In Italia da marzo aumentati i suicidi. Colpa della pandemia? Oggi giornata della prevenzione: “Bisogna comprendere”

In Italia da marzo aumentati i suicidi. Colpa della pandemia? Oggi giornata della prevenzione: “Bisogna comprendere”

PALERMO – Il suicidio è sicuramente uno degli argomenti più delicati (se non il più delicato) da trattare in qualsiasi ambito si provi a parlarne. Da quello medico al fatto di cronaca giornalistico, la volontà di un individuo di togliersi la vita rientra tra quegli argomenti da considerare come una sorta di tabù, in cui il confine tra ciò che è giusto fare e dire e le responsabilità correlate è labile. D’altronde, come fare a giudicare la scelta (seppur discutibile) di chi, per un motivo o per un altro, decide di mettere fine alla propria vita? Come si possono dare delle colpe in una situazione complessa, così com’è complessa la mente umana, che porta un essere umano a fare certi gesti?

Domande sulla questione ce ne sarebbero fino allo sfinimento. Ad alcune di queste neanche gli psicologi più autorevoli riescono a dire la loro o a dare una risposta completa. Basti pensare che dietro a un gesto estremo e “libero” come quello del suicidio ci possono essere infinite motivazioni. Dalla depressione al disturbo post traumatico per i militari, senza considerare che un qualsiasi problema può avere un impatto diverso da individuo a individuo e che ognuno di noi ha la propria sensibilità e le proprie risposte a ogni situazione.

La parola che è maggiormente collegata al tema del suicidio è sicuramente “prevenzione“. Da quando l’argomento ha incominciato ad attirare l’attenzione di esperti, media, psicologi e associazioni, si è sempre dibattuto su come evitare di minimizzare certi comportamenti, che agli occhi dei più sembrano meri dettagli, ma che in realtà sono dei veri e propri campanelli d’allarme. Anche i giornalisti, i quali in merito al trattamento delle notizie di suicidio devono osservare regole deontologiche serie e precise, giocano nel loro piccolo un ruolo. Noi di Newsicilia, quando purtroppo riportiamo fatti di cronaca inerenti all’argomento, alla fine del pezzo inseriamo sempre i numeri ai quali rivolgersi nel caso in cui si avesse il bisogno di sostegno psicologico, per esempio.

In tal senso, è stata anche istituita dall’Onu la Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, un evento in cui più di 100 paesi organizzano eventi culturali, conferenze e marce dedicate a questo tema. Secondo i dati forniti dall’Onu, ogni anno 800mila persone si suicidano e circa 20 milioni tentano il suicidio. Dunque, il problema viaggia su scala mondiale. Per quanto riguarda le iniziative promosse in Italia, l’Onu segnala che Telefono amico Italia si fa promotore di un’importante campagna di comunicazione, che sarà veicolata in tutte le stazioni ferroviarie aderenti. “Riemergere si può. Parliamone“, è il messaggio che Telefono amico Italia lancerà per sensibilizzare la comunità, e non solo chi soffre, attraverso un linguaggio positivo, usando la metafora del palombaro e lo stile dello storytelling. L’AISP e l’OMS sono le principali promotrici della giornata e da sempre sono in prima linea per affrontare tale tematica.

Insomma, l’ipotesi che qualcuno possa decidere di porre fine alla propria vita nella maniera più estrema e drastica è ormai ampiamente “accettata” e dibattuta. Le possibilità di potere aiutare chi soffre ci sono e sono numerose, ma se un qualsiasi virus può essere combattuto con un vaccino, non si può dire lo stesso dei problemi mentali ed emotivi. In Italia, in particolare, probabilmente a causa della pandemia e delle conseguenze che questa ha avuto sul lato economico e psicologico della gente (basti pensare alla cosiddetta sindrome del prigioniero), da marzo si è registrata un’impennata sul dato dei suicidi nel paese. Secondo i dati forniti dall’Università La Sapienza di Roma, infatti, da marzo a oggi si sono registrati 71 suicidi e 46 tentati suicidi, un fenomeno in aumento rispetto allo scorso anno e che, inevitabilmente, viene collegato alle vicende causate dall’emergenza sanitaria.

Ma cosa spinge, o può spingere, effettivamente una persona a suicidarsi in questo particolare periodo storico? Certamente un argomento così grande, con così tante sfaccettature, non può ridursi alla semplice spiegazione della crisi economia. Per rispondere alla domanda e analizzare la situazione è intervenuta la dottoressa Valentina La Rosa, psicologa e psicoterapeuta, che ha parlato di problemi legati “all’isolamento sociale, alla difficoltà nel ritornare alla propria quotidianità e all’accentuazione di un disagio psichico già presente prima della pandemia, come testimonia la triste vicenda di Viviana Parisi e del figlio Gioele“.

Tuttavia, – prosegue – è difficile stabilire con esattezza quali siano le vere ragioni che spingono una persona a togliersi la vita. Il suicidio costituisce sicuramente un atto estremo, conseguenza di un male di vivere che molto spesso tende a essere trascurato e minimizzato anche dalle persone più vicine. In tal senso, è fondamentale distinguere il suicidio come atto dimostrativo in cui la persona tenta di togliersi la vita per attirare l’attenzione su di sé e sul proprio stato di sofferenza e in cui, dunque, non ravvisiamo un’evidente volontà di morire, dal suicidio inteso come atto deliberato di porre fine alla propria esistenza“.

Un’importante distinzione, quella fatta dalla dottoressa La Rosa, che poi analizza e inquadra il fenomeno in un particolare ambiente. “Nel corso del tempo, si sono susseguite diverse chiavi di lettura del fenomeno. Secondo una prospettiva sociologica il suicidio è un fenomeno prettamente sociale, causato cioè da condizioni ambientali, economiche e culturali ben precise. Secondo questo modello di lettura, potremmo affermare che i suicidi registrati in questi ultimi mesi siano frutto delle particolari condizioni ambientali e sociali prodotte dalla pandemia“, le parole della psicologa.

Ma più che cause, quest’ultime possono essere viste come dei fattori scatenanti. Si tratta infatti di una prospettiva che, secondo la dottoressa, “non considera la persona che compie tale gesto. Dunque, in una prospettiva psicologica, è importante valutare non solo i fattori ambientali, sociali e culturali, ma anche la storia personale e i vissuti del soggetto che pensa o arriva a compiere un atto suicidario“.

Bisogna cioè cercare di comprendere perché la persona arrivi a considerare la morte come unica possibile soluzione a uno stato di disagio e di sofferenza, annientando se stessa come soggetto“, dichiara la La Rosa. Dunque, come prevenire? “È importante che ciascuno di noi impari ad ascoltare i segnali di sofferenza che le persone più vicine a noi cercano di inviarci e a cogliere anche le più piccole variazioni nei loro comportamenti e stati d’animo. Il passo successivo è quello di rivolgersi a un professionista della salute mentale, che sappia scegliere la terapia più adatta per il singolo caso (farmacologica, psicoterapeutica). È fondamentale non affrontare il problema da soli e lasciarsi aiutare da professionisti competenti che sappiano intervenire tempestivamente per evitare che uno stato di sofferenza psichica possa avere conseguenze gravi e, in alcuni casi, irrimediabili“.

Un consiglio semplice, a volte definito anche banale, ma che arriva da un’esperta nel settore psicologico e che, considerato il gran numero di casi in cui il problema viene preso alla leggera e, a volte, neanche considerato anche dagli affetti più cari del soggetto che soffre, è giusto che venga ripetuto fino allo sfinimento. Purtroppo, per i problemi mentali non esiste (parlando in maniera utopistica) alcun vaccino. Le armi che possediamo per combattere questo fenomeno non risiedono nel progresso tecnologico e scientifico, ma esistono da secoli. Il progresso ha fatto sì che se ne parlasse, ma per prevenire e combattere uno scompenso mentale ed emotivo servono ascolto, empatia, vicinanza e affetto. Dei valori e dei sentimenti che, forse, si stanno perdendo col tempo.

Fonte immagine onuitalia.it