Scelte coraggiose ai tempi del Covid-19: la vita di uno studente in Erasmus lontano da casa

Scelte coraggiose ai tempi del Covid-19: la vita di uno studente in Erasmus lontano da casa

CATANIA – Se da un lato l’emergenza Coronavirus ha messo in crisi un po’ tutti i settori, chi più chi meno, è anche vero che dall’altro lato può essere considerata come una “messa alla prova”.

Diverse sono le storie di coraggio e di speranza ascoltate in questo periodo di quarantena, dove tutto appare monotono e scontato quando, in realtà, non è così.

Su questo fronte, di certo, merita un focus la “questione viaggi”. Ci sono persone che, in un momento così delicato dove un supporto sarebbe necessario, si trovano lontane dalla propria abitazione e dagli affetti più cari.

Che sia per lavoro, per studio o per qualsiasi altra motivazione, non importa. Ciò che conta è mostrarsi in grado di saper fronteggiare la situazione attuale, da soli.

A tal proposito, molti giovani italiani stanno trascorrendo questa fase di vita, particolare per tutti, in altre nazioni. Il tutto richiede adattamento, non solo alle condizioni attuali, ma anche a diversi stili di vita, clima, culture e tradizioni.

Nello specifico, molti ragazzi approfittano di tale opportunità tramite il noto programma di mobilità studentesca Erasmus (EuRopean Community Action Scheme for the Mobility of University Students).

Una testimonianza ai microfoni di NewSicilia.it arriva direttamente dalla Romania. Abbiamo sentito Piero Noce, rappresentante di Scienze e lingue per la comunicazione, del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania.

Com’è nata la decisione di partire?

“La decisione di intraprendere questa avventura, così come per me, penso anche per molti altri, parte quasi sempre dal passaparola, dal feedback di chi ha già provato questa fantastica esperienza e sentendo che nessuno se n’è mai lamentato, a quale avventuriero non viene voglia di provare? Certo, non tutti cercano un’esperienza di piena indipendenza, lontani da amici e famiglia, in un paese dove la lingua non è la tua e magari non la padroneggi bene. Sono due le scuole di pensiero: chi è spaventato e chi si lancia. Personalmente ho pensato all’Erasmus durante il mio ultimo anno di università perché, più che spaventato dall’esperienza, ero spaventato dalle spese che questo progetto avrebbe richiesto. Ho voluto comunque provare sapendo di poter rifiutare la proposta una volta uscite le graduatorie e, una volta usciti i risultati, con sorpresa, ma con molta esitazione, ho pensato al da farsi. Grazie ai contributi erogati dall’Università di Catania non ho avuto dubbi sull’accettare la mia mobilità in Romania, rinomata per essere particolarmente economica”.

Quando sei partito ti saresti aspettato che il mondo cambiasse per via di una pandemia?

“Ho lasciato l’Italia il 18 febbraio, esattamente a 3 giorni dal primo caso di Coronavirus nel grande stivale. Sono felice di essere involontariamente scappato via da quella, che poi, si è trasformata pian piano nella tragedia di questi giorni. Vedevo ancora tutto sotto un’ottica positiva e tranquilla. Non mi sarei mai aspettato che, in circa un mese, il mondo ci regalasse un biglietto a tempo indeterminato da spendere nelle nostre quattro mura”.

Qual è il clima nel posto in cui attualmente ti trovi?

“Sono a Suceava, una contea a nord-est della Romania. La città è molto piccola e, nonostante questo, il principale focolaio della Romania è proprio qui. Il governo rumeno si è mosso molto velocemente quando i primi infetti sono stati rilevati a Bucarest riuscendo, un minimo, a contenere il contagio. A oggi ci sono circa 11.000 infetti in tutta la nazione. Il reale problema è che la sanità rumena è alquanto ‘povera’ e si è ritrovata impreparata a questa pandemia, con parecchi medici infetti negli ospedali. Quest’ultimo, un luogo che dovrebbe salvarti la vita, è diventato il principale nemico da evitare. La quarantena qui è molto simile a quella italiana poiché quasi tutto è chiuso, solo farmacie e supermercati aperti, autocertificazione per uscire, distanza di sicurezza obbligatoria e code al supermercato. Per strada si vede ancora qualcuno senza guanti e mascherina, ma la maggior parte degli abitanti sembra aver capito che le protezioni non sono più facoltative”.

Come stai vivendo la pandemia lontano da casa tua?

“Sto cercando di vivere comunque la mia esperienza al limite del possibile. Fortunatamente sono in uno splendido dormitorio con i ragazzi dell’Erasmus di altre nazioni, quindi non sto soffrendo il distanziamento sociale così come lo stanno facendo gli italiani. Posso sempre parlare e confrontarmi con le diverse culture e fare pratica ogni giorno con l’inglese. Abbiamo una piccola palestra, la lavanderia, un giardino fuori, la cucina e tutto il necessario per stare dentro questa piccola grande “casa”. Peraltro i supermercati sono molto vicini. L’università ci ha fornito mascherine, guanti e disinfettanti, presenti anche in ogni stanza e in ogni piano. L’essere lontano da casa non mi fa stare male, so che dovrò tornare e questo mi rattrista principalmente. Mi godo il periodo di indipendenza e lo sfrutto per fare pratica in cucina e far assaggiare le delizie italiane”.

Quali soluzioni si stanno adottando lì per prevenire i contagi?

“Le norme per prevenire il contagio sono simili a quelle italiane, se non le stesse. Distanza e protezioni, i ristoranti lavorano solo da asporto, si spera, rispettando le norme di igiene e sicurezza. Le strade vengono disinfettate con degli appositi camion, la polizia controlla la presenza di irregolari assembramenti e ha già multato centinaia di persone che non hanno rispettato la quarantena o si sono riunite irresponsabilmente”.

La pandemia ha intaccato il tuo percorso?

“Il mio percorso di studi è rimasto lo stesso poiché in molte materie, essendo in rumeno, non mi è stata richiesta la frequenza, ma mi sono stati assegnati dei progetti da poter completare a casa. L’università si è comunque spostata nella modalità online con le videolezioni su Google Classroom. L’unico problema potrebbe essere la burocrazia di fine mobilità che verrà rallentata non potendo consegnare i documenti personalmente. Per il resto, la pandemia non mi ha permesso chiaramente di visitare questa splendida nazione grazie alla carta dello studente universitaria, che mi avrebbe permesso di utilizzare i treni gratis”.

Ci sono state delle conseguenze dal punto di vista economico e psicologico?

“Nessuna conseguenza negativa in termini economici. Anche prima della quarantena il costo di vita in Romania l’ho trovato estremamente conveniente, sia al supermercato al momento del conto totale, sia in città. Non potendo spendere nemmeno quei pochi Lei rumeni in giro per la città, il mio portafoglio non può che esserne contento, io un po’ meno. Dal punto di vista psicologico, mi sento abbastanza stabile e positivo, deluso da tutto ciò che non ho potuto vedere e fare, ma utilizzerò il tempo a casa per completare tutti i miei progetti e sperare che le nuove normative saranno più permissive, così da saziare la mia fame di scoperta”.

Saresti già dovuto rientrare se non fosse per la quarantena e per i voli cancellati?

“L’Università di Catania ci ha dato la possibilità di continuare, sospendere o concludere la mobilità, permettendo il proseguimento degli studi e dei progetti Erasmus anche da casa in Italia. Sono stati organizzati dei voli speciali per permettere agli studenti di rimpatriare. Io ho deciso comunque di rimanere, essendo senza dubbio meno a rischio qui. Meno psicologicamente oppresso dalle condizioni attuali”.

Quale sarà la soluzione se non dovessi rientrare quando previsto?

“In caso di ritardi per tornare a casa, sono fiducioso nel sistema universitario di Catania o di Suceava che troverà una soluzione. Che siano dei contributi o la possibilità di prolungare la permanenza nel dormitorio. L’Università di Catania non ha garantito erogazione di ulteriori fondi. In ogni caso so che non mi farò prendere dal panico e ragionerò sulla scelta migliore da prendere”.

Cosa ti manca di Catania e cosa ti mancherà della Romania quando tornerai a casa?

“Di Catania mi mancano sicuramente i profumi, le cipolline, la granita, una pizza come si deve, i soliti luoghi di ritrovo e di svago con gli amici e la famiglia ovviamente. C’è da dire però che grazie al mio coinquilino di Paternò posso ancora sfoggiare tutti i francesismi siciliani. Della Romania ho visto ben poco, non essendomi potuto muovere al di fuori della città, ma posso dire con certezza che il costo della vita mi mancherà più di ogni altra cosa. Aggiungerei poi la neve alta e i semafori col timer che a Catania servirebbero e non poco!”.

Hai un messaggio in particolare che vorresti lanciare?

“Vorrei incoraggiare i ragazzi a non aver paura di fare quest’esperienza e a non rifiutare le mete, anche se possono sembrare sconosciute. Ogni angolo del mondo riserva delle sorprese diverse e uniche, basta saperle cogliere e viverle. La vita è una sola e per certe esperienze i treni sono limitatissimi, quindi saltateci sopra prima che sia troppo tardi. Non ve ne pentirete”.

Foto di Piero Noce