La paura per Eriksen serva da monito, mai più morti sul campo sportivo

La paura per Eriksen serva da monito, mai più morti sul campo sportivo

ITALIA – La vicenda di Christian Eriksen ha tenuto con il fiato sospeso tutto il mondo, unito nella speranza che il giocatore riuscisse a salvarsi. Oggi il campione danese è fuori pericolo dopo i drammatici attimi vissuti in campo a causa dell’arresto cardiaco di cui è stato vittima durante Danimarca-Finlandia, match valido per Euro 2020.

È apparentemente inspiegabile quello che è successo al calciatore, che non ha mai avuto problemi di natura cardiaca: sono ancora in corso tutti gli approfondimenti del caso per fare chiarezza, ma l’importante è che stia bene. Ai compagni in videochiamata avrebbe detto che sarebbe pronto ad allenarsi da subito: ma ovviamente non è possibile, né importante dopo quello che è accaduto.

Quanto siamo stati vicini a perdere Eriksen? Era morto (“He was gone”, ndr). C’è stato un arresto cardiaco. Siamo riusciti a riportarlo indietro con il defibrillatore, è successo tutto in maniera veloce. I motivi del malore? Non sono un cardiologo, i dettagli sul perché e sul come li lascio agli esperti nella materia“. Con queste parole il responsabile medico della Danimarca, Morten Boesen, ha raccontato il drammatico episodio che ha visto coinvolto Christian Eriksen, colto da malore poco prima della fine del primo tempo di Danimarca-Finlandia.

Il malore di Eriksen ha riportato alla memoria altri casi nel calcio, per fortuna a lieto fine. Nel 1989 toccò a Lionello Manfredonia (Roma), più recentemente a Fabrice Muamba, il cui cuore riprese a battere dopo 78 minuti.

Questa vicenda ha portato, dunque, alla ribalta il tema della sicurezza e del primo intervento medico sui campi ed impianti sportivi. Dal primo luglio 2017 sussiste l’obbligo di dotarsi di defibrillatori anche per le associazioni e le società sportive dilettantistiche e quindi ogni impianto sportivo deve essere dotato di un defibrillatore semiautomatico o a tecnologia più avanzata. Nel corso delle gare deve essere presente una persona formata all’utilizzo del dispositivo salvavita e gli obblighi gravano in capo a tutte le società o associazioni sportive dilettantistiche che praticano una delle 396 discipline sportive riconosciute dal Coni.

L’obbligo del defibrillatore sussiste per tutte le realtà sportive, incluse le palestre e le ASD. Sono poche le eccezioni all’obbligo defibrillatore per palestre e ASD: la disciplina si applica alla maggior parte delle realtà sportive dilettantistiche, siano esse ASD o società.

A chiarire i dettagli dell’obbligo defibrillatore ASD e palestre è stato il decreto del Ministero della Salute del 26 giugno 2017:

  • ogni impianto sportivo deve essere dotato di un defibrillatore semiautomatico o a tecnologia più avanzata;
  • nel corso delle gare deve essere presente una persona formata all’utilizzo del dispositivo salvavita;
  • l’obbligo defibrillatore grava in capo a tutte le società o ASD che praticano una delle 396 discipline sportive riconosciute dal Coni;
  • sono escluse dall’obbligo defibrillatore e dalla presenza obbligatoria del personale formato durante le gare, le società o ASD che praticano la propria attività al di fuori di un impianto sportivo;
  • sono escluse dall’obbligo defibrillatore le società o ASD che praticano sport a ridotto impegno cardiocircolatorio (armi sportive da caccia; biliardo sportivo; bocce; bowling; bridge; cinofilia; cronometraggio; dama; freccette; giochi e sport tradizionali, come birilli, lippa e tiro con la fionda; go; golf; medicina dello sport; minigolf; motonautica; orientamento; pesca sportiva; scacchi; sport dell’aria, come aeromodellismo; tiro a segno; tiro a volo; tiro con l’arco; vela)

Ogni anno in Italia vengono colpite da arresto cardiaco più di 60mila persone. Tra le vittime dell’arresto cardiaco si trovano anziani e cardiopatici, ma anche bambini, giovani e sportivi, purtroppo.

In più dell’80% dei casi, inoltre, l’arresto cardio-circolatorio viene provocato da aritmie maligne che, se non vengono trattate precocemente, conducono inevitabilmente alla morte (Morte Cardiaca Improvvisa, MCI). Tali aritmie sono la Tachicardia Ventricolare (TV) e la Fibrillazione Ventricolare (FV).

In queste circostanze, l’unica terapia efficace in grado di scongiurare la morte certa è la defibrillazione precoce assieme alle opportune manovre di Rianimazione Cardio-Polmonare (RCP).

In caso di tachicardia o di fibrillazione ventricolare il cuore in realtà non è fermo, ma si contrae in maniera caotica. Il risultato di tali contrazioni non coordinate all’interno dei ventricoli cardiaci è che il sangue non riesce ad essere pompato all’interno del nostro corpo. In questo modo, organi vitali, come il cervello, andranno in carenza di ossigenazione.

Per questo motivo, diventa di fondamentale importanza intervenire in maniera tempestiva: entro 4-5 minuti dall’insorgenza dell’evento. Ogni minuto trascorso senza un adeguato soccorso riduce, infatti, del 10% la possibilità di recuperare l’infermo. Pertanto, dopo soli 10 minuti di tempo le probabilità di sopravvivere si riducono praticamente a zero.

Sport e arresto cardiaco

Anche lo sport, come accennato all’inizio di questo articolo, non è esente da un fenomeno così drammatico come l’arresto cardiaco, anche se in realtà ciò che lo determina, generalmente, è una preesistente e misconosciuta cardiopatia. Lo sforzo fisico, pertanto, ha il ruolo di fattore precipitante in conseguenza del quale l’apparato cardiovascolare cede.

Da un’indagine condotta dalla Fondazione Giorgio Castelli Onlus dedicata, appunto, al giovane Giorgio, morto nel febbraio 2006 a causa di un arresto cardiaco che lo ha colpito mentre stava giocando a calcio con i suoi compagni di squadra, i praticanti sport in maniera dilettantistica o amatoriale che sono deceduti durante la pratica di un’attività sportiva dal 2010 al 2014 superano ampiamente le 200 unità. Tali dati, peraltro, sono certamente sottostimati: nel nostro Paese, infatti, non esistono registri che annotino tali decessi (l’unico esistente è attivo in Veneto).

In tutti questi casi l’arresto cardiaco ha colpito prevalentemente persone di sesso maschile con un’età media di soli 35 anni. Le discipline più interessate da questo triste fenomeno sono rappresentate dal calcio e dal calcetto (gli sport di gran lunga più praticati nel nostro Paese), dal ciclismo, dal jogging e dal fitness. Purtroppo, però, nessuna disciplina sportiva ne è immune.

Premesso che l’arresto cardiaco non è eliminabile, è doveroso chiedersi come contenere tale fenomeno di fronte a dati di questa portata. Per prima cosa sarebbe opportuno che l’accertamento medico per l’idoneità sportiva riguardasse tutti coloro che praticano attività ludico-sportive; tali visite mediche, inoltre, dovrebbero obbligatoriamente comprendere anche l’elettrocardiogramma (ECG) sotto sforzo.

Inoltre, bisognerebbe diffondere su tutto il territorio nazionale una cultura dell’emergenza applicata allo sport, ovvero un insieme di conoscenze pratiche e teoriche che consentano ad un operatore laico di salvare la vita ad una persona colpita da arresto cardiaco. Ovviamente, affinché ciò avvenga, è necessario dotare tutti gli impianti sportivi (e non solo) di defibrillatori automatici esterni, gli unici dispositivi in grado di trattare efficacemente un arresto cardiaco.

 

 

 

 

 

Avvocato Alessandro Numini