“Divario digitale”, Internet non è accessibile a tutti. Angelo Alù: “Occorre un cambiamento culturale”

“Divario digitale”, Internet non è accessibile a tutti. Angelo Alù: “Occorre un cambiamento culturale”

CATANIA – L’evoluzione tecnologica ha regalato e continua a regalare numerosi vantaggi, in tutti i settori. Dalla sanità fino al mondo del lavoro, nessuno escluso.

Oggi risulta impossibile non avvalersi di mezzi quali, per esempio, un telefono per chiamare, un computer per lavorare e una Tv per aggiornarsi o trascorrere qualche momento di svago.

Eppure non è così semplice come sembra, o meglio, non lo è per tutti. Ci sono luoghi nel mondo, arretrati economicamente, dove le persone rimangono escluse da questa grande “rete sociale“.

Progresso” è la parola chiave per quella cerchia di paesi che possono permettersi di stare al passo con le innovazioni. Da questa visione scaturisce, negli ultimi anni, il fenomeno del “divario digitale“.

Questo, noto anche come “digital divide“, vede una divisione tra persone che possono accedere a Internet e chi, al contrario, ne è impossibilitato. Una condizione che, inevitabilmente, genera disuguaglianza.

Tante sono le motivazioni. C’è chi non riesce a usufruire della tecnologia perché non può permetterselo economicamente, chi non ne è capace per via del proprio livello di istruzione; per esempio, basti pensare agli anziani. All’elenco si aggiungono anche le persone affette da disabilità e coloro che si trovano ristrette in carcere, dove viene vietato l’uso di apparecchi quali il telefono cellulare.

Un quadro che, a detta della giurisprudenza, si tradurrebbe in una violazione del diritto di accesso nei confronti dell’individuo.

Per approfondire il tutto è intervenuto ai microfoni di NewSicilia.it il giurista catanese e attivista per i diritti digitali, Angelo Alù: “Il divario digitale è uno dei principali problemi non solo tecnologici ma anche sociali, culturali ed economici poiché nell’era storica in cui ci troviamo stiamo vivendo il ritardo culturale, legato al basso livello di competenze digitali di base, e la mancanza di reti a banda larga ultra veloci che garantiscano una connessione efficiente a internet. Questi fattori incidono in maniera molto grave sulla vita delle persone dal punto di vista dei diritti fondamentali. Basti pensare ai servizi di pubblica amministrazione che, nonostante un lento graduale processo di digitalizzazione delle attività amministrative, dal lato dell’utenza non sono utilizzati perché mancano le competenze minime per fruirne. Dunque c’è un deficit di tutela dei diritti nei servizi pubblici fondamentali”.

Le conseguenze dell’analfabetismo digitale

“L’analfabetismo digitale incide anche in una prospettiva di realizzazione professionale-lavorativa. Oggi più che mai, sulla base di quanto indicato da studi, ricerche e report, se è vero che aumenterà sempre di più la domanda di professionisti e di esperti del digitale, a fronte di questo bisogno, non possedere competenze specialistiche digitali significa precludersi un’importante possibilità di opportunità lavorative. Il tutto vale specie in un momento storico come questo (come dimostra anche l’emergenza sanitaria), caratterizzato da un’accelerazione della digitalizzazione delle attività quotidiane svolte dalle persone nel lavoro, nello studio, nelle relazioni sociali e nelle attività economiche”.

Gli effetti sulla disoccupazione

“La disoccupazione, a causa della contrazione dei lavori tradizionali, avrà un peso molto rilevante e grave nel sistema produttivo anche in termini di ricadute sul PIL e sulla recessione economica. Non avere in questo momento le competenze digitali per potersi reinventare in modo innovativo e creativo, e riuscire a convertire le proprie abilità e le proprie attività, da una dimensione tradizionale (che fino a oggi con grande precarietà reggeva) a una dimensione digitale innovativa, diventa un gravissimo problema sociale, economico e occupazionale. Ciò determina preoccupanti discriminazioni. Ecco perché il digital divide dovrebbe diventare un tema centrale nell’agenda politica, giuridica e istituzionale, che richiederebbe un urgente adeguamento del quadro normativo esistente”.

La tecnologia sul piano giuridico e politico 

“Oggi il sistema normativo giuridico rincorre la tecnologia, perché i processi di formazione delle norme sono lenti rispetto alla velocità dell’evoluzione tecnologica, difficilmente classificabile e inquadrabile secondo il tipico approccio regolatorio del legislatore, senza riuscire a formalizzare sul piano normativo i vantaggi e i benefici offerti dalle tecnologie. Anche sul piano politico, soprattutto nel nostro Paese, ci sono ritardi cronici che in parte sono legati all’assenza di una visione lungimirante nella definizione di strategie, a medio-lungo termine, che siano in grado di pianificare strategie digitali oltre il breve termine dell’emergenza, della necessità e della contingenza del momento. In Italia tutto ciò è spesso mancato anche a causa dei noti fattori di instabilità politica che comportano periodicamente dei mutamenti istituzionali, destinati a incidere nelle strategie, nelle scelte e nelle visioni anche nel settore del digitale. Invece l’Europa e il resto del mondo, non a caso gli Stati che vivono meglio questo periodo di crisi e di difficoltà economica, in modo lungimirante da anni hanno investito notevolmente da un punto di vista politico, finanziario, culturale ed educativo sul digitale, a dimostrazione del fatto che il digitale può rappresentare un fattore di ripresa”.

Lo scenario futuro e le possibili soluzioni al cambiamento

“Come proposte concrete, personalmente, per la trasformazione digitale del nostro Paese, immagino una ripartenza che sia in grado di avviare un progetto serio in una prospettiva di riforma organica dei sistemi di educazione e istruzione delle scuole e delle università, in grado di assicurare una selezione di esperti professionisti del digitale, a partire dalla pubblica amministrazione in cui la necessità è quella di rinnovare gli apparati organizzativi. Immagino una rivoluzione didattica nelle scuole, introducendo come materia obbligatoria l’insegnamento del Coding (programmazione informatica), che sin dalla giovane età consente di acquisire competenze per quanto riguarda l’uso della programmazione dei codici e del linguaggio della rete. Si tratta di una skill fondamentale, non solo per lavorare, ma anche per vivere nell’attuale società, tenendo presente che il Coding sviluppa anche soft skills (competenze trasversali), come il problem solving, il pensiero critico e il ragionamento”.

Un processo di digitalizzazione efficace

“Il digitale trasversale è una tematica che si estende a qualsiasi branca (umanistica, economica, medica e giuridica), pertanto sarebbe importante pianificare in qualsiasi corso di laurea delle attività pratiche formative e laboratori in materia di competenze digitali. In tal modo, accanto al sapere classico tradizionale, si possono acquisire ulteriori competenze specialistiche digitali che consentono di realizzare quel necessario aggiornamento della futura classe dirigente, rendendo i giovani professionisti in possesso di un sapere spendibile nel mercato del lavoro. Se il nostro Paese vuole promuovere un processo di digitalizzazione efficace occorre stimolare in maniera importante un cambiamento culturale prima, e poi giuridico e politico. Se ciò non viene messo in pratica non saremo in grado di sfruttare i benefici offerti dal digitale, subendo soltanto gli svantaggi della Rete come lato oscuro di questa grande innovazione: violazione della privacy individuale, scarsa consapevolezza sull’uso di internet, manipolazioni delle nostre scelte”.

Immagine di repertorio