Un viaggio tra i sentimenti e le passioni dei fantasmi che abitano il Castello Ursino

Un viaggio tra i sentimenti e le passioni dei fantasmi che abitano il Castello Ursino

CATANIA – Una folla di spettatori, suddivisa in piccoli gruppi secondo le regole post Covid, diventa parte integrante dell’interattivo ed itinerante spettacolo, dall’alto valore storico culturale, “Castel Ursino-Storie di carcerati e fantasmi” diretto magistralmente da Guglielmo Ferro su drammaturgia di Antonello Capodici, promosso dall’Associazione Culturale “Progetto Teatrando” per la rassegna Catania SummerFest.

Il pubblico in una sorta di viaggio tra i saloni del maniero Federiciano accompagnato dall’attrice Nadia De Luca, nelle vesti di un’attenta e preparata guida turistica, disturbata dalla presenza di due anime vaganti e disperate vittime di una prigionia, probabilmente, non giusta viene investito dai dolori e dalla delirante passione di una vita sofferta e sofferente di coloro che non si rassegnano ad un destino beffardo.

I fantasmi Mario Opinato e Francesco Maria Attardi, con grande veridicità e sentimento dialogano con i tanti presenti, spiegano il loro dolore raccontando come il Castello Ursino nel XVI secolo divenne carcere e tomba per tanti uomini nella speranza di non essere dimenticati da chi adesso si ritrova ad assistere a questo spettacolo e visitare le mura di quello che oggi è diventato museo.

In quella che un tempo era la sala del Parlamento in un morbido e fluttuante abito rosso, prima che la guida indispettita rinunci a narrare in modo asettico le fredde pagine di storia racchiuse tra le pietre del castello, Madonna Macalda, interpretata da una sempre brava Francesca Ferro, tra passioni e intrighi descrive l’epoca dei Vespri Siciliani e la nascita del nuovo Regno di Sicilia dove la sua spregiudicata condotta morale e sessuale divenne fine arma politica.

L’ultimo momento dell’innovativo e accattivante spettacolo, in replica fino a domenica 6 settembre, è l’incontro con il fantasma Francesco Anzalone, interpretato da Vincenzo Volo, che all’interno della corte accoglie i pellegrini di questo cammino, in quel luogo da sempre dimora di presenza paranormali, per un monologo che non si limita a raccontare le difficili condizioni di detenzione della prigionia ma come la sottile differenza tra la sua posizione di carceriere e quella di carcerato sia inesistente dimostrando come la morte non sia altro che un diverso modo di vedere l’eternità al punto stesso di negare la parole fine all’esistenza umana.