Coronavirus e la “Pandemic fatigue”, cos’è e perché ne siamo affetti quasi tutti: parola alla psichiatra

Coronavirus e la “Pandemic fatigue”, cos’è e perché ne siamo affetti quasi tutti: parola alla psichiatra

CATANIA – Stanchezza, apatia e poca voglia di fare. L’emergenza Coronavirus ha decisamente sconvolto e travolto la nostra routine colma di frenesia, uscite, momenti di convivialità e tanto altro.

Le restrizioni – già sopportate a stento durante la prima ondata di contagi – sono tornate in auge durante questa nuova fase della pandemia, dove è necessario osservare stringenti disposizioni a seguito dell’impennata di casi in tutto il Bel Paese, nessuna regione esclusa.

La “Pandemic fatigue”

In questa realtà complessa, siamo certamente davanti a una sensazione diffusa di sfinimento, la cosiddetta “Pandemic fatigue”, che si configura come un vero e proprio disturbo con ricadute sul nostro benessere fisico e mentale.

Ai microfoni di NewSicilia, a tal proposito, è intervenuto il medico – psichiatra, psicoterapeuta Roberta Auditore, per spiegarci cos’è e come superarla al meglio. Innanzitutto ci ha detto: “È quella condizione di profonda stanchezza che si prova quando una situazione particolarmente allarmante e pericolosa, come la pandemia che stiamo vivendo, si prolunga così tanto nel tempo e non si intravede una deadline né una soluzione definitiva“.

I “campanelli d’allarme”

A questo punto, è bene sapere come riconoscere la “Pandemic fatigue” e quali sono i fattori da considerare: “Siamo più apatici, irritabili, stanchi, il nostro tono dell’umore è tendenzialmente più basso, siamo più facilmente preda dell’ansia, i nostri pensieri spesso ruotano attorno alla tematica del Covid-19, abbiamo paura di contrarre il virus o che i nostri familiari lo contraggano, proviamo disagio a pensare al futuro e non facciamo progetti, ci sentiamo più fragili ed insicuri“.

A tutto ciò si può aggiungere insonnia, affaticamento, diminuzione delle performance cognitive e di problem solving. In definitiva siamo meno pro-attivi e più re-attivi. Tutto ciò non giova alla nostra salute psico-fisica e si entra in un vortice di negatività che appesantisce il nostro essere e la nostra esistenza“, aggiunge.

Conseguenze diverse in base al carattere

Da questo status di negatività, poi, possono generarsi conseguenze ben peggiori. La dottoressa Roberta Auditore ha specificato: “Una prima conseguenza è quella dell’essere risucchiati da questo vortice di negatività, tale condizione può determinare reazioni variabili strettamente correlate alla variabilità dei tratti personologici di ogni individuo. Quindi ci saranno persone che estremizzeranno la loro indole ribelle e potranno essere noncuranti delle regole previste per difendersi dal virus, altri che al contrario diventeranno estremamente fobici ed ossessivi mettendo in atto azioni ritualizzate per prevenire il contagio. Potranno svilupparsi disturbi d’ansia o di panico reattivi alla situazione pandemica, estremizzazioni di tratti ipocondriaci“.

Ancora: “Le rivolte a cui abbiamo assistito in questo periodo possono essere correlate alla pandemic fatigue, ma ritengo più collegate alla componente di estrema incertezza e mancanza di figure di riferimento chiare ed univoche. Troppe notizie e specialmente troppe discordanti, troppo ‘chiacchericcio’ e pochi dati certi, per lo più non confrontabili per l’estrema variabilità delle fonti e degli interventi. Tutto ciò che è incerto e non chiaro crea fragilità, paura ed esasperazione che possono manifestarsi con agiti aggressivi e noncuranti del benessere comune. Insomma l’irrazionalità fa da padrona e scende in piazza o riempie locali di ristorazione in notturna con più di 80 persone ammassate a mangiare bere e cantare“.

Nemico “invisibile”? Non troppo

Il virus, purtroppo, infetta “a tappeto” chiunque, senza distinzione alcuna, non esiste – ad esempio – una fascia d’età più o meno colpita. La dottoressa Auditore, a tal proposito, ci ha fornito una riflessione degna di nota: “Tutte le persone che vivono questo ‘tempo’ indipendentemente dall’età, stanno subendo uno scossone, siamo tutti colpiti, siamo dentro un qualcosa che ci sovrasta e che non riusciamo a controllare“.

Poi aggiunge: “Molti lo chiamano ‘nemico invisibile’, ma io lo vedo e non ho le allucinazioni. Lo vedo nelle espressioni degli occhi delle persone che incontro per strada, nelle file interminabili davanti ai laboratori che eseguono test per lo screening, nelle mani colme di disinfettante, nei bambini che con lo zaino in spalla e la mascherina nel volto entrano a scuola, negli occhi impauriti di noi operatori sanitari che sentiamo la pesante e pressante responsabilità dell’altrui vita, di quella dei propri familiari e della propria“.

Lo vedo la domenica nei posti vuoti delle panche in chiesa, in quelle mascherine abbassate da cui esce il naso, nel suono delle sirene delle ambulanze, in chi si ostina a non indossare la mascherina, nella disperazione di un sistema economico in forte sofferenza. Lo vedo ai semafori, nelle mascherine consunte dei ragazzi che continuano a tentare di lavare vetri delle auto ferme…“, conclude.

Consigli per superare la stanchezza da Coronavirus

A tutto c’è un rimedio e, per superare la “Pandemic fatigue”, la nostra intervistata ha fornito dei pratici e semplici consigli, da tenere bene a mente: “Viviamo il ‘qui ed ora’, attimo per attimo, proviamo ad avere consapevolezza del nostro stato di benessere, non diamolo per scontato, siamo portati a focalizzare il nostro star male e non attenzioniamo quasi mai il nostro star bene“.

Dedichiamoci giornalmente del tempo per ricaricare le nostre energie, ognuno a suo modo: leggendo, meditando, pregando, stando semplicemente fermi ed in silenzio, oppure facendo attività fisica, ascoltando musica, cantando, suonando uno strumento… Non dobbiamo mai temere di star sprecando tempo se riusciamo a fare qualcosa per ricaricarci e far attivare il nostro sistema immunitario e psico-fisico“, specifica.

In conclusione: “Prendiamo degli integratori o nutraceutici e/o curiamo la nostra alimentazione. Cerchiamo di portare a termine gli impegni della giornata, senza procrastrinare. Ed infine, in un tempo in cui abbracciarsi, stringersi la mano, baciarsi è complicato e non consigliato, utilizziamo più spesso dentro e fuori casa una parola che distende gli animi e crea positività: ‘GRAZIE’ purché venga detta con sincerità“.