Giornata contro la meningite, i dati italiani e il racconto di una giovane vita spezzata – INTERVISTA

Giornata contro la meningite, i dati italiani e il racconto di una giovane vita spezzata – INTERVISTA

ITALIA – Si celebra ogni 24 aprile la Giornata mondiale contro la meningite. Una data che invita a non sottovalutare una malattia subdola, che si potrebbe presentare come una semplice influenza ma con conseguenze molto più gravi.

Meningite, i dati italiani

L’ultimo rapporto messo a disposizione dall’Istituto superiore di sanità è stato pubblicato nel 2019 e fa riferimento al triennio 2017-2019. Ecco quanto viene riportato.

In merito alla cosiddetta Neisseria meningitidis (meningococco), come si legge nel report, “nel 2019 sono stati segnalati 189 casi di malattia invasiva da meningococco; nel 2018 e 2017 ne sono stati segnalati 170 e 197 rispettivamente. Nel periodo 2017-2019, l’incidenza delle malattie invasive da meningococco in Italia ha oscillato tra 0,33 casi/100.000 abitanti nel 2017, 0,28 casi/100.000 abitanti nel 2018 e 0,31 casi/100.000 abitanti nel 2019 ed è inferiore alla media europea di 0,6 casi /100.000 abitanti riportata nel 2017 (dato più recente disponibile). Nel 2019 l’incidenza (x 100.000 abitanti) della malattia invasiva da meningococco è risultata maggiore nei neonati <1 anno (2,97) e nei bambini di 1-4 anni (0,88), anche se in leggera diminuzione rispetto agli anni precedenti; l’incidenza nella classe di età dei giovani adulti (15-24 anni) si è mantenuta stabile (0,58)”.

Per quanto concerne lo Streptococcus pneumoniae (pneumococco) “nel 2019 sono stati segnalati 1671 casi di malattia invasiva da pneumococco. Nel 2018 ne erano stati segnalati 1547 e, nel 2017, 1721. Nel complesso, le malattie invasive da pneumococco in Italia nel periodo di riferimento hanno avuto un’incidenza compresa tra 2,56/100.000 abitanti nel 2018 e 2,84/100.000 abitanti nel 2017. Nel 2019 l’incidenza è stata pari a 2,77/100.000 abitanti, dato inferiore alla media europea riportata nel 2018 che risulta di 6,4 /100.000 abitanti (dato più recente disponibile). Nel 2019 l’incidenza (x 100.000 abitanti) della malattia invasiva da pneumococco è risultata maggiore nei neonati <1 anno (6,39) e negli adulti >64 anni (7,26), in leggero aumento rispetto al 2018 (5,04 e 6,67 rispettivamente); anche l’incidenza nella classe di età 25-64 è leggermente aumentata (da 1,60 nel 2018 a 1,71 nel 2019)”.

Invece, in merito all’Haemophilus influenzae (emofilo): “Nel 2019 sono stati segnalati 186 casi di malattia invasiva da emofilo. Nel 2018 ne erano stati segnalati 169 e 150 nel 2017. L’incidenza è andata aumentando da 0,25 casi/100.000 abitanti nel 2017 a 0,31 casi/100.000 abitanti nel 2019, inferiore alla media europea di 0,8 casi /100.000 abitanti riportata nel 2018 (dato più recente disponibile). Nel 2019 l’incidenza (x 100.000 abitanti) della malattia invasiva da emofilo è risultata maggiore nei neonati <1 anno (2,28) e negli adulti >64 anni (0,87), entrambi in leggero aumento rispetto agli anni precedenti”.

Inoltre, come si legge nel sito del Ministero della Salute, i batteri elencati sono prevenibili con la vaccinazione.

L’intervista: il ricordo di Giovanni, una giovane vita spezzata dalla meningite

In occasione della Giornata contro la meningite ai microfoni di NewSicilia.it è intervenuta Paola Tronci, presidente dell’associazione “Stopallameningite” (sede a Empoli), ma anche madre di Giovanni che a quasi 13 anni si è spento proprio per via della meningite: “Sono venuta a contatto con la meningite perché mio figlio sei anni fa è volato in cielo per questa malattia, aveva quasi 13 anni, mancava un mese al suo compleanno. Non si può morire così dalla mattina alla sera, non c’è tempo per fare niente”.

Un passo indietro nel tempo, il racconto della madre

Paola Tronci racconta: “So che mio figlio è vivo, credo fermamente che Giovanni è in paradiso quindi per me non è un dolore ripercorrere il tutto. Lui alle 5 del pomeriggio di venerdì 6 febbraio (2015) è scappato a letto dicendo ‘Mamma ho tanto freddo‘ e si è messo sotto alle coperte. Io avevo pensato che fosse febbre e quindi ho messo altre coperte, poi gli ho misurato subito la temperatura, l’aveva a 39, non era mai arrivata a tanto. Vomitava e delirava, diceva cose insensate, vedeva qualcosa che voleva raggiungere. Ho chiamato il dottore che non è venuto e mi ha detto soltanto di dargli la Tachipirina, non l’ha retta. Gli ho dato il cortisone ma neanche quello, nessun medicinale gli ha fatto effetto”.

“All’una di notte lo hanno portato al Pronto Soccorso, pensavano che fosse un’influenza normale perché l’ospedale era pieno di persone con febbri alte, quindi lui è stato lì. Aspettavano che gli scendesse questa febbre, febbre che è scesa ma lui continuava a delirare quindi a me non tornava questa cosa. A mio avviso non era una semplice influenza. La mattina alle 6,30 gli vedo una macchia sul viso e mi chiedo dove si fosse sporcato, poi mi sono resa conto che ne aveva un’altra più sotto, allora lì mi è preso il terrore e ho chiamato subito il dottore. Ho percepito che era qualcosa di grave. Gli stavano spuntando dappertutto queste macchie. Così l’hanno portato in Rianimazione, lì è iniziato questo combattimento tra la vita e la morte. Il cuore per ben tre volte è stato rianimato ma era troppo tardi e non ce l’ha fatta. Tutto questo tra venerdì e sabato.

“Giovanni era un bambino tutta vita, gli piaceva mangiare, non si schifava, beveva dalle bottiglie delle amici e dopo la merenda che gli preparavo andava dagli amici a finirgli il panino quindi facilmente avrebbe preso questo batterio, contraendolo con la saliva. Si pensava che la meningite colpisse solo i bambini invece qui sono morti anche adulti. Non si può più dire che la meningite è una malattia dei bambini. La prevenzione è la cosa più importante”.

Il dolore di una perdita e la forza per andare avanti

La madre di Giovanni ci racconta ancora: “Ho avuto la fortuna di essere in un cammino di fede, noi siamo stati formati. La forza umana un dolore così grande non può sopportarlo, ha un limite. I dolori nella vita sono tanti ma il dolore della morte di un figlio penso che sia quello che li supera tutti. Noi abbiamo pregato fino all’ultimo respiro di Giovanni, quando la pediatra ci ha chiamato dentro abbiamo sentito quel suono del cuore che si ferma, per me quella è stata una grazia. Al momento che Giovanni non si è salvato è scesa una grazia. Venivano da me piangendo e uscivano sorridendo perché io non ho pianto, ma non perché sono brava, una mamma non può avere tutta questa forza che io ho avuto quindi è una grazia che il Signore mi manda”.

“Dopo quanto accaduto, da quando Giovanni è salito in cielo lo sento talmente vicino che la mia fede è più grande. Io so che ho un pezzo di cuore ce lho in paradiso e che lo rivedrò quindi la mia fede è aumentata. Il dolore c’è, ma è un dolore di nostalgia nel non poterlo vedere crescere e vivere però c’è una gioia in fondo al cuore di rivederlo, di sentirlo vicino. Io gli parlo come se fosse qua. La preghiera è un mezzo di connessione tra di noi. I primi tempi in cui uscivo da casa e sorridevo a tutti, temevo che la gente pensasse di me che fossi matta, non posso far finta di essere triste. Il dolore c’è però ripeto è un dolore di nostalgia. Quando nei sogni mi abbraccia mi sveglio con la sensazione di averlo abbracciato davvero”.

Fonte foto: Pixabay.com