Detenuto suicida a Messina, la Corte europea condanna il governo italiano: “Non è stato garantito il diritto alla vita”

Detenuto suicida a Messina, la Corte europea condanna il governo italiano: “Non è stato garantito il diritto alla vita”

MESSINA – Il Governo italiano è stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) al risarcimento danni nei confronti di Santo Citraro e Santa Molino, genitori di Antonio Citrato.

Si tratta dell’uomo che si era suicidato nel carcere di Messina il 16 gennaio 2001.

Dopo la sua morte, il G.U.P del Tribunale di Messina aveva rinviato a giudizio il direttore del carcere della città siciliana e alcuni agenti della polizia penitenziaria, accusati di omicidio colposo e altri reati.

Il Tribunale, la Corte di Appello di Messina, la Corte di Cassazione hanno escluso la responsabilità degli imputati. I genitori di Antonio Citraro, assistititi dal difensore Giovambattista Freni, si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo coinvolgendo nel giudizio internazionale il Governo italiano e addebitando la violazione delle norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

La Corte europea ha accolto la loro richiesta, contestando il difetto di diligenza da parte delle autorità italiane, che hanno sottovalutato il rischio reale e immediato che Citraro potesse commettere atti di autolesionismo.

Inoltre, la Corte europea contesta all’esecutivo italiano il fatto che nelle carceri “devono essere sempre adottate le misure di protezione della vita dei detenuti, a prescindere dai delitti per i quali sono accusati”.

In definitiva, la Corte ha affermato il principio che deve essere garantito il diritto alla vita del detenuto, al quale deve essere assicurato trattamento umano e non degradante.

Immagine di repertorio