Educazione alimentare, il “processo informativo” alla base del benessere

Educazione alimentare, il “processo informativo” alla base del benessere

Mangiare è una delle attività fondamentali per la sopravvivenza dell’essere umano. Mangiare bene è il segreto per vivere bene, togliersi uno “sfizio” di tanto in tanto è una fonte di felicità, l’educazione alimentare è alla base dello sviluppo e del benessere fisico e mentale.

Sono tutte cose risapute, eppure la percezione “sbagliata” del cibo e del proprio rapporto con esso continua a essere all’origine di numerosi problemi, dal semplice “senso di colpa” di fronte a un pasto abbondante occasionale ai più tormentosi disturbi alimentari.

Nello sviluppo è fondamentale mai non perdere di vista il rapporto col cibo e il suo impatto sulla salute: per questo bisogna conoscere l’educazione alimentare e valorizzarla opportunamente.

Educazione alimentare: cos’è e perché è importante

Pochi sanno cosa sia davvero l’educazione alimentare, escludendo gli “addetti ai lavori”. È uno di quei concetti che tutti pensano di conoscere, ma in realtà è un mondo da scoprire.

Lo spiega la dottoressa Laura Verzì, biologa nutrizionista: OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) definiscono l’educazione alimentare come un ‘processo informativo‘ tramite cui promuovere le più adeguate abitudini alimentari, eliminando quelle scorrette”.

Trattandosi di informazione, bisogna recepirla in maniera corretta, pena il benessere dell’individuo: “Una buona educazione alimentare, già da bambini, facilita lo sviluppo di un rapporto sano con il cibo permettendoci di cadere più difficilmente vittime di falsi miti, mode, paure infondate e fake news.

Il commento della dottoressa Verzì fa luce su un problema con il quale i nutrizionisti si trovano spesso a dover fare i conti: le conseguenze fisiche e psicologiche di una cattiva educazione alimentare, dai sensi di colpa, alla frustrazione quando non si riesce a seguire l’ennesima dieta dimagrante fino allo sviluppo di veri e propri disturbi.

Una visione “scorretta” del cibo alla base di problemi e disturbi

Quando la propria educazione alimentare non ha seguito un corso regolare, si rischia di vedere il cibo come un “nemico” invece che come una fonte di sostentamento.

“Il rischio più grande è proprio questo: non riuscire a distinguere il falso dal vero, lasciandoci quindi condizionare da quello che sentiamo dire, leggiamo o pensiamo senza chiederci prima cosa c’è di corretto in quella notizia”, spiega la dottoressa Verzì.

La biologa nutrizionista prosegue parlando di uno dei problemi più diffusi, il “senso di colpa” legato all’assunzione di cibo. L’incapacità di distinguere la regolarità dall’eccezione, la tendenza a “ingigantire” un evento e l’eccessivo zelo, fino al punto dell’ossessione, possono compromettere un normale rapporto con il proprio percorso alimentare: “I sensi di colpa nascono quando facciamo qualcosa che sappiamo (o pensiamo) di non dover fare e andrebbero contestualizzati. Tipicamente nascono da quello che consideriamo uno ‘sgarro‘, cioè dopo aver ceduto a una voglia che pensiamo di non poterci permettere all’interno di un certo stile di vita”.

“La verità è che non è quella ‘voglia’ a compromettere il nostro percorso, ma le nostre abitudini in generale e in questo una buona educazione alimentare può aiutare perché permette di avere una visione d’insieme e collocare ogni cosa al suo posto e in relazione a tutte le altre”.

La piccola “abbuffata” della domenica o del giorno di festa non è certo un motivo per demoralizzarsi o mettere in discussione il proprio stile alimentare. Tuttavia, come avverte la dottoressa Verzì, occorre che l’episodio singolo non diventi un’abitudine o una scusa, né una ricompensa eccessiva per essersi attenuta alle “prescrizioni” della dieta sana e corretta: “In ogni cosa deve esserci equilibrio, è la raccomandazione degli esperti.

Dal “senso di colpa” ai disturbi alimentari

Dismorfofobia, comportamenti quasi “maniacali”, ansie e paura di vedersi ingrassare o comunque in un corpo poco sano ed esteticamente gradevole, timore di perdere il controllo del proprio peso… Sono questi alcuni dei tratti più comuni dei disturbi alimentari, principalmente anoressia e bulimia nervosa.

Se di fatto un’educazione alimentare non corretta può generare comportamenti dannosi per la propria salute, è quando quelle stesse ansie “comuni” a tanti rendono impossibile una vita serena che si manifesta il passaggio ai veri disturbi: Il senso di colpa sfocia nel disturbo alimentare quando trasforma il ‘mangiar sano’ in un’ossessione: quando il senso di colpa che ne deriverebbe ci comanda di non uscire a mangiare una pizza con chi amiamo o a non mangiare a una festa, quando ci costringe all’iperattività e a sedute estreme di palestra o, ancora, è seguito da altri mezzi di compensazione come uso di lassativi o vomito indotto”.

Ed è quando si nota di mostrare sintomi e comportamenti simili che è arrivato il momento di chiedere aiuto e rivedere il proprio rapporto con se stessi e il cibo.

Famiglia, scuola, società: le basi di una buona educazione alimentare

La maggior parte dei problemi con il cibo nasce in età infantile o adolescenziale. Per questo, una buona educazione in materia di alimentazione è imprescindibile per la crescita.

“L’educazione alimentare parte dalla famiglia: se a casa si è educati al giusto valore del cibo e a quello che rappresenta, e i genitori in primis promuovono uno stile di vita sano e attivo e delle corrette abitudini, si gettano le basi per un rapporto sano col cibo e per il bambino/ragazzo sarà poi più difficile sviluppare comportamenti sbagliati o ossessioni nocive”.

Il contesto sociale, poi, fa il resto: “Al giorno d’oggi molto dipende anche dalla società, dai modelli che ci propone e dalle notizie che senza filtri (e il più delle volte errate o incomplete) riceviamo ogni giorno nella convinzione di poter raggiungere quei modelli“, aggiunge la dottoressa Verzì.

È infine la scuola, il luogo dove l’individuo incontra e conosce la società in ambito “ristretto”, che l’educazione alimentare può realizzarsi in maniera corretta e controllata: “Penso che anche la promozione di campagne di educazione alimentare nelle scuole rappresenterebbe sicuramente una mossa vincente per aiutare i giovani nel loro rapporto col cibo”, conclude la nutrizionista.

Foto di Christine Sponchia da Pixabay