“Novecento” di Alessandro Baricco

“Novecento” di Alessandro Baricco

Ci sono storie che meritano di essere raccontate perché la vigorosa catena della memoria prima o poi smetterà di giocare con le sue maglie fragili. Alessandro Baricco, scrittore e sceneggiatore, nonché vincitore del Premio Fondazione Il Campiello 2020, firma una storia, una poesia, un capolavoro. Novecento nasce come un monologo teatrale ma la sua sorte muta velocemente già dalla prima apparizione in pubblico. La storia di Danny Boodman T. D. Lemon Novecento è una lezione di nuoto nel mare mai quieto della vita, quella che abbiamo e che avremmo voluto, quella che mai avremo.

Siamo negli anni ’30, la nave Virginian promette ai suoi passeggeri il nuovo mondo, una, dieci, cento traversate tra l’Europa e l’America, mezzo di fortuna e ponte di speranza per il disperato, l’affarista, il ricco ambizioso. L’Oceano è il pavimento fluttuante sotto un tetto di stelle, la luna è il faro di un sogno sempre sveglio. Le traversate sembrano tutte uguali eppure non c’è mai un’onda gemella, la Virginian non spreca il minuto, viaggia da continente a continente portando con sé un prezioso bottino umano. Durante la navigazione un marinaio nota una scatola di cartone sul pianoforte. Avvicinandosi, scorge un neonato dentro l’involucro adibito a culla. Figlio di qualcuno, figlio di nessuno, partorito dall’Oceano. Il marinaio gli fa dono del suo nome come farebbe un padre, ma lui padre non è, non immagina nemmeno che col tempo imparerà a diventarlo. Il piccolo ha un nome e un numero: Novecento.

Come il primo anno del nuovo secolo, come un bambino nato due volte grazie al buon marinaio, eroe di una scatola sul pianoforte. Novecento nasce e cresce sul Virginian, i suoi primi passi accompagnano le onde dell’Oceano, la fame del nuovo mondo, la sete di libertà. Novecento diventa un uomo, un musicista, dà voce alle note custodendo gelosamente la sua. 88 tasti del pianoforte vibrano sotto le sue dita come le corde vocali di un focoso oratore in piazza. Si lascia possedere dalla musica, emoziona i passeggeri della nave con gocce di note abili ad annegare ogni malinconia, resterà un mistero l’origine del suo talento musicale.

Aggrappato alla sua isola in movimento, Novecento affida ai 52 tasti neri ed ai 36 bianchi del pianoforte la voce del suo silenzio, il rumore della sua solitudine. E l’Oceano danza. Notti di note sopra lo specchio del cielo. Novecento è un uomo, Novecento è tempo da non sprecare girando la testa a destra e a sinistra fino a perdere di vista l’obiettivo, tempo per permettersi di cadere e tempo per rialzarsi da un errore. L’inciampo è un fatto umano per noi miseri umani. Novecento è una poesia senza strofe firmata da note musicali, una colonna sonora per lo spicchio di secolo in dono.

Il giovane Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento non ha mai messo piede sulla terraferma. L’equilibrio promesso dal suolo è un forziere di sicurezza ma un albero secolare spegne il desiderio di piantare un ramoscello di sogno, ecco che appassiscono le pulsanti sfumature delle possibilità. L’adrenalina è il braciere necessario della vita.

“La vita è una cosa immensa, lo volete capire o no ? Immensa”. Novecento è il distillato di un romanzo, sessanta pagine di gocce poetiche da centellinare come il più pregiato dei vini servito sull’Oceano, sotto l’acquarello azzurro di Dio. Novecento è un invito elegante a correggere un modello di vita devoto all’inutile eccesso. Io mi basto. Io e le note profuse della mia anima ci bastiamo.

L’Oceano è un pentagramma, Novecento a volte duetta con una nota rannicchiata in uno spazio, a volte dorme disteso sul rigo. Fino a quando? Novecento vive delle sue note, cosa potrebbe aggiungere la terra? Non ha bisogno di vivere per un miraggio, lui gode della sua oasi da tutta la vita.

Siamo tutti Novecento quando, per la prima volta, il giovane Danny Boodman T.D. Lemon Novecento scende tre gradini e resta immobile a fissare la terra straniera. Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino, pausa di paura, ogni certezza si sgretola. Un gradino alto come l’Everest, il pensiero è di ghiaccio, nessun pensiero lo scioglie. La terra gli offre radici solide, l’equilibrio che sulla nave non ha mai conosciuto. Siamo tutti Novecento. Rimaniamo per anni su quel terzo gradino privandoci del quarto, sopraffatti dalle nostre paure.

La terra è il pianoforte di Dio con milioni di tasti mediocri abituati a strimpellare una melodia confusa, no, tutto questo non appartiene a Danny Boodmann T.D Lemon Novecento, dopo il terzo gradino il rumore dell’uomo è un suono stonato. Il messaggio di Baricco è universale: fuggire dall’inerzia del terzo gradino. Scegliere. Sbagliare. Scegliere ancora, di nuovo, perché “se non sali adesso non sali più”.

Il momento giusto ha un nome, ADESSO, la lancetta apatica di un orologio conosce il pericolo del suo disagio, ADESSO ha imparato dall’alba a mai sollecitare il tramonto, ogni attimo gode di sé, si chiama aurora felice. “Il mondo, magari non l’aveva visto mai. Ma erano 27 anni che il mondo passava su quella nave: ed erano 27 anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima. In questo era un genio, niente da dire. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia… Tutta scritta, addosso. Lui leggeva, e con cura infinita, catalogata, sistemava, ordinava…Ogni giorno aggiungeva un piccolo pezzo a quella immensa mappa che stava disegnandosi nella testa, immensa, la mappa del mondo, del mondo intero, da un capo all’altro, città enormi e angoli di bar, lunghi fiumi, pozzanghere, aerei, leoni, una mappa meravigliosa. Ci viaggiava sopra da Dio, poi, mentre le dita gli scivolavano sui tasti, accarezzando le curve di un regime”.

La linea della vita spezza il sogno di speranza imbarcato sul Virginian. Il tempo e la fine della seconda guerra mondiale frenano la corsa del piroscafo che, stanco e malato, getta l’ancora per ormeggiarsi dai suoi viaggi. Un’iniezione di dinamite decreterà la sua fine. Novecento sceglie di non annegare sulla terra ma di nuotare per sempre nelle acque della sua altalena ambulante, lui, nato dal grembo dell’Oceano, decide di finire i giorni tra le onde che hanno maternamente adottato i suoi passi.