L’omicidio, le estorsioni e lo spaccio da milioni di euro: così operava il gruppo di Riposto dei Santapaola-Ercolano

L’omicidio, le estorsioni e lo spaccio da milioni di euro: così operava il gruppo di Riposto dei Santapaola-Ercolano

CATANIA – Alle prime ore di oggi, nelle province di Catania, Milano e Lecce, su delega della Procura Distrettuale del capoluogo etneo, i carabinieri del comando provinciale di Catania, coadiuvati dalle unità territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia etnea, nei confronti di 22 persone.

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I soggetti coinvolti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti, detenzione e spaccio di stupefacenti, estorsione aggravata, lesioni aggravate, tutte commesse con l’aggravante del metodo mafioso.

Il provvedimento trae origine da una complessa indagine condotta dalla compagnia carabinieri di Giarre dal 2017 al 2019, mediante attività tecniche e dinamiche, ulteriormente riscontrate da dichiarazioni di più collaboratori di giustizia, che ha consentito di:

  • individuare e colpire con provvedimento restrittivo della custodia cautelare in carcere, alcuni appartenente al gruppo di Riposto della famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola-Ercolano, operante nei comuni di Riposto e Giarre;
  • definire la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli indagati nell’ambito del sodalizio malavitoso, ricostruendone l’ingente volume di affari illegali, il sistema di gestione delle “piazze di spaccio”, le modalità di approvvigionamento/cessione degli stupefacenti (cocaina, marijuana e hashish) e il mantenimento degli appartenenti all’organizzazione detenuti;
  • documentare 5 estorsioni consumate e un’altra tentata ai danni di esercenti, di vari settori, commesse al fine di agevolare l’organizzazione mafiosa di appartenenza;
  • arrestare, a riscontro dell’attività investigativa, 10 persone e sequestrare complessivamente 210 chili di marijuana, 320 chili di cocaina, 40 grammi di hashish, nonché una piantagione costituita da 170 piante di canapa indiana, n. 4 cartucce per pistola cal. 7.65 e la somma in contanti di 4.715 euro.

Il traffico di droga nelle piazze di spaccio

Per quanto riguarda la gestione delle piazze di spaccio, l’indagine ha permesso di documentare un’attività svolta 24 ore su 24, con venditori al dettaglio articolati in turni. Sono stati poi identificati gli indagati che si occupavano dell’approvvigionamento delle sostanze, del loro occultamento, confezionamento e di rifornire regolarmente gli spacciatori.

L’incasso giornaliero complessivo dell’organizzazione è quantificabile in diverse migliaia di euro al giorno. Significativo notare che il sodalizio finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti, nonostante nel corso delle indagini siano stati operati degli arresti in flagranza di pusher o il sequestro in rilevanti quantità di droghe, è sempre riuscito in breve tempo a riorganizzarsi per proseguire nelle attività illecite.

La direzione e gestione del clan era riconducibile a Benedetto La Motta, capo della frangia santapaoliana operante su Riposto, detto “Benito”, 62enne, pluripregiudicato, indicato da più pentiti come referente del clan catanese, coadiuvato da alcuni fedelissimi, tra i quali il noto “killer delle carceriAntonino Marano, che dopo la sua lunga detenzione, durata circa 47 anni, scarcerato nel dicembre 2014, si è rimesso subito in gioco affiliandosi al clan.

Autori e mandanti dell’omicidio di Dario Chiappone

Proprio questi due sono stati recentemente colpiti da ordine di custodia cautelare in carcere per l’efferato omicidio di Dario Chiappone commesso ad ottobre 2016.

La gestione del mercato illecito degli stupefacenti era affidata agli uomini di fiducia che si occupavano di reclutare i pusher, fornirli di telefoni cellulari e motorini elettrici e corrispondere loro circa 250 euro a settimana quale compenso.

Le estorsioni

Le investigazioni hanno portato altresì alla luce una serie di attività estorsive poste in essere ai danni di diversi esercizi commerciali di Giarre e Riposto, le cui parti offese non hanno mai denunciato le vessazioni subite, a ulteriore riscontro del carattere mafioso del sodalizio e della grande forza intimidatrice del vincolo associativo che continua a imporre omertà alle vittime.

A seguito dell’arresto di La Motta, avvenuto nel dicembre 2017 su ordine di carcerazione, le attività non sono state interrotte e, anzi, è subentrata al marito Grazia Messina, la quale, sino alla successiva scarcerazione dello stesso (avvenuta nel giugno 2018) non solo ha ricevuto i proventi delle estorsioni, ma ha dimostrato di saper amministrare anche la giustizia criminale quando, in occasione di una rapina avvenuta ai danni di un esercizio commerciale sottoposto al pizzo, ha commissionato il pestaggio di uno dei rapinatori, proprio per non dare segni di debolezza.

Dei 22 destinatari del provvedimento, 14 sono stati tradotti portati nelle Case Circondariali di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Milano e Lecce ad altri 7 indagati il provvedimento è stato notificato nelle carceri dove sono già detenuti, mentre per un indagato, attualmente localizzato all’estero, è stata avviata la procedura per la richiesta di M.A.E.