Dal rischio clandestinità alla potenziale crisi umanitaria: le migrazioni in evoluzione dopo l’emergenza sanitaria

Dal rischio clandestinità alla potenziale crisi umanitaria: le migrazioni in evoluzione dopo l’emergenza sanitaria

Un’emergenza sanitaria ha “monopolizzato” la vita di ogni Stato e popolazione e turbato gli equilibri globali in maniere inimmaginabili fino a pochi mesi fa. Tanti si sentono destinati a un futuro fatto di barriere e distanze e temono le conseguenze di un dramma dai contorni ancora oscuri.

Niente è più percepito allo stesso modo e ogni fenomeno viene riletto alla luce degli eventi recenti. Tra le cose che sicuramente non torneranno facilmente agli standard precedenti c’è sicuramente l’immigrazione.

Quali conseguenze avranno il lockdown e la difficile ripresa? Al momento l’unica cosa evidente è che, in termini tanto quantitativi che qualitativi, un cambiamento ci sarà e non lascerà il mondo indifferente.

Turismo, lavoro, accordi internazionali, geopolitica: troppi ed estremamente variegati i campi sui quali è necessario riflettere per reagire a quello che potrebbe diventare un nuovo fronte di crisi, se affrontato in ritardo o senza l’opportuno coordinamento tra le istituzioni.

Improvvisamente, con l’emergenza sanitaria, sembra che problemi come povertà e guerra siano scomparsi. Come se il mondo non fosse più destinato a vedere ancora le atrocità attraversate da persone di ogni età che tentano di salvarsi. È davvero così o è solo una “narrazione” che rischia di distogliere l’attenzione dai possibili pericoli fin quando non sarà troppo tardi? È possibile che la “calma” apparente nasconda una tempesta?

Una prima questione da affrontare, perennemente al centro dell’attenzione internazionale, è quella dei famigerati barconi che, attraversando il Mediterraneo in condizioni spesso indicibili, sottopongono migliaia di persone a un viaggio pericoloso, a volte fatale. La chiusura o la limitazione di molti canali legali di immigrazione ha spinto migliaia di disperati nelle braccia dei trafficanti, aumentando sensibilmente il rischio di immigrazione illegale.

Un tema già “caldo” da tempo nell’ambito delle relazioni internazionali, specialmente tra l’Unione Europea e terre come Malta, Grecia e Sicilia, più colpite dall’emergenza migratoria e spesso coinvolte nelle operazioni di soccorso e prima accoglienza. Le previsioni in merito non possono che essere parziali, ma i dati dell’Europol relativi ad aprile 2020 sono chiari: a fronte di una riduzione degli arrivi tramite il Mediterraneo (circa 3% in meno nei primi 4 mesi dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo nel 2019) rimane il pericolo incombente di un’immigrazione sempre più spesso clandestina.

Secondo l’ultimo rapporto European Migrant Smuggling Centre, i trafficanti non avrebbero esitato a “riorganizzarsi” di fronte alla chiusura delle frontiere, optando per mezzi più piccoli per passare inosservati o ammassando illecitamente i viaggiatori all’interno di mezzi pesanti per evitare troppi controlli. Ciò rende i migranti, desiderosi di una vita nuova, potenziali vittime di violenze, traffico di esseri umani o sfruttamento sessuale. Altra violazione dei diritti umani in pericoloso aumento è l’elevato numero di adozioni illegali ottenute per mano della criminalità organizzata, che tra l’altro “lavora” costantemente per coinvolgere nelle loro attività giovani spaesati e inconsapevoli con la promessa di denaro “facile”.

E se l’aspetto umanitario rimane sempre quello primario, non meno preoccupante è quello economico. L’impossibilità per molti lavoratori stagionali, specialmente quelli del settore primario, di raggiungere le terre di destinazione crea non pochi problemi, dalla carenza di manodopera in alcuni settori all’aumento delle richieste di lavoratori pronti a lavorare in nero, favorendo fenomeni illegali come il caporalato.

D’altra parte, per alcuni Paesi in difficoltà, l’emergenza sanitaria potrebbe rivelarsi l’opportunità per rilanciare dall’interno iniziative economiche e sociali di rilievo e offrire qualcosa di nuovo a chi di solito sceglie, forzatamente o volutamente, di abbandonare la propria terra. Purtroppo, questa possibilità è di difficile realizzazione per la maggior parte delle terre di provenienza dei migranti per questioni politiche mai risolte, economie disastrate o guerre civili sanguinose che dilaniano le popolazioni dall’interno.

Una situazione esasperata anche da un’immobilità involontaria ma necessaria, che blocca importanti risorse quali turismo e settore ricettivo, tutt’altro che secondarie per molti Paesi in situazioni economiche non propriamente rosee.

Cosa si può fare? Tutto va necessariamente considerato alla luce di un contesto più ampio, che comprende la lettura del rapporto tra Paesi ospitanti e Paesi di partenza, le situazioni interne dei singoli Stati e le relazioni tra territori limitrofi.

È una delle considerazioni di Marta Foresti, direttrice di Human Mobility Initiative, nel corso di una conferenza online dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) sull’evoluzione recente delle tendenze migratorie tra Europa e Africa intitolata “The Big Freeze: Europe-Africa Migration Trends after Covid-19″.

Oltre a una lettura attesta del contesto, è senza dubbio necessario anche attivare una rete di collaborazione internazionale per garantire sostegno ai Paesi coinvolti e per evitare il “congelamento” o l’evoluzione negativa di rapporti secolari, difficilmente costruiti nel tempo ed essenziali per l’equilibrio internazionale. Evitare di utilizzare l’ondata di “nazionalismo” e protezionismo scatenati dalla triste situazione che ha sconvolto il mondo e collaborare per prevenire, nei limiti del possibile, ulteriori squilibri sembra quindi essere l’unica soluzione per rispondere prontamente a delle necessità che non tarderanno a palesarsi.

L’Iom (Organizzazione internazionale per le migrazioni) ha già prodotto delle linee guida per gestire la mobilità in questo periodo di limitazioni e attenzione per evitare l’innalzamento di barriere nonostante la necessità di proteggere le popolazioni. Nei prossimi mesi un ruolo ancora più importante toccherà alle autorità politiche e alle istituzioni internazionali, si spera con l’aiuto e il supporto delle popolazioni.

Fonte immagine: Pixabay – jdblack