Le storie, gli aneddoti e il modello “The Last Dance”: l’intrattenimento sportivo ai tempi del Covid

Le storie, gli aneddoti e il modello “The Last Dance”: l’intrattenimento sportivo ai tempi del Covid

L’emergenza Coronavirus ha rappresentato e sta continuando a caratterizzare un periodo di stallo un po’ per ogni ambito di vita possibile e immaginabile. Dall’economia ai rapporti sociali, dalla scuola all’università, dalle industrie alle piccole imprese, tutti hanno dovuto o stanno continuando a pagare il prezzo della pandemia. Un altro ambito che ha subito una forte ridimensionata di fronte almostriciattoloCovid-19 è sicuramente il settore sportivo.

Dalla piccola palestra fino ad arrivare al centro sportivo più ambito, dalla società di periferia alla squadra di Serie A, dal calcio al tennis, tutte le attività, i campionati e i tornei hanno subito un blocco totale. Un blocco che ha causato gravi conseguenze economiche, non tanto agli sportivi più pagati, quanto alle piccole realtà sportive, agli addetti ai lavori che stanno dietro a tutto ciò che ci viene proposto in TV.

Un altro danno causato dal blocco dello sport è stato sicuramente quello emotivo per tutti gli altri cittadini che sono stati rinchiusi in casa dal lockdown. D’altronde, una domenica di Serie A a seguire la propria squadra del cuore avrebbe sicuramente fatto bene al morale di chiunque, per fare un esempio. Giustamente, l’evoluzione della pandemia Coronavirus ha portato alla sospensione totale anche dei campionati più ambiti al mondo (se non poche eccezioni, ma perlopiù sconosciute). Adesso però, una volta entrati nella fase 2 dell’emergenza, un po’ tutti nel mondo si chiedono, “è giusto ritornare a giocare?“. In particolar modo tra chi è favorevole al ritorno in campo, si fa leva principalmente sul sopracitatodanno emotivo” per coloro i quali sono ancora rinchiusi a casa.

Le opinioni sono però discordanti, se si pensa soprattutto al mondo del calcio. In Francia (non con poche polemiche) si è deciso di concludere il campionato della Ligue 1, consegnando il titolo al PSG e confermando tutti i verdetti che la classifica recitava al termine dell’ultima giornata pre-lockdown; in Germania la Bundesliga ripartirà invece dal 16 maggio. In Italia, invece, si è nel caos più totale. La decisione di riprendere o meno il campionato è continuamente “rimandata a data da destinarsi“. Insomma, la ripresa dello sport, seppur non prioritaria, rimane una grande incognita un po’ dappertutto.

Ipotizzando, dunque, una fine anticipata di ogni campionato del mondo, come si può intrattenere la gente, parlando sempre di sport? La risposta a questa domanda arriva direttamente dagli USA, dove la docu-serie su Michael Jordan e i BullsThe Last Dance“, in onda sulla piattaforma streaming Netflix dal 19 aprile scorso, sta riuscendo in qualche modo a sopperire la mancanza della NBA per gli appassionati e non solo. Al momento risulta essere il documentario più visto al mondo. Ma qual è il segreto? Se lo chiedono in tanti, anche perché, bene o male, la storia di quei Chicago Bulls e di Jordan (il giocatore di basket più forte della storia e uno tra gli sportivi più influenti e popolari di tutto il mondo) la conoscono un po’ tutti. Il segreto del suo successo può risiedere in due fattori: il primo è l’utilizzo dello streaming e della piattaforma Netflix, ormai diventata una garanzia nell’ambito streaming; il secondo è che parlare di un “documentario su Michael Jordanè alquanto riduttivo.

La storia di Jordan e del successo dei suoi Bulls è solo la punta dell’iceberg di un mondo molto più profondo e complesso che gira intorno alla serie. Un mondo fatto di emozioni, romanticismo, analisi psicologica dei personaggi che hanno composto quella storica franchigia, l’ossessione di Jordan nell’essere il migliore, che lo ha reso il migliore di tutti, ma anche aneddoti. In particolar modo quest’ultimi sono diventati un mantra nei canali web ai tempi del Covid.

Gli sportivi più famosi del mondo infatti (e non solo “colossi” del mondo dello sport), per allietare la quarantena ai propri fan, “ci hanno messo la faccia” in diverse dirette sui social. Dirette in cui tra di loro hanno parlato del più e del meno, hanno scherzato, ma soprattutto hanno offerto ai propri seguaci aneddoti (divertenti e non) e curiosità riguardo il loro mondo, la loro carriera, le loro esperienze. Un mix di racconti che già ha riscontrato successo nel semplice format della diretta Instagram, ma che se venisse “trattato” in modo più approfondito e professionale alla “The Last Dance“, potrebbe riscuotere un successo maggiore e potrebbe riempire quel vuoto lasciato eventualmente dal blocco degli eventi sportivi più importanti.

Basti pensare, rimanendo nell’ambito Basket, alla pagina dedicataLa Giornata Tipo“, che ha organizzato una serie di dirette Instagram con i giocatori italiani attualmente in NBA e che hanno comunque in passato calcato i parquet americani, con l’ex cestista e nazionale italiano Matteo Soragna nel ruolo di intervistatore. Oppure, tornando nel mondo del calcio, Bobo Vieri, che ha “riempito” Instagram di dirette fatte assieme a vecchie glorie del calcio italiano.

Questi e molti altri sono tutti esempi di semplici interviste o “dirette tra amici”, nelle quali l’aneddoto e la curiosità sono il punto focale. Basta questo per intrattenere il pubblico, basterebbe aggiungere una produzione professionale per creare tanti progetti, anche più piccoli di “The Last Dance”, per permettere all’industria sportiva di andare, in qualche modo, avanti e promuovere la cultura dello sport a un pubblico maggiore, partendo dalle storie, raccontando aneddoti e risaltando i più grandi esempi di uomini sportivi dei nostri tempi e del passato. In questa maniera si potrebbe sopperire a un’eventuale mancanza di sport nell’anno del Coronavirus.

Immagine di repertorio