La madre mette i figli contro il padre? A lui spetta l’affidamento in via super esclusiva

La madre mette i figli contro il padre? A lui spetta l’affidamento in via super esclusiva

Qualche giorno fa mi sono imbattuta in una decisione molto interessante. Decisione di merito, del Tribunale di Castrovillari, non della Cassazione: si tratta di un decreto del 30 giugno 2020. I Giudici calabresi hanno affidato in via super esclusiva i figli minori al padre a causa dell’alienazione parentale posta in essere dalla madre. Questa, senza alcun fondamento, dipingeva l’uomo come violento e dannoso, inducendo i minori a rifiutarlo e soprattutto generando in loro un grave danno psicologico. Si badi bene: inizialmente, terminata la relazione more uxorio tra i genitori, il Tribunale ha collocato i bambini presso la madre. Poi, dopo varie battute processuali, il Collegio ha ribaltato la situazione pur di garantire la massima tutela ai minori coinvolti. 

  • La vicenda  e la versione del CTU

Dopo la decisione iniziale di collocare i figli presso la donna, il padre agiva in giudizio lamentando l’allontanamento affettivo dei bambini, maturato dopo la fine della convivenza con la ex. Il Tribunale nominava quindi un CTU. Dopo diversi incontri con i bambini (anche videoregistrati), il consulente ravvisava una situazione di alienazione parentale perpetrata dalla madre, volta a cancellare nei figli la figura paterna ed a sostituirla con l’uomo che lei aveva successivamente sposato.

Questo un estratto della relazione peritale: “I figli stanno vivendo una situazione di grave pregiudizio per la loro salute, subendo un significativo condizionamento psicologico al fine di cancellare e sostituire la figura paterna con quella del marito della donna. Stanno vivendo una fase di significativa confusione e stress psicofisico a causa della situazione familiare. I diritti dei figli non sono rispettati dalla madre, che attraverso specifiche strategie comportamentali e comunicative, dirette/indirette e volontarie/involontarie, ha indotto nei bambini l’idea di un padre dannoso e violento”. Esclusi dalla vita dei bambini sono anche i nonni e i familiari della linea paterna, anche loro dipinti come “mostri”. Il CTU chiede dunque un’immediata inversione di collocamento presso il padre e l’affidamento super esclusivo dei figli allo stesso.

  • Le conclusioni del consultorio familiare

Il Tribunale inizialmente opta per un graduale riavvicinamento dei bambini alla figura paterna, lasciando la collocazione presso la madre, ma affidandoli ad un consultorio familiare che programmi gli incontri padre-figli. La madre però non si arrende e persevera nei suoi  comportamenti oppositivi, ostacolando in ogni modo la riconciliazione. Il consultorio, come il CTU, non ha dubbi: “i minori vanno immediatamente inseriti nel contesto familiare paterno, senza intermediazioni”. Il Tribunale dunque allontana i bambini dalla madre e li colloca presso una Casa famiglia, dove dopo nove mesi gli stessi superano ogni ostilità verso il padre.

In breve, dopo appena nove mesi i bambini si riavvicinano serenamente al padre. A questo punto il Tribunale si chiede: com’è possibile che in così poco tempo abbiano dimenticato i danni e le violenze perpetrate dal genitore? Come hanno rimosso l’atteggiamento di rifiuto in un tempo così breve? La risposta è semplice: i minori non hanno mai vissuto realmente condotte dannose e violente da parte del padre. Il loro rifiuto era frutto di un’influenza psicologica. In definitiva si trattava di un caso di alienazione parentale, come già ravvisato dal CTU prima e dal consultorio familiare poi.

Nelle ultime battute della vicenda processuale, la madre non solo ha richiesto che il collocamento dei figli presso la Casa famiglia fosse prorogato e che venisse sostituito il consultorio affidatario, ma anche che fosse espletata una nuova CTU. Da ultimo si è inserita anche la nonna materna, che ha richiesto l’affidamento dei nipoti o in alternativa la loro collocazione presso di sé.

Tutti comportamenti che secondo il Tribunale manifestano un intento alienante della madre. Questo un estratto del decreto: “la richiesta di prolungare la permanenza dei figli nella Casa famiglia è formalmente motivata dalla necessità di ulteriori approfondimenti ma cela il reale proposito di ritardare – per quanto le è possibile ora fare – il consolidamento del recuperato rapporto affettivo dei figli con il padre. Allo stesso modo va letto il recente ingresso nel procedimento della nonna materna, la quale si è proposta quale soggetto aspirante all’affidamento dei minori da preferire addirittura al padre dei medesimi: proposta all’evidenza inaccoglibile, sia per il primato da riconoscere al legame genitoriale rispetto a quello nonna/nipote sia per la probabile corresponsabilità della nonna nel determinare la stessa situazione di alienazione parentale”.

  • Affidamento super esclusivo 

In definitiva, il Collegio decide per l’affidamento in via super esclusiva al padre. Ciò alla luce della sua idoneità genitoriale, mancando alcun concreto indizio relativo a controindicazioni sulla sua persona, e tenuto conto dell’intento alienante che continua a connotare il comportamento della madre, abbisognevole di un supporto terapeutico mai sperimentato. L’affidamento e la collocazione dei minori presso il padre impongono alla madre di contribuire al loro mantenimento e viene dunque fissato un assegno tenuto conto della modestia delle entrate dell’obbligata e del fatto che la stessa debba mantenere anche un altro figlio avuto dal marito. La donna viene anche condannata al pagamento delle spese processuali stante la riconducibilità alla sua persona della situazione (alienazione parentale) che ha determinato lo svolgimento della causa.