Giro d’Italia, una festa mobile di emozioni a costo zero

Giro d’Italia, una festa mobile di emozioni a costo zero

CATANIA – Una festa mobile di fronte alla quale è difficile restare indifferenti. Questo è il Giro d’Italia, questo è il passaggio della carovana rosa.

Centotre edizioni, eppure nessuno avrebbe mai potuto immaginare che la grande corsa si sarebbe svolta nel mese di ottobre, in autunno. Ma il 2020 ci ha abituato alle sorprese (molte delle quali spiacevoli) e questa tempistica inusuale è una di quelle (piacevole, però, per quel briciolo di normalità che cerca di riportare lungo lo Stivale in un’annata nefasta che di normale non ha nulla).

Il Giro d’Italia in Sicilia

Il poker di tappe siciliane si conclude oggi: partenza da Catania baciata dal Liotro e arrivo a Villafranca Tirrena (nel Messinese). La prima, coincisa con l’inizio del Giro, ha visto il campione del mondo, il 24enne piemontese Filippo Ganna, dominare la crono MonrealePalermo. Quindici chilometri di corsa contro il tempo che gli sono valsi il record assoluto di velocità in una crono e una discreta collezione di maglie: rosa, bianca e ciclamino. Senza dimenticare quella iridata. Il gigante di Verbania (è alto un metro e 95 centimetri) ha conservato la rosa nella seconda frazione siciliana (da Alcamo ad Agrigento). La vittoria è andata invece al 31enne Diego Ulissi, che ha acciuffato anche la maglia ciclamino.

Fonte foto: Facebook – Giro d’Italia

Ma, alla terza tappa, la Montagna ha chiamato e stravolto la classifica. Primo arrivo in salita (a Piano Provenzana) conquistato dall’ecuadoriano Jonathan Caicedo: predominio in fuga nella scalata sull’Etna e vulcano domato. La maglia rosa va, invece, al 22enne portoghese João Almeida, che strappa al sacrificato Ganna (immolato sull’altare degli ordini di squadra) anche la bianca.

Entusiasmo a costo zero

L’entusiasmo che accompagna gli atleti in gara è palpabile, nonostante i divieti di assembramento e i volti degli spettatori coperti dalle mascherine obbligatorie anche all’aperto in Sicilia. La distanza fisica dai ciclisti è agevolmente colmata dal calore che il pubblico dell’Isola riserva come di consueto ai professionisti delle due ruote su strada.

Fonte foto: Facebook – Giro d’Italia

Vedere il Giro, in fin dei conti, non costa niente: nessun biglietto da pagare, nessun abbonamento da sottoscrivere. Regala emozioni senza chiedere nulla in cambio.

Appassionarsi è facile, anche chi non è fan della bici finisce per venire travolto dall’adrenalina che il passaggio ravvicinato della maglia rosa innesca. Di base, poi, c’è un’istintiva ammirazione per chi, con condizioni meteo spesso al limite (solleone, pioggia, vento o neve), macina diverse centinaia di chilometri spingendo con forza e tenacia sui pedali. Follia mista a coraggio. Tecnica e passione. L’unico sport “dove chi fugge non è un vigliacco“. Lo diceva il compianto giornalista Gianni Mura, legato alle due ruote da un amore viscerale: di edizioni del Giro ne ha seguite 8, del Tour de France ben 33. Il 2020 si è portato via anche lui.

Imprese, infortuni e tragedie: il Dna del Giro d’Italia

La corsa rosa, competizione dal forte Dna popolare, attira a sé grandi folle che “di pancia” sono pronte a tifare e supportare indiscriminatamente l’atleta di passaggio. Di molti, perlopiù, non se ne conosce l’identità, la storia. Ma di alcuni il nome è leggenda: Bartali, Coppi, Pantani. Solo per citarne qualcuno a caso. Oggi il cuore tricolore batte per lo Squalo, il siciliano Vicenzo Nibali. Domani chissà.

Fonte foto: Facebook – Giro d’Italia

Imprese epiche, spaventosi infortuni e grandi tragedie si sono alternati senza soluzione di continuità nella storia delle due ruote. Non sono mancati gli scandali, legati soprattutto al massiccio uso di doping. Una pratica abusata che non solo ha spesso rischiato di macchiare il volto di uno sport votato alla fatica vera (basti pensare alla favola brutta di Armstrong), ma ha anche provocato diversi morti e tante stelle ha finito per spegnere (come quella del Pirata, la più luminosa).

La grande festa del Giro d’Italia

Il Giro è tutto questo. Non solo cronaca spicciola della gara, esercizio sterile di trasmissione di numeri in sequenza privi di appeal. Ma anche colore, una narrazione che si fa carico della vita che gravita attorno alla corsa, della fatica e dell’avventura umana che si dispiega a ogni metro percorso.

Perché quando passa la carovana siamo tutti un po’ più uniti in un lungo abbraccio rosa che dall’Etna passa per gli Appennini e arriva alle Alpi. Ed emoziona farne parte, anche solo per pochi fugaci e frenetici istanti.

Tra 17 tappe l’edizione numero 103 avrà il suo vincitore, che inciderà il proprio nome nella storia della corsa. Fino ad allora, e comunque vada, c’è da giurarci: sarà una grande festa.