La crisi del calcio italiano

La crisi del calcio italiano

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

Ormai da qualche anno il calcio italiano vive una profonda crisi economica e tecnica.

Le ridotte disponibilità di capitali delle nostre società precludono loro la possibilità di competere con le potenze calcistiche del panorama internazionale, evidentemente superiori in quanto a risorse finanziarie.

Tale strapotenza economica è da attribuirsi o all’impiego di ingenti quantità di denaro da parte di facoltosi investitori privati o a politiche di gestione societaria avanzate. Il primo è il caso di società come Paris Saint Germain e Manchester City, acquistate rispettivamente dagli imprenditori arabo Nasser Al-Khelaïfi e qatariota Mansur bin Zayd Al Nahyan. Questi, disponendo di un patrimonio pressocchè illimitato, hanno portato i due club, in pochi anni, ad ambire alla vittoria dei maggiori trofei internazionali.

Diverse, invece, le considerazioni riguardo l’ossatura finanziaria di club come Barcellona e Real Madrid. Essi fondano il loro strapotere economico su tecniche di gestione societaria avanzate. Dal novembre 2009 l’ FC Barcellona, con 172.000 soci, che partecipano in maniera attiva al capitale del club, è il più grande esempio di azionariato popolare; i soci, inoltre, assumono un ruolo primario nell’elezione del presidente – il cui mandato ha durata quadriennale – che sarà responsabile dell’amministrazione della società. Nel 2014-2015 il Barcellona era il quarto club piu’ ricco al mondo.

La crisi del calcio italiano, però, non deriva esclusivamente da un impotenza economica ma anche tecnica. Non è una coincidenza che, sebbene le migliori squadre europee posseggano risorse finanziarie pressocchè illimitate, dispongano di un settore giovanile avanzato. Quest’ultimo rappresenta, infatti, una risorsa imprescindibile affinché possano emergere i campioni del futuro; emblematico, in tal senso, il caso di calciatori come Messi, Xavi, Iniesta, solo per citarni alcuni, cresciuti nei vivai.

In Italia, e in particolar modo nel meridione, la carenza di adeguate strutture, la dilagante incompetenza tecnica degli addetti ai lavori e i sempre piu’ modesti investimenti nel settore ostacolano lo sviluppo di ambienti fecondi per l’affermazione di giovani calciatori, delineandosi, dunque, come i fattori responsabili della crisi tecnica dei nostri club e del nostro calcio.

Tuttavia, è opportuno precisare, che le difficoltà finora esposte, riguardano quasi esclusivamente gli ultimi decenni e che in tempi precedenti, neanche poi cosi remoti, l’italia calcistica poteva vantare un’organizzazione gestionale dei vivai tra le più efficienti al mondo. È bene, pertanto, un’immediata inversione di tendenza verso il recupero di una cultura calcistica sana, estranea alle leggi del profitto, e in direzione della crescita e tutela dei giovani; solo cosi facendo il calcio italiano potrà finalmente ritornare ai fasti di un tempo e ricoprire il ruolo di prestigio cui esso ha sempre ricoperto.