Divisione delle spese tra conviventi, cosa prevede la legge? Le risposte dell’avvocato Chiara Catania

Divisione delle spese tra conviventi, cosa prevede la legge? Le risposte dell’avvocato Chiara Catania

ITALIA – La convivenza, al giorno d’oggi, sta superando di gran lunga il matrimonio. Per molte coppie, infatti, serve in primis per “testare” il rapporto con l’altro, in secundis a “liberarsi” da tantissimi obblighi tipici dei coniugi.

Ma è realmente così? Cosa prevede la legge per chi decide di convivere anziché di procedere a fare il grande passo? E soprattutto, per la gestione delle spese come ci si comporta?

A questi e molti altri interrogativi ha risposto, ai microfoni di NewSicilia, l’avvocato Chiara Catania perché sul tema – spesso – c’è molta incertezza e, a tratti, superficialità.

Disposizioni di legge o accordo delle parti?

Se la divisione delle spese tra marito e moglie risulta disciplinata dall’art.143 c.c., una norma sì generica ma che comunque indica quali sono i reciproci diritti e doveri, per le coppie di conviventi non vi sono norme che costringano i partner a sostenersi a vicenda in base alle rispettive possibilità“, sottolinea.

Da comprendere, allora, se esistono delle disposizioni da rispettare o se tutto è rimesso all’accordo tra le parti. Argomento centrale sono i diritti e i doveri dei conviventi in merito ai costi dell’affitto, al mangiare, alla ristrutturazione, al condominio, utenze e tasse.

Diverse sentenze hanno affrontato il problema dei rimborsi dei soldi spesi in favore del partner. La giurisprudenza si è così trovata a spiegare non tanto come si dividono le spese tra conviventi ma più che altro quali somme vanno restituite in caso di separazione“, spiega l’avvocato.

Contratti di convivenza e unioni civili

Nel tempo c’è stata una progressiva equiparazione tra le coppie sposate e quelle di fatto, tant’è che, al termine di questo percorso giurisprudenziale, è stata approvata la famosa legge Cirinnà volta a disciplinare i “contratti di convivenza” e le “unioni civili” (quelle cioè tra persone dello stesso sesso).

A tal proposito bisogna dire che “si tratta di due fenomeni diversi, posto che i primi vengono firmati dai conviventi cosiddetti “more uxorio”, ossia quelli che, di sesso diverso, seppur non sposati, formano una famiglia di fatto, basata sulla coabitazione, la fedeltà e il reciproco sostegno. Anche nel secondo caso, le unioni civili, si realizza una famiglia di fatto, ma i partecipanti sono persone dello stesso sesso“.

Spese convivenza budget

Ordinaria amministrazione

Questa equiparazione ha fatto ritenere applicabile, anche ai partner conviventi, la presunzione secondo cui “tutte le elargizioni e le spese fatte durante l’unione si considerano non prestiti, ma contributi ‘a titolo gratuito’. Sono cioè sostegni economici realizzati in attuazione del dovere di solidarietà e reciproca assistenza che ogni famiglia impone“.

Ciò significa che “il partner che spende dei soldi per la propria compagna non può pretendere la restituzione di tali importi. Si pensi, per esempio, agli esborsi per la spesa settimanale al supermercato, per il pagamento delle utenze, dell’affitto, degli oneri di condominio, ecc. Insomma, la cosiddetta ‘ordinaria amministrazione‘ non può essere oggetto di restituzione in caso di separazione“.

Dunque, quando termina la convivenza, il partner che ha speso di più non ha diritto a chiedere il rimborso delle somme versate all’altro durante il rapporto, a meno che non si tratti di cifre sproporzionate.

Divisione delle spese

Però “la giurisprudenza non ha mai detto come si dividono le spese tra conviventi, cosa che invece il Codice civile specifica per le coppie sposate (ove ciascuno deve contribuire in proporzione alle proprie capacità economiche e, se non lo fa, può essere ritenuto responsabile per la separazione e il divorzio)“.

Dunque, in caso di conviventi more uxorio – secondo quanto puntualizzato dall’avvocato Chiara Catania – le ipotesi che si prospettano sono due:

  • Prima strada: “Si procede sulla base di volontari e spontanei contributi, facendo quindi leva sul reciproco altruismo, sullo spirito di collaborazione, non avendo però ciascuno dei due partner alcuno strumento per costringere l’altro a contribuire alle spese comuni né potendo, in caso di inadempienza dell’altro, addebitare a questi la responsabilità per la fine dell’unione“;
  • Seconda strada: “Si firma un contratto di convivenza con il quale si regolano tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune e quelli relativi all’eventuale separazione“.

Esempi

Spesso succede che, tra conviventi, uno dei due metta la propria casa a disposizione della coppia e l’altro invece i soldi per la ristrutturazione. Oppure può succedere che uno sia titolare di un terreno e l’altro invece sostenga la spesa per costruirvi sopra l’immobile da adibire a residenza familiare“, sostiene.

In entrambi i casi, l’immobile resta di proprietà dell’originario titolare. Così, in forza del principio di “accessione”, chi è proprietario del terreno diventa anche proprietario di ciò che sopra vi viene realizzato. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, chi ha sostenuto materialmente la spesa ha diritto a un congruo compenso e quindi alla restituzione degli importi (salvo diverso accordo tra le parti)“, aggiunge.

Straordinaria amministrazione

Se relativamente alle spese della normale gestione quotidiana tra conviventi non ci sono norme che costringano i partner a sostenersi a vicenda in base alle rispettive possibilità (così come invece per le coppie unite dal matrimonio), discorso diverso vale invece per le spese straordinarie, quelle cioè che eccedono la gestione ordinaria della famiglia.

Infatti: “Per queste vige il principio in base al quale ciascun partner deve restituire all’altro i sostegni da questi ottenuti che non siano stati oggetto di specifica donazione. Si pensi, per esempio, all’uomo che versi sul conto corrente della compagna una cospicua somma di denaro per consentirle l’avviamento di un’attività commerciale o per l’acquisto di una seconda casa, da destinare alle vacanze“.

Tali elargizioni non sono più frutto del normale dovere di contribuzione che caratterizza ogni nucleo familiare. In questo caso, il convivente è tenuto a restituire le somme ricevute dall’altro per spese estranee alle necessità familiari“, prosegue.

La regola generale

Dunque, occorre equilibrio tra i conviventi: “La regola generale è che, nell’ambito di una famiglia, anche se more uxorio, ci si aiuti l’un l’altro“.

“Anche la consegna del denaro rientra negli obblighi di solidarietà familiare, componente essenziale della convivenza così come del matrimonio, per cui risulta impossibile chiederne la restituzione, se tali somme non sono elevate“, conclude.