Giovanni Falcone, un uomo che cambiò le sorti della Sicilia: il ricordo nell’anniversario della nascita

Giovanni Falcone, un uomo che cambiò le sorti della Sicilia: il ricordo nell’anniversario della nascita

PALERMO – Il 18 maggio del 1939 per la Sicilia rappresenta una data importante che avrà conseguenze enormi per la storia, la politica e la cultura di un’isola che spesso è apparsa come un mondo a parte rispetto al resto d’Italia.

Il 18 maggio di 81 anni fa nasceva Giovanni Falcone, magistrato e pubblico ministero che, insieme al collega Borsellino e a molti altri, diede alla Sicilia e ai siciliani la dignità che meritano. Una dignità che per troppo tempo è rimasta sepolta e sopraffatta dalla cronaca invasa dalle vicende mafiose.

Insieme al collega e amico Borsellino, con cui si impegnò nella lotta incessante contro la magia, fu uno dei primi a identificare Cosa Nostra come una vera e propria organizzazione criminale in un periodo in cui l’omertà la faceva da padrone.

Quello messo in atto dal magistrato palermitano fu un lavoro di indagine svolto su più livelli e realizzato in collaborazione con tutti i membri del pool antimafia che con lui condividevano la necessità di giustizia.

Il traguardo più importante, raggiunto nonostante le difficoltà, è l’inizio del maxi processo del 1986: centinaia di omicidi, traffico di droga internazionale, estorsione e associazione mafiosa sono alcuni dei reati imputati alle 475 persone chiamate alla sbarra, tra boss mafiosi e gregari.

Il clima di tensione negli anni successivi alle condanne è destinato a crescere, Falcone è circondato da nemici, mafiosi e istituzionali. Contro di lui inizia una campagna diffamatoria e viene accusato di aver fatto rientrare in Italia il mafioso Salvatore Contorno.

Nel 1991 decide di accettare il ruolo di Direttore degli Affari Penali al Ministero e approfitta della proposta di Martelli per allontanarsi da Palermo, dove le inimicizie erano troppe e il clima era diventato ostile, tanto da isolarlo professionalmente.

Nella stessa settimana della ricorrenza del suo compleanno si celebra la commemorazione della morte e la sconfitta dello stato di diritto in cui Falcone, e molte altre figure di spicco siciliane, aveva creduto. È il 23 maggio del 1992 quando Falcone insieme alla moglie Francesca rientrano a Palermo. Dall’aeroporto il magistrato, puntualmente seguito dalla sua scorta, si dirige verso la città. La loro corsa si arresta poco distante dallo svincolo di Capaci.

Giovanni Falcone viene fatto esplodere insieme alla moglie e agli uomini della scorta, rimanendo vittima di un vero e proprio attentato dinamitardo. Cinque quintali di tritolo squarciano l’asfalto creando una voragine sull’autostrada. Una condanna a morte programmata da tempo, ma che Totò Riina decise di anticipare con molta fretta.

In Sicilia e in Italia del magistrato resta molto, ma soprattutto ciò che permane è l’orgoglio e la necessità di denunciare e fermare la mafia che da anni comincia a macchiare la reputazione di uno Stato.

Immagine di repertorio