Il cambiamento climatico sarà il “virus” del 2021? Sicilia tra le zone più a rischio

Il cambiamento climatico sarà il “virus” del 2021? Sicilia tra le zone più a rischio

SICILIA –La lotta contro il cambiamento climatico è una questione di vita o di morte: non agire sarebbe un suicidio“. Le parole pronunciate due anni fa dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, in occasione della conferenza ONU svolta a  Katowice (Polonia), rischiano di rivelarsi profetiche nell’eventualità in cui l’uomo dovesse continuare a ignorare i segnali incontrovertibili della natura.

Il 2020 andato in soffitta è stato certamente un anno catastrofico a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, ma la massiccia virulenza del contagio sembra aver fatto dimenticare a molti il terribile stato di salute nel quale versa il pianeta.

Un mondo sempre più in pericolo

I disastri climatici, infatti, non vanno in vacanza né si fanno intenerire dalla comparsa di una malattia infettiva diffusa dalla comparsa di un nuovo Coronavirus. Nel 2019 il grido d’aiuto lanciato da un’Amazzonia morente – successivamente rimbalzato da un’Australia in fiamme – aveva riacceso il dibattito sulle priorità ambientali.

Su tale scorta, sul finire dell’anno il Parlamento Europeo si era deciso a dichiarare l’emergenza climatica. La successiva tavola rotonda del Climate Ambition Summit 2020 dello scorso dicembre, che visto la partecipazione dello stesso Guterres, ha spinto i singoli Paesi definitivamente con le spalle al muro: cambiare adesso, prima che sia troppo tardi.

La class action scattata per salvare il pianeta non è comunque bastata a scongiurare la fuoriuscita dall’Accordo di Parigi sul clima degli USA, tra i maggiori emettitori del globo, pregiudicando così una buona fetta degli sforzi compiuti a partire dal 2015.

Emergenza clima, cosa accade in Sicilia?

Ignorare oggi il pericolo di un clima “impazzito” rappresenterebbe un atto di codardia insostenibile nei confronti delle generazioni del domani. Nemmeno la “piccola” Sicilia, in questo scenario, può voltarsi dall’altra parte.

In tal senso, il nuovo rapporto dell’osservatorio CittàClima di Legambiente pubblicato nelle scorse settimane lancia un sonoro campanello d’allarme anche per la nostra Isola. Nel documento, infatti, si fa ampia menzione delle situazioni di rischio in Sicilia e degli eventi disastrosi che costituiscono un pericolo per la sopravvivenza di ambiente e cittadini.

Tra le incombenze principali la desertificazione dei territori e la riduzione delle possibilità di accesso all’acqua, fenomeni in espansione nell’intera area del Mediterraneo e che costringono l’uomo alla migrazioni verso aree più floride. Altri aspetti chiave l’erosione delle coste e l’innalzamento dei mari, con le aree di Granelli e Noto (Siracusa), Pantano Logarini (Ragusa) e del Trapanese maggiormente esposte.

Precipitazioni intense e danni frequenti

Le città siciliane si trovano sempre più coinvolte nelle cronache che parlano di danni e disagi provocati da piogge intense, alluvioni, trombe d’aria ed esondazioni. Secondo i dati raccolti da Legambiente, nel decennio 2010-2020 le aree urbane di Agrigento, Catania e Palermo sono state tra le più martoriate a causa degli eventi estremi.

In particolare, la città dei templi si piazza al terzo posto, in tale rilevazione, per il numero di avvenimenti disastrosi: ben 31. La metà di questi (15) sono alluvioni frutto di piogge intense. Quest’ultime hanno spesso generato danni alle infrastrutture (7). Non meno preoccupante il dato relativo ai danneggiamenti causati dalle trombe d’aria, verificatisi in 7 occasioni.

Palermo si piazza in ottava posizione nella graduatoria degli eventi estremi in Italia. Impossibile da dimenticare, in questo contesto, le scene apocalittiche della tremenda alluvione del 15 luglio 2020 che mise in ginocchio il capoluogo siciliano.

Tra le città più colpite d’Italia figura anche Catania, coinvolta in 8 eventi estremi nell’ultimo decennio. In tanti ricorderanno le situazioni critiche vissute nel 2015, nel 2016, nel 2018 e, più recentemente, sul finire del 2020 con gli allagamenti nella zona industriale e in tutto l’hinterland etneo.

Il “caso” Messina

Non meno drammatica la situazione in provincia di Messina, area tristemente nota per disastri naturali dalle conseguenze catastrofiche per l’uomo. Sono 4 gli eventi estremi registrati negli ultimi anni soltanto nel capoluogo peloritano. Per Legambiente, la zona della città dello Stretto è caratterizzata da “pochi episodi piovosi ma molto violenti“.

Secondo l’indagine “il 70% dei paesi siciliani è a rischio e le amministrazioni ancora non sembrano aver posto le tematiche della prevenzione da alluvioni e frane tra le priorità del loro lavoro“. Legambiente sottolinea, a tal proposito, “una gestione sbagliata del territorio e la scarsa considerazione delle aree considerate a elevato rischio idrogeologico“.

Incendi e temperature alte, un “inferno” siciliano

Altra piaga per il territorio siciliano quella rappresentata dal rischio incendi, in particolare durante i mesi estivi. Emblematica, secondo il report di Legambiente, la situazione vissuta nelle località di Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera, in provincia di Enna, dove i vigili del fuoco hanno dovuto lavorare per spegnere le fiamme.

Preoccupante, per il nostro territorio, è il dato rappresentato dall’innalzamento delle temperature nella aree urbane. Secondo una recente ricerca compiuta dall’European Data Journalism Network (EDJNet), Catania è la città siciliana ad aver conosciuto l’incremento maggiore di temperatura dal 2000 a oggi. Ai piedi dell’Etna, la media dei giorni caldi è addirittura raddoppiata.

Dal 1960 a oggi, invece, Palermo ha registrato un aumento pari a +1,5° mentre la città dell’elefante di quasi 1°. Nella statistica nazionale, le due città siciliane si piazzano al quinto e al decimo posto nella classifica relativa all’aumento della temperature nei dieci maggiori capoluoghi italiani.

Quale soluzione?

Come detto, l’emergenza climatica rappresenta una delle principali minacce per la sopravvivenza del pianeta. Per i singoli Comuni, siciliani e non, l’unica svolta positiva sembra essere rappresentata dalla definitiva presa di coscienza del rischio e dall’attuazione di misure efficaci.

Sembra inevitabile, dunque, seguire l’esempio virtuoso di molte città europee come l’Aja, Anversa, Brema, Lodz, Copenaghen, Rotterdam, Manchester e Milano che hanno già avviato da tempo progetti e verifiche per riuscire a contrastare i cambiamenti climatici.

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