Le Olimpiadi del Diritto, ius soli sportivo: cos’è e perché deve essere riconosciuto

Le Olimpiadi del Diritto, ius soli sportivo: cos’è e perché deve essere riconosciuto

ITALIA – Le “nostre” Olimpiadi di Tokyo, oltre a essere stati i Giochi che hanno sfidato la pandemia, oltre ad aver fatto sognare gli italiani con ben 40 medaglie e record mondiali, hanno segnato un punto di non ritorno in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana: è arrivato il momento di riconoscere lo “ius soli sportivo”!

Dal 20 gennaio 2016 in Italia esiste una legge che permette ai minori stranieri di essere tesserati presso le federazioni sportive italiane. La legge riconosce il principio dello ius soli sportivo ed è rivolta a tutti i minori che risiedono regolarmente sul territorio “almeno dal compimento del decimo anno di età”: per loro è prevista l’iscrizione alle federazioni “con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”.

La legge permette ai minori stranieri di fare sport, ma non dà la possibilità di essere inseriti nelle selezioni nazionali, per le quali è necessario avere la cittadinanza.  Lo ius soli sportivo, dunque, prevede la possibilità che giovani stranieri partecipino a competizioni per squadre italiane, ma non permette loro di ottenere la cittadinanza escludendoli dalle selezioni nazionali.

A oggi lo ius soli sportivo esiste in una prima forma introdotta dalla legge n. 12 del 2016Disposizioni per favorire l’integrazione sociale di minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione in società sportive appartenenti alle federazioni nazionali”:

Art.1

1. I minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o alle discipline associate o presso associazioni ed enti di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani.

2. Il tesseramento di cui al comma 1 resta valido, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, fino al completamento delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei soggetti che, ricorrendo i presupposti di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, hanno presentato tale richiesta.

Secondo la norma attuale i minori stranieri regolarmente residenti in Italia “almeno dal compimento del decimo anno di età“ possono essere tesserati presso le federazioni sportive “con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani“. Ma, come già detto, rimane una barriera: gli stranieri minorenni residenti in Italia ma non cittadini italiani non possono essere convocati per le selezioni nazionali. Per vestire la maglia azzurra devono, dunque, attendere di diventare maggiorenni. Solo al compimento dei 18 anni, in base alle leggi sulla cittadinanza in vigore in Italia, possono avviare la pratica per ottenere la cittadinanza italiana.

Secondo l’ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), il limite dei 10 anni di età della norma attualmente in vigore “è probabilmente dettato dalla presunzione che per un minore entrato in così tenera età il rischio di essere soggetto al traffico illecito di calciatori sia estremamente ridotto”, ma – spiega l’associazione – “determina l’esclusione di molti minori il cui diritto alla parità di trattamento con i minori italiani è garantito dalla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo”.

Inoltre, sempre secondo l’Asgi, il concetto di “regolarmente” residenti richiederebbe che il minore sia titolare di un permesso di soggiorno e sia iscritto all’anagrafe. “Ciò determinerebbe un’impossibilità di tesseramento per tutti quei minori che, pur avendo risieduto per molti anni (se non dalla nascita) sul territorio italiano”, scrive l’associazione, “vista l’assenza di una iscrizione anagrafica o di un permesso di soggiorno valido – a loro non imputabile – non potrebbero beneficiare di questa novità. L’Asgi ricorda che il Testo unico sull’immigrazione prevede che il minore non possa mai essere considerato giuridicamente irregolare, indipendentemente dalla posizione giuridica dei genitori”. Secondo Asgi “il concetto di regolarmente residenti debba essere interpretato guardando alla dimora abituale e quindi alla semplice presenza del minore sul territorio, indipendentemente dalla condizione di regolarità o meno del soggiorno dei genitori”.

Il limite dei dieci anni, come già evidenziato, è imputabile al calcio e al rischio che il minore possa essere vittima di football trafficking, parola inglese che include sia la tratta che il traffico di minori; pratica illecita che, purtroppo, investe anche altre discipline sportive. L’articolo 19 dell’RSTP (Regulations on the Status and Transfer of Players) della Fifa regola in maniera restrittiva il trasferimento dei minori e pure nei casi previsti questi vengono ammessi solamente dopo avere ricevuto parere favorevole da una sottocommissione della Fifa. Da quando, però, lo ius soli sportivo è diventato legge questa procedura non è più compatibile con l’ordinamento italiano perché più gravosa.

La procedura per il riconoscimento della cittadinanza italiana è complicata e tortuosa, come dimostra la storia di Sirine Chaarabi, pugile di origini tunisine che nel 2017 ha scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, proprio perché gli riconoscesse la cittadinanza italiana per meriti sportivi, ottenendola. Sirine si è laureata campionessa italiana e a giugno di quest’anno ha vinto l’oro nella categoria 57 Kg all’Europeo Under 22 svoltosi a Roseto degli Abruzzi. Nata in Tunisia è arrivata in Italia a due anni e oggi è campana di San Prisco, Caserta.

Per queste ragioni, oggi è arrivato finalmente il momento di ricambiare le emozioni ricevute durante queste Olimpiadi con il riconoscimento dello ius soli sportivo.

 

 

 

 

 

Avv. Alessandro Numini