“Dal produttore al consumatore”: la lunga filiera di Cosa Nostra

“Dal produttore al consumatore”: la lunga filiera di Cosa Nostra

SICILIA – In tutta l’isola non esiste un solo comparto agricolo immune dall’agromafia. Si va dal furto di prodotti, al pagamento del pizzo, all’assunzione forzata di manodopera, alla contraffazione. Tutto concorre a determinare lo stato d’emergenza di una Sicilia soffocata da una criminalità organizzata sempre più pressante e incisiva su tutto il territorio.

È la Coldiretti che lancia questo messaggio realistico contro un sistema che miete troppe vittime, non ultimi gli ignari consumatori. “Il made in Italy è il secondo brand più conosciuto al mondo dopo Coca Cola – afferma Giovanni Pappalardo presidente della Coldiretti di Catania -. L’Italia compete sul mercato mondiale grazie alla qualità e tipicità dei suoi prodotti e questo la mafia lo ha compreso ormai da tempo. Nello specifico Cosa Nostra manifesta un particolare interesse nei confronti dell’acquisizione e della costituzione di aziende agricole ma anche della grande distribuzione alimentare”.

Giovanni Pappalardo

Gli enormi proventi del settore agroalimentare sono stati abilmente intercettati dalla criminalità organizzata che di fatto oggi ne controlla tutta la filiera realizzando appieno lo slogan “dal produttore al consumatore”. La mafia praticamente produce, trasporta, distribuisce, vende – continua Pappalardo -. Si va dall’accaparramento dei terreni e della manodopera agricola al controllo della produzione, dal trasporto su gomma allo stoccaggio della merce, dall’intermediazione commerciale alla fissazione dei prezzi fino ad arrivare agli ingenti investimenti destinati all’acquisto di supermercati o centri commerciali in cui può essere riciclato il denaro sporco proveniente dal racket, usura, dallo spaccio di droga e così via”.

Cosa ha determinato l’incremento del fenomeno?

Oggi si parla di un aumento impressionante del business dell’agromafia e si stima un volume d’affari pari a 15,4 miliardi di euro. Sulla crescita del fenomeno influiscono fattori esterni come quelli climatici che colpiscono pesantemente la produzione locale che non riesce più a soddisfare la domanda e qui entra in campo il problema della miscela di prodotti provenienti dall’estero con quelli locali e spacciati come italiani. Un esempio potrebbe essere il pistacchio di Bronte che ha ovviamente una produzione molto più limitata rispetto a quella che il mercato vorrebbe farci credere. In secondo luogo incide il problema dovuto alle restrizioni nell’erogazione del credito alle imprese da parte delle banche che porta o alla chiusura dell’azienda o al ricorso ad operatori non istituzionali”.

Questo secondo fattore è uno dei più determinanti al fine della penetrazione capillare del sistema mafioso nel settore agroalimentare e dà spazio ad un’evoluzione del fenomeno criminale molto più preoccupante a cui è stato dato il nome di money dirtyng. “Se precedentemente la mafia utilizzava determinate attività per pulire il denaro sporco – spiega il presidente – adesso, al contrario sono i capitali puliti ad indirizzarsi verso l’economia sporca. La crisi economica, la difficoltà dell’accesso al credito, la paura degli imprenditori nel tenere immobilizzate nelle banche quote consistenti di risparmio e il bisogno di investirle per rendere i capitali produttivi li porta a rivolgersi a questi soggetti “grigi”.

Ma che vantaggio trae la mafia?

La mafia trae un triplice vantaggio dal prendere in carico questo denaro pulito: le permette di entrare in contatto con “il mondo di sopra” (imprenditori rispettabili, esponenti della politica e del mondo istituzionale, nonché operatori del sistema creditizio); la moneta buona copre quella cattiva, le due si fondono, si confondono e una volta abbattuto il muro di separazione si possono creare nuove iniziative, nuovi business molto remunerativi. Infine la mafia dà a questi soggetti esterni al circuito mafioso protezione riuscendo a tessere rapporti di complicità che producono nel tempo cospicui guadagni”.

Di fatto la legge della sopravvivenza impone anche di reputare “normali” questi rapporti con l’imprenditoria criminale ma in realtà è un sistema a circuito chiuso che strozza e paralizza l’economia siciliana. Nel momento stesso in cui le organizzazioni criminali riescono a mettersi a capo del mercato produttivo inevitabilmente il prezzo del prodotto finale che arriva nei grandi centri di distribuzione lievita per via di tutti quei processi di intermediazione manovrati dalla mafia che crea danni sia all’imprenditore sia al consumatore finale.

Cosa deve fare il cittadino?

Uno dei modi per poter scoraggiare queste attività è ridurre il più possibile i passaggi della filiera perché più questi aumentano più è facile per la mafia intercettare i flussi commerciali del prodotto. Il consumatore potrebbe andare ad acquistare, ovviamente dove possibile, direttamente dal produttore. Noi come Coldiretti, per esempio, tramite i mercati di “Campagna amica” garantiamo la qualità e l’assoluta sicurezza dei prodotti con controlli periodici e regolari nelle aziende”.

campagna amica

Un altro problema sollevato da Coldiretti è quello dei furti di prodotti nelle campagne. Un esempio tipico potrebbe essere quello delle arance. “Dietro questi fenomeni molto spesso non c’è il povero disgraziato che per sbancare il lunario ruba due arance e se le va a vendere ma organizzazioni criminali che si organizzano in vere e proprie squadre che vengono sparse per i territori della provincia a raccogliere i frutti che poi vengono smistati. Spesso a Catania vediamo carretti o macchine con i portabagagli aperti o camion pieni di arance vendute per ovvie ragioni a prezzi stracciati che danneggiano enormemente il mercato. Basterebbe controllare se possiedono una bolla di trasporto, se risultano effettivamente possessori di terreni agricoli per fermarli”.

arance1

L’isolamento delle campagne risulta a tal proposito un handicap di non poco conto. Gli agricoltori sono spesso lasciati a se stessi e i furti, in tempo di crisi e di crolli della produzione diventano un problema economico non irrilevante perché durante questi veloci taccheggi ad essere danneggiate sono anche le piante.

Non possiamo chiedere alle forze dell’ordine di girare per tutte le campagne della Sicilia a controllare azienda per azienda. Non ci sono i mezzi e il territorio è vastissimo però è anche vero che si sa, bene o male, dove questa merce viene smistata, i quartieri più a rischio dove la merce può andare a nascondersi e mischiarsi a tutto il resto. Una sorta di videosorveglianza negli snodi centrali potrebbe sicuramente tornare utile”.

Le foto sono state concesse gentilmente da Coldiretti Catania.