Covid Catania, dal ricovero alla lettera di ringraziamento ai medici del San Marco: la storia di Calogero Murgia

Covid Catania, dal ricovero alla lettera di ringraziamento ai medici del San Marco: la storia di Calogero Murgia

CATANIA – Il Covid, ormai è cosa più che nota, ha portato disagi, morte e disperazione in tutto il mondo. Tra i drammatici e tragici dati che ogni giorno cittadini e addetti ai lavori attendono per avere una maggiore consapevolezza su cosa potrebbe riservare il prossimo futuro, figurano, oltre a morti e nuovi positivi, anche i dimessi\guariti.

Si tratta delle persone che sono riuscite a sconfiggere il “mostro invisibile” e che, in alcuni casi, sono uscite da un vero e proprio incubo, con palcoscenico la Terapia Intensiva e protagonisti il malcapitato di turno, i medici, l’isolamento e i respiratori. Sono tutte persone con una storia e una situazione diversa alle spalle, che hanno avuto la fortuna e la forza di non darla vinta al virus, ma che non hanno dimenticato gli sforzi di chi ogni giorno ha messo a repentaglio la sua salute pur di aiutarli a uscire da quell’incubo.

È la storia di Calogero Murgia, ricoverato nel reparto di Pneumologia dell’ospedale San Marco di Catania a causa proprio del Covid, che ha voluto ringraziare i suoi angeli custodi – i medici e gli infermieri – con una lettera.

La lettera integrale

Sono Calogero Murgia. Esco guarito da una polmonite da Coronavirus. Sono stato ricoverato dal 7 al 29 marzo nel reparto Pneumologia dell’ospedale San Marco, mirabilmente diretto dal prof. Nunzio Crimi. Dal mio arrivo in condizioni piuttosto serie, mi ha colpito l’efficienza dei medici e degli infermieri, questi ultimi coordinati dal Coordinatore Infermieristico, David Simone Vinci. Ho capito che dovevo fare la mia parte, aiutando i loro sforzi con la mia volontà di continuare a vivere. Il reparto è una straordinaria macchina, dove ognuno svolge il proprio compito al meglio, con efficienza, competenza, professionalità, capacità e umanità“, esordisce nel suo racconto l’ex paziente Covid.

Tutto lo staff ha sempre lavorato su di me e sugli altri ricoverati soffrendo con indosso le vincolanti protezioni individuali e non saprei riconoscere nemmeno uno di loro, perché l’unica parte visibile attraverso tute, maschere, schermi erano gli occhi. Occhi attenti, vispi e attivi, concentrati su di me come sugli altri pazienti. Un alternarsi sincronizzato di operazioni indispensabili e susseguenti l’una all’altra. Li ho visti come una meravigliosa squadra coesa, un meccanismo ad alta efficienza, dove ognuno di loro svolge il compito che gli è affidato con grande scrupolo. Ostinati, tenaci, giovani, ma esperti, capaci di immedesimarsi e commuoversi fino al pianto davanti a casi umani sempre particolari. Gente meravigliosa, che fuori da ogni retorica, più che un lavoro svolge una missione, dove si vince e qualche volta, malgrado ogni sforzo, si perde. Questo dimostra che, in presenza di competenza, organizzazione, strumenti e strutture adeguati, anche la Sicilia sa esprimere eccellenze di primissimo livello. Un grazie dal profondo del mio petto guarito al prof. Nunzio Crimi e a tutti i suoi collaboratori per l’eccellente lavoro che svolgono“, conclude la sua lettera Calogero.

Un semplice “grazie” a riconoscenza di un grande lavoro. Il racconto di uno dei tanti che è uscito dall’incubo, ma che ha saputo riconoscere l’impegno dei medici e che ha una storia unica da raccontare ai posteri e da rendere, per quanto drammatica nell’insieme, indelebile.