Emergenza Coronavirus nel polo industriale siracusano: sistema produttivo e salute lavoratori al primo posto

Emergenza Coronavirus nel polo industriale siracusano: sistema produttivo e salute lavoratori al primo posto

SIRACUSA – La tanto famigerata emergenza per il Coronavirus di queste settimane si sta facendo sentire anche per i lavoratori del polo petrolchimico siracusano. Una grana di non poco conto per un territorio che ogni anno combatte contro i problemi relativi all’inquinamento ambientale, data anche la presenza nella zona di diversi siti di interesse naturalistico.

Nelle ultime settimane la situazione di allarme si è fatta sentire parecchio nei centri dell’area e la preoccupazione riguardo al proseguimento delle attività all’interno degli stabilimenti è stata notevole. Il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona, ha sottolineato come il lavoro nelle industrie non si potesse fermare, in quanto il polo aretuseo garantisce la produzione di circa il 38 % dei prodotti petroliferi nel nostro paese.

Nei giorni scorsi il sindaco di Priolo Gargallo (SR), Pippo Gianni, ha trasmesso un documento nel quale veniva indicata una serie di azioni per chi opera negli stabilimenti. Tra esse l’utilizzo del lavoro agile, la sanificazione dei luoghi di lavoro e la protezione individuale per ogni dipendente con gli appositi presidi.

Il segretario generale della Femca Cisl Siracusa Ragusa, Carmelo Pittò, spiega come le direttive del primo cittadino di Priolo Gargallo siano fondamentali affinché si superi il prima possibile questa emergenza, anche con il supporto di alcuni particolari sistemi. Il rispetto del decreto è fondamentale anche per scongiurare un eventuale blocco delle attività.

“I sindaci devono avere interlocuzioni – afferma Pittò –, per la tutela della loro comunità. Questo è un momento in cui non c’è una controparte e noi come sindacato siamo un punto di riferimento dei lavoratori. Insieme con le aziende dobbiamo fare in modo che questa apprensione non diventi disperazione stando attenti alla gestione. Tutte le strategie messe in campo dallo Stato sono restrittive, ma si devono rispettare. Ci sono anche dei rilevatori all’ingresso degli stabilimenti, i telelaser, che servono al monitoraggio per vedere se la temperatura corporea dei lavoratori è oltre ai 37 gradi e mezzo. Poi scatta anche la verifica per vedere se sono davvero contagiati. Ci vuole anche il senso civico delle persone perché altrimenti si rendono vane le direttive ministeriali. Dobbiamo considerare che i prodotti energetici sono fondamentali per il nostro Paese e sono importanti per la salute della gente, che è al primo posto. Non si deve compromettere il sistema produttivo del Paese e dobbiamo intercettare la ripresa economica. Non si devono trascurare i cicli produttivi, ma c’è una problematica che riguarda l’approvvigionamento dei mezzi per la sanificazione, anche a causa della chiusura delle importazioni. Per questo motivo i laboratori chimici stanno producendo le sostanze per ovviare a questa mancanza”.

La situazione di emergenza non è vissuta nel migliore dei modi da chi lavora nelle industrie. Al momento, però, non si registrano casi di contagio.

“C’è sicuramente apprensione – conclude Pittò –. Mi sono giunte notizie da alcune aziende, nelle quali le persone hanno abbandonato il posto di lavoro disordinatamente per la paura che c’è del contagio. Ma per ora non ci sono notizie di dipendenti contagiati nella zona industriale. Alcune persone si sono messe in quarantena avvisando le aziende perché altre persone di loro conoscenza sono state a contatto con altre persone ancora contagiate”.

Immagine di repertorio