Ex mulino S. Lucia: in attesa della sentenza definitiva si pensa a futuro utilizzo

Ex mulino S. Lucia: in attesa della sentenza definitiva si pensa a futuro utilizzo

CATANIA – Doveva essere un albergo lussuoso e diventare il punto di riferimento per i turisti accorsi nel capoluogo etneo. Stiamo parlando del colosso bianco, meglio conosciuto come ex mulino Santa Lucia o come “ecomostro” che svetta alle spalle del Duomo catanese.

I lavori per la costruzione messi in moto dalla famiglia Caltagirone iniziano nel 2001 con un finanziamento, per il progetto iniziale, di 40 milioni di euro – dichiara Davide Ruffino, consigliere comunale che tanto si è battuto per la messa in sicurezza della via Cristoforo Colombo -. Sì, parliamo di progetto iniziale perché tra quella idea e l’edificio finito, esiste una differenza: eccesso di volumetria”. 

In sostanza l’edificio sarebbe più grande rispetto a ciò che era stato pianificato e, per tale ragione, insieme con l’accusa di abuso d’ufficio per cinque uomini coinvolti nella costruzione dell’immobile, è stato posto sotto sequestro dalla magistratura nel 2011.

“È il maggio 2013 – continua Ruffino – quando la terza sessione del tribunale etneo assolve perché il fatto non sussiste tutte e cinque le persone imputate: Giovanni Beneduci, amministratore della Acqua Marcia holding spa; Giovanni Cervi, amministratore della Grand Hotel Bellini; Maurizio Pennesi amministratore della Ital gestioni; l’allora avvocato capo del comune, Mario Arena, in qualità di componente della commissione edilizia; e Vito Padalino funzionario in pensione dell’ufficio urbanistico del Comune”.

Proprio in questi giorni – afferma il consigliere il tribunale dovrà esprimersi con sentenza definitiva riguardo a questo caso per dare risposta al ricorso che fece la magistratura contro l’assoluzione e la decisione del dissequestro a cui è conseguita la restituzione dell’immobile ai proprietari”.

Dell’ex mulino che in tanti ricordano come un punto di ritrovo all’ingresso della città, ormai non esiste più niente. È stato completamente abbattuto per fare spazio al palazzo di sette piani che poco si armonizza con le costruzioni circostanti.

“Si vocifera che i proprietari non abbiano più alcun interesse a utilizzare la struttura – aggiunge Ruffino -. Quando tutto il processo sarà terminato, l’immobile verrà messo in vendita e potrebbe comprarlo il Comune sfruttandolo come sede di uffici pubblici”.

Negli anni non sono mancate le proteste da parte degli ambientalisti contro “il colosso di cemento” ma il consigliere Ruffino incalza deciso: “Sarebbe completamente antieconomico abbatterlo, molto meglio sarebbe, per esempio, scegliere di convogliare i vari uffici dell’assessorato posti in via Biondi e accorparli in un unico plesso”.