALERMO – Grande primato e importante riconoscimento, nel campo medico, per Sebastiano Mercadante, direttore dell’Unità di Terapia del Dolore del Dipartimento Oncologico della clinica La Maddalena di Palermo.

È lui, infatti, uno dei più grandi specialisti al mondo sul dolore oncologico degli ultimi 10 anni. Ma non è tutto: primo, invece, nella specialità “dolore da cancro”.

Questo è quanto è emerso dai dati di Expertscape, agenzia di rating che certifica il livello degli esperti in tutte le categorie della medicina.

Il commento del dottor Mercadante

Ai microfoni di NewSicilia è intervenuto proprio lui per spiegare da vicino la questione, analizzando anche il suo egregio operato all’interno della struttura siciliana.

Qualche settimana prima ero già stato avvertito dall’agenzia di ranking che si complimentava per il raggiungimento della posizione. Devo dire che non mi ha sorpreso particolarmente, ma mi è piaciuto veder confermare in maniera indipendente e oggettiva quello che comunque in letteratura era ben noto tra gli esperti del settore“, spiega.

Il mio rincrescimento è l’assoluta mancanza di interesse istituzionale e di molti mass media, che preferiscono riportare classifiche tra i migliori 100 pizzaioli, o personaggi influenti nell’ industria o nella politica“, aggiunge.

In questo caso la notizia è che, malgrado l’assenza di finanziamenti e di personali, Palermo è il luogo di maggior prestigio nel mondo per tutti i ricercatori e gli esperti in materia“, afferma.

Gli obiettivi raggiunti fino a oggi, infatti, sono assolutamente “soddisfacenti in termini qualitativi e quantitativi. Il mio traguardo dovrebbe inorgoglire le istituzioni, ma regolarmente cade nel vuoto. Penso a un’ulteriore implementazione soprattutto con la rete degli altri ospedali, che potrebbe migliorare la vita di molti pazienti attualmente esclusi“.

La valutazione

Su che base vengono scelti i migliori medici in un determinato ambito? La valutazione è basata sull’attività scientifica degli ultimi anni, “adoperando un algoritmo che contiene molte informazioni, numero dei lavori, delle citazioni in letteratura, dell’impatto della rivista, del nome del primo autore, in definitiva l’influenza della propria attività nei riguardi del mondo scientifico“.

In questa maniera vengono ridimensionati gli autori che spesso si appoggiano a qualche altro o che pubblicano lavori che non interessano nessuno e privi dunque di importanza per la comunità scientifica“, puntualizza.

Terapia del dolore

La “Terapia del dolore”

Scendendo nel dettaglio, vediamo in che cosa consiste la “Terapia del dolore“. Prima, però, è doveroso premettere che “il dolore è un fenomeno molto complesso, difficilmente inquadrabile e richiede una notevole conoscenza della fisiopatologia, dei meccanismi, degli aspetti comunicazionali e psicologici del paziente, e una larga conoscenza dei farmaci e delle tecniche che riducono lo stato di sofferenza“.

Diversi sono gli step e il trattamento dei pazienti: “Nella maggior parte si adopera una terapia farmacologica con analgesici di varia estrazione e potenza. In particolare la classe degli oppiacei è determinante nel dolore da cancro di severa entità“.

Abbiamo oggi una buona disponibilità di farmaci che permette di personalizzare il trattamento. In realtà al di là dell’uso di farmaci, il dolore comprende molta dimestichezza con la valutazione, la comunicazione, la psicologia, e l’uso di tecniche alternative, incluse quelle invasive“, precisa il dottor Mercadante.

L’approccio psicologico

In questo quadro è fondamentale l’approccio psicologico, la comprensione e l’ascolto: “È evidente come la buona comunicazione, fatta di parole, di gesti, di espressioni, sia fondamentale nello stabilire un transfer positivo. In particolare, ho sempre preferito manifestare un approccio quasi giocoso, lontano da aspetti pietistici, quasi funerei, non apprezzati, valorizzando il passato e la storia del paziente, e aiutandolo nell’estrazione di tutto ciò di positivo della propria vita“.

E ancora: “La compassione non è lo stucchevole termine pietistico adoperato spesso per carità pelosa da molti operatori inesperti, ma la capacità di condividere emozioni, secondo l’etimologia della parola latina“.

“Il paziente non ha bisogno della commiserazione”

Punto centrale è che “il paziente non ha bisogno della commiserazione, di sentirsi dire ‘Mi dispiace’, ‘Ti sono vicino’, ma di sentirsi compreso in maniera attiva, messo al centro dell’attenzione, ma soprattutto deve capire che qualcuno stia facendo qualcosa per lui, per lenire le proprie sofferenze, non limitandosi a tenergli la mano“.

Tutto ciò non sfugge ai pazienti, che hanno un proprio codice interpretativo. È percepito come interesse per la propria vita, anche se breve“, chiarisce.

Paziente medico

Il Dipartimento oncologico

Nel Dipartimento oncologico in cui il dottor Mercadante lavora ha anche creato una struttura d’avanguardia dedicata ai pazienti oncologici acuti, per l’approccio precoce con le cure di supporto e del controllo del dolore. A questo, recentemente, si è affiancato un hospice per i malati in fase avanzata di malattia.

La prima unità acuta di terapia del dolore e cure di supporto è stata creata ormai più di venti anni fa. Ho dato questo stampo perché già allora avevo percepito la necessità di anticipare il controllo del dolore e comunque le cure di supporto e palliative in fase attiva, perfino poco dopo la diagnosi e durante il trattamento, non relegando questa attività alle ultime settimane di vita“, racconta.

Il concetto di ‘Early palliative care‘ che attualmente è molto in voga nel mondo, in realtà, è stato prodotto nel mio ospedale alcuni decenni fa. Gli studi portati avanti in questi anni hanno confermato questa intuizione“, prosegue.

L’hospice

Inoltre: “Malgrado la mole di informazioni esistenti negli Stati Uniti molti centri universitari e di ricerca non sono dotati di reparti autonomi del genere. In Europa ancora meno e in Italia sono tuttora inesistenti“.

Negli ultimi anni abbiamo voluto offrire un’ulteriore opportunità di continuità di cura per i pazienti che non richiedono più trattamenti attivi, inclusi i pazienti non oncologici, prevalentemente neurologici. L’apertura dell’hospice circa due anni fa ha colmato questo vuoto, mantenendo un’assistenza continuativa di elevato livello, peraltro con lo stesso gruppo di medici“, puntualizza.

Il collegamento con la SAMOT, un ente erogatore di assistenza domiciliare, permette di seguire percorsi virtuosi secondo i bisogni del paziente e la fase di malattia. Le cure palliative, infatti, richiedono settings diversi secondo i bisogni individuali“, dichiara.

L’attività clinica

I pazienti ricoverati in Unità del dolore e cure di supporto generalmente sono in trattamento oncologico ma presentano delle epicrisi di sintomi, tra cui il dolore è sicuramente il carico più importante, di tossicità da trattamento, di scadimento delle condizioni generali. L’attività clinica è diversificata in base al caso di specie.

Nel dettaglio: “Oltre al trattamento dei sintomi, la rivalutazione del paziente è fondamentale, eventualmente con l’ausilio di indagini di laboratorio e radiologiche per stabilire il livello di progressione della malattia ed eventualmente modificare la direzione di cura, escludendo trattamenti futili e sproporzionati rispetto alla prognosi“.

Questo è il momento più delicato perché “precede la transizione di cure di supporto alle cure oncologiche al trattamento più specificatamente palliativo, altrimenti definito ‘best supportive care’“.

Scelta del percorso più opportuno

Dopo la stabilizzazione dei sintomi, “il paziente andrà indirizzato al percorso più  opportuno: proseguire le cure oncologiche o iniziare un percorso di cure palliative scegliendo il setting più appropriato, il domicilio, o qualora questa soluzione fosse impossibile per motivi assistenziali, in hospice“.

In hospice riceviamo pazienti direttamente dal reparto di Terapia del dolore e cure di supporto, già stabilizzati, dal domicilio perché difficilmente assistibili a casa, o da altri reparti o ospedali“, sottolinea.

Vengono accolti anche una buona parte di pazienti con altre malattie inguaribili come alcune condizioni neurologiche in progressione. Ogni paziente viene sistemato in un’ampia stanza dove i familiari possono dimorare con loro, come se fossero a casa“, aggiunge.

Dolore terapia

Un metodo innovativo

Si tratta, in ogni caso, di un metodo innovativo che è il frutto di un lavoro meticoloso, preciso, puntuale e professionale svolto negli anni: “Questo tipo di organizzazione, la congiunzione di un reparto acuto e dell’hospice, è un crocevia che ottimizza i percorsi degli sfortunati ammalati che spesso non trovano risposte omnicomprensive nelle varie strutture domiciliari e ospedaliere esistente sul territorio“.

Tale metodo è seguito da molti colleghi che vengono per degli stage da tutta Italia e alcuni anche dall’estero. In questi anni abbiamo avuto più di 300 visitatori che sono stati con noi per periodi diversi per imparare in particolare l’uso degli oppioidi, farmaci fondamentali per il dolore da cancro“, afferma.

Ancora: “L’uso di sofisticate tecniche farmacologiche messe da noi a punto, come la rotazione degli oppioidi, infatti, consente il recupero di condizioni disastrose e considerate intrattabili“.

Il nostro congresso annuale che accoglie circa 200 colleghi provenienti da tutta Italia è ormai un appuntamento fisso particolarmente ambito per l’elevato livello dei relatori, stranieri nel 70%, selezionati per loro prestigioso curriculum, a differenza dei molti congressi societari, in cui prevalgono logiche di consorteria che nulla hanno a che fare con la scienza e la divulgazione della cultura del dolore e delle cure palliative“, ribadisce.

Una storia particolare

Storie di vita vera e di sofferenza “trasudano” dall’Unità in cui lavora il dottor Sebastiano Mercadante. L’attenzione massima, come sempre, va rivolta al paziente, al suo trattamento e ai suoi bisogni.

Forse il paziente più interessante è un collega proveniente da Milano, che aveva sviluppato  una sindrome da abuso di oppioidi per un cattiva conduzione della terapia del dolore a seguito di una severa osteoporosi da uso protratto di corticosteroidi“, racconta il dottor Mercadante.

È stato un lavoro lungo e incessante per disassuefare il paziente e nello stesso tempo controllare il dolore. È stato molto soddisfacente dal punto di vista personale per il rapporto che si è instaurato e che continua nel tempo dopo la sua riabilitazione a distanza di mesi“, continua.

Questo per sottolineare come il dolore, in questo caso non da cancro, presenta delle sfaccettature molto specialistiche e che molto spesso un cattivo trattamento può avere conseguenze disastrose“, conclude.

Immagine di repertorio