La difficile vita dei pendolari: diario di un viaggiatore errante per Catania

La difficile vita dei pendolari: diario di un viaggiatore errante per Catania

CATANIA – Oggi, obbedendo finalmente ai continui moniti degli ambientalisti sull’opportunità di impiegare i mezzi pubblici e, non da ultimo, alle esigenze del portafoglio, abbiamo deciso di recarci al lavoro utilizzando gli autobus. È cominciata qui la nostra breve (ma non troppo) vita da pendolare.

Consapevoli che, per un ampio ventaglio di ragioni tecnico – logistiche, il mezzo più indicato per compiere il tragitto che ci separa dall’ufficio passa dalla fermata ogni 45 minuti, abbiamo fatto in modo di arrivare sul posto con qualche minuto d’anticipo. La nostra buona volontà però non è stata ripagata: motivi imperscrutabili hanno spinto l’azienda a far saltare una corsa, fenomeno che, ad ascoltare la gente assiepata alla fermata dell’autobus, non è poi così raro.

Ci soffermiamo così ad osservare con attenzione i pendolari: tra loro ci sono ragazzi che, scoraggiati, tolgono gli zaini dalle spalle, li appoggiano per terra, poi addirittura ci si accovacciano su.

Lontano dal gruppetto di studenti che spera ardentemente di sfruttare il ritardo dell’autobus per saltare un’ora di lezione a scuola, ci sono impiegati, commesse, cassieri e universitari che stanno già pensando come giustificarsi davanti al loro capo o al professore che proprio oggi ha fissato la data dell’esame, per quel ritardo che non dipende da loro (i più scaltri o i veterani per evitare intoppi del genere si presentano alla fermata con un’ora di anticipo; si riconoscono subito, sono quelli più assonnati, ma tutto sommato sereni).

Seguono poi gli anziani che nonostante sia ancora presto hanno le borse della spesa già piene e sperano di potersi sedere quanto prima sull’autobus che li riporterà a casa.

Già, sedersi, altro punto dolente. La maggior parte delle fermate non è corredata da pensilina: star comodi o ripararsi dal sole e dalla pioggia, almeno a Catania, è un po’ complicato. Oltretutto si potrebbe incappare anche in spiacevoli equivoci: basta sentir parlare la gente che, nell’attesa, ha finito per familiarizzare.

Alcuni raccontano di essere rimasti gabbati dalle cosiddette fermate temporanee in cui non tutti gli autobus sostano e che nessuno ha mai pensato di dotare di un cartello che indichi con esattezza quali vetture siano tenute a fermarsi brevemente in corrispondenza di esso, altri invece parlano di posti a sedere insufficienti o di vetture piene sino a non riuscire ad affrontare le strade in salita, o peggio non dotate di impianti di aerazione o di finestrini facilmente utilizzabili. Questa prospettiva, dato il caldo torrido degli ultimi giorni, ci spaventa un po’, ma ormai siamo rassegnati al nostro destino.

Finalmente, con circa un’ora di ritardo, si profila all’orizzonte un autobus, il nostro. Cediamo il posto a chi ne ha più bisogno, e a mala pena troviamo spazio anche per noi. Il nostro itinerario viene spesso interrotto da frenate brusche, dall’attraversamento di zone particolarmente confusionarie e dall’inciviltà di alcune persone che non si fanno problemi a posteggiare le loro vetture alla meno peggio (giustificandosi poi con il consueto: “Eh! Un attimo, arrivo!”).

Ci sfiora l’idea che in effetti l’urbanistica di Catania non sia proprio adatta all’utilizzo dei mezzi pubblici, poi però ci attanaglia anche la consapevolezza che molte volte sia proprio il cittadino a perseguire comportamenti poco consigliabili. Abbiamo molto tempo per riflettere sulla questione: circa un’ora (che aggiunta all’ora di ritardo dell’autobus ci ha fatto prendere una bella ramanzina al lavoro).

Catania è una città che offre molto e sotto tanti punti di vista, ma a quanto pare bisogna ancora migliorare qualcosa dal punto di vista dell’organizzazione dei mezzi pubblici