Dpcm e Coronavirus, perché la Sicilia è zona arancione? Dopo la “bufera” arriva la spiegazione

Dpcm e Coronavirus, perché la Sicilia è zona arancione? Dopo la “bufera” arriva la spiegazione

PALERMO – Perché la Sicilia è “zona arancione“? È questa la domanda che si stanno ponendo in tanti dopo l’annuncio choc del nuovo Dpcm per contrastare l’emergenza Coronavirus. L’Italia è stata divisa in base alla fascia di rischio e l’Isola, inizialmente ritenuta tra le Regioni con la situazione meno allarmante, è risultata essere invece tra quelle bisognose di provvedimenti e misure restrittive più rigide.

La decisione annunciata dal premier Conte sulla base della divisione proposta dal ministro Speranza ha scatenato una vera e propria “bufera”: da Nello Musumeci a Ruggero Razza, la politica regionale si è espressa negativamente e rifiuta con la polemica la posizione attribuita alla Sicilia.

Di ben altro avviso il sindaco di Messina, Cateno De Luca, unico schierato a favore della decisione presa dal Governo. Per il primo cittadino della città dello Stretto, il sistema sanitario siciliano rischierebbe il collasso e l’indice Rt registrato al 25 ottobre, pericolosamente vicino alla soglia critica (1,5), sarebbe un campanello d’allarme da non sottovalutare.

Tra un discorso e l’altro emergono posizioni contrastanti, un dilemma tra economia e sanità, ma soprattutto tante domande. Ecco perché il Governo ha reso noti i 21 parametri che hanno portato alla suddivisione dell’Italia in fasce e al collocamento della Sicilia nell’area arancione.

Perché la Sicilia è “zona arancione”? I 21 parametri

I 21 parametri che definiscono l’attribuzione della fascia di rischio alle aree, definiti in un documento ufficiale del Ministero della Salute, sono suddivisi in: indicatori di processo sulla capacità di monitoraggio; indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti e indicatori di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari.

Indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico

  • numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data inizio sintomi / totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo;
  • numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla terapia intensiva – TI) in cui è indicata la data di ricovero/totale di casi con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo;
  • numero di casi notificati per mese con storia di trasferimento/ricovero in reparto di terapia intensiva (TI) in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in TI / totale di casi con storia di trasferimento/ricovero in Terapia Intensiva notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo;
  • numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo
  • numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale);
  • numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla checklist settimanalmente con almeno una criticità riscontrata (opzionale).

Indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti

  • Percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, PS/Ospedale, altro) per mese;
  • tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi;
  • tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale);
  • numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact tracing;
  • numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento;
  • numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

Indicatori di risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari

  • Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni;
  • Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione);
  • numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-net per settimana (opzionale);
  • numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata Covid-19 per giorno;
  • numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito);
  • numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note;
  • numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a Covid-19 (opzionale).
  • tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti Covid-19.
  • tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti Covid-19.

Tutti parametri valutati con attenzione dalle autorità sanitarie e che spiegano perché la Sicilia è “zona arancione” in relazione al Dpcm del 4 novembre. Si ricorda inoltre che, come annunciato ieri dal premier Conte, qualora una Regione dovesse mantenere indici meno preoccupanti in maniera stabile (non meno di 14 giorni consecutivi), sarà possibile applicare le stesse misure della fascia di rischio più bassa dopo l’opportuno monitoraggio delle autorità sanitarie.