Coronavirus, violenza domestica e violenza assistita: cosa c’è da sapere

Coronavirus, violenza domestica e violenza assistita: cosa c’è da sapere

Le restrizioni in corso dovute all’emergenza Coronavirus stanno diventando un incubo per le vittime di violenza domestica e di genere. Non solo perché la vittima è costretta a trascorrere più tempo con il suo aguzzino, con il rischio di subire ulteriori soprusi e maltrattamenti, ma anche perché è più controllata e, quindi, ha meno possibilità di chiedere aiuto.

Secondo le statistiche, infatti, se dal primo gennaio al 15 marzo di quest’anno sono state 6.283 le donne che hanno chiamato il 1522, il numero antiviolenza e stalking, le richieste d’aiuto sono notevolmente diminuite negli ultimi venti giorni.

Cosa fare allora?

Il centro D.i.Re Donne in Rete Contro la Violenza invita le donne vittime di maltrattamenti a chiamare il centro antiviolenza più vicino durante le uscite consentite, ad esempio quando si va al supermercato o in farmacia. I numeri si trovano sul sito.

Il sito raccomanda inoltre di cancellare la cronologia delle chiamate prima di ritornare a casa. I centri antiviolenza restano attivi su tutto il territorio 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. La vittima riceverà informazioni utili e potrà richiedere gratuitamente assistenza legale, sostegno psicologico e ospitalità.

  • Il numero nazionale antiviolenza donna 1522

È attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno ed accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Le operatrici telefoniche forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale come, appunto, i centri antiviolenza.

  • In caso di pericolo immediato

Rivolgersi alle Forze dell’Ordine o al Pronto Intervento (carabinieri – 112, Polizia di Stato – 113, Emergenza sanitaria – 118). Nel caso in cui non si riesca a farlo personalmente, si può chiedere a qualcuno di chiamarle al proprio posto. Se c’è la possibilità, in caso di pericolo è bene scappare e portare con sé i propri figli e figlie e aspettare l’arrivo delle Forze dell’Ordine.

  • L’app contro gli stalker

Le vittime di stalking possono anche utilizzare un’applicazione: Mytutela. Si tratta di un’app creata da una startup e gratuita per tutto il periodo della quarantena. Basta scaricare l’app ed inserire il numero del molestatore. Da quel momento ogni telefonata o messaggio vengono automaticamente messi da parte e archiviati, ordinati da un punto di vista cronologico, in modo da definire il percorso dello stalker.

  • L’appello della Cgil

Sul punto è intervenuta la Cgil nazionale, commentando la decisione del procuratore di Trento, Sandro Raimondi, che stabilisce che in caso di violenza domestica non saranno più le donne e i bambini a dovere lasciare la casa, ma verranno trasferiti i maltrattanti. “Approccio che va esteso a tutto il territorio nazionale – ha commentato il sindacato – non solo per non esporre i più deboli al rischio Covid-19, ma anche per non aggiungere violenza alla violenza. La costrizione dentro casa a causa del Coronavirus è difficile per tutti, ma diventa un vero incubo per le donne vittime di violenza di genere. Anche una semplice chiamata al centro antiviolenza, con il terrore di essere ascoltate, la paura di dover abbandonare la propria casa in questo periodo complicato rischia di essere un deterrente ulteriore alla denuncia della propria condizione, proprio in una fase in cui la convivenza forzata aumenta le dinamiche della violenza e in cui i figli sono costretti ad assistere alle aggressioni”.

Immagine di repertorio