Giornata internazionale della felicità: si tratta solo di uno stato d’animo o c’è dell’altro?

Giornata internazionale della felicità: si tratta solo di uno stato d’animo o c’è dell’altro?

Il 20 marzo, data che segna l’equinozio di primavera, in tutto il mondo viene celebrata la Giornata internazionale della felicità, istituita dall’ONU nel 2012. In quella sede, infatti, l’Assemblea Generale è arrivata a questa conclusione partendo dalla consapevolezza che la ricerca della felicità è insita in ogni essere vivente, trattandosi di uno “scopo fondamentale dell’umanità“, quasi il fine ultimo della nostra esistenza.

Lo Stato più felice al mondo, secondo un rapporto recente, pare essere la Finlandia, a seguire troviamo Norvegia, Danimarca, Islanda, Svizzera, Olanda, Canada… e solo al 47esimo posto l’Italia. Chiude la classifica, invece, il Burundi. Ma in base a cosa viene calcolato questo primato? Innanzitutto, si considera il Pil pro capite, la speranza di vita, la libertà, la generosità e tanti altri fattori.

Al di là di ogni considerazione, sappiamo bene che la felicità è un concetto soggettivo, che può assumere varie vesti e connotazioni. C’è chi la identifica nella nascita di un figlio, chi nella realizzazione di un obiettivo, chi semplicemente nel godere delle piccole cose e gioie quotidiane… Tante sfaccettature per un unico termine, ma tutti si mettono “alla ricerca“, ininterrottamente, di ciò che più ci appaga e che ci rende “completi“.

Scendiamo più a fondo. Vale la pena chiedersi allora se la felicità sia solo uno stato d’animo oppure se ci sia dell’altro. Scientificamente, cosa avviene nel nostro organismo? Si tratta di un vero e proprio processo biochimico che parte dai neurotrasmettitori che si occupano di dare segnali da una cellula all’altra e che sono i responsabili del nostro umore. Contribuiscono al nostro benessere anche i cosiddetti “ormoni della felicità“, che mixati tra loro ci permettono di dire: “Sono felice“. Vediamo meglio nel dettaglio quali sono i principali.

Innanzitutto, abbiamo la serotonina, l’ormone della distensione e dell’autostima, che rafforza il senso di appartenenza e regola anche l’umore, il sonno, la memoria e l’apprendimento. Correlato a ciò vi è la melatonina, l’ormone del riposo, e tutti sanno che dormendo di più e correttamente si favorisce l’ottimismo e la vitalità e, di conseguenza, si è più felici.

Per ottenere quello stato di benessere, occorre preliminarmente eliminare tutto ciò che ci provoca tensione, stress e ansia. A questo viene in auto l’ossitocina, l’ormone della tranquillità, che aumenta la fiducia e l’empatia verso il prossimo, favorisce i legami tra le persone, anche quelli di natura sessuale. Si aggiunge a tutto ciò anche l’acido gamma-aminobutirrico che induce calma, serenità e benessere interiore regolando l’eccitabilità cerebrale.

Ancora, senza ombra di dubbio i più conosciuti sono la feniletilammina e l’endorfina, che vengono rilasciati nei momenti di gioia, euforia e donano all’organismo sensazioni positive come entusiasmo, trepidazione, eccitazione. Una sorta di “antidepressivi naturali” che riescono a darci piacere oltre alla giusta dose di benessere.

Capiamo bene, dunque, che c’è una stretta correlazione tra felicità e salute, tra corpo e mente. È stato dimostrato, infatti, che un corretto esercizio fisico, praticato quotidianamente, abbinato a uno stile di vita “sano“, ci permette di raggiungere lo stato di appagamento. Cosa intendiamo con questa affermazione? Innanzitutto, ci si riferisce alla regolarizzazione dei cicli sonno-veglia, in modo tale da essere maggiormente produttivi e di raggiungere piccoli traguardi quotidiani che ci daranno quella carica in più. Un soggetto stanco, che sente su di sé il peso del lavoro, dello studio o dei problemi, è meno concentrato, disattento e, di conseguenza, meno felice. A dare quel quid in più, a far “scattare la molla” verso la felicità è anche la risata, che ha un potere quasi inesauribile. Per sorridere si mettono in circolo meno muscoli rispetto a quelli che si attivano quando piangiamo o siamo arrabbiati. È il momento, dunque, di fare economia!

Immagine di repertorio

Ma quello che ci domandiamo forse più spesso è: “Come essere felici?” C’è una “ricetta“? In realtà, non esiste una vera e propria formula magica che ci rende, d’improvviso, realizzati. Bisogna scavare dentro di sé alla ricerca della propria “chiave” che apre quella porta chiamata felicità. In un’ottica personale, ma non per questo poco veritiera, vi forniamo la nostra che può essere uno spunto valido da cui partire:

  1. Provare amore incondizionato per tutto ciò che abbiamo e che ci circonda;
  2. Far scivolare via i problemi che ci affollano la mente inutilmente. In fondo, “Se c’è una soluzione, perché preoccuparsi e se non c’è una soluzione perché preoccuparsi?“;
  3. Utilizzare un pizzico di ironia, per non prendersi mai sul serio e accettare il prossimo con più facilità;
  4. Coltivare le proprie passioni, per evitare di annoiarsi facilmente e rendere tutto monotono;
  5. Imparare dai propri errori, in chiave autocritica;
  6. Staccare un po’ la spina, prendendo i nostri dovuti spazi di relax;
  7. Non dimenticare di essere pazienti, sognatori e creativi nel raggiungimento dei propri traguardi, ma sempre con i piedi per terra. Teniamo a mente questo motto: “Senza fretta, ma senza sosta“.

Esiste, però, una vera e propria “palestra” quotidiana che si può fare per allenare il cervello a costruire la propria idea di felicità. Lo stesso Dalai Lama, ne “L’arte della felicità” ha detto che è necessario “addestrare la mente“, pur non essendo un meccanismo facile: “Non intendo solo le capacità cognitive o l’intelletto, ma assegno al termine il significato della parola tibetana ‘sem’, che è assai più ampio, più simile a psiche o spirito e include, sentimento e intelletto, cuore e cervello. Adottando una certa disciplina interiore, possiamo mutare il nostro atteggiamento, la nostra intera visione del mondo e il nostro approccio alla vita. Tale disciplina inizia con l’identificare i fattori che conducono alla felicità e quelli che conducono alla sofferenza. Fatto questo bisogna cominciare a eliminare a poco a poco i secondi e coltivare i primi. Questo è il sistema“.

Emblematico e conclusivo il discorso che fece Roberto Benigni nel 2014 sulla felicità. È bene fermarsi un attimo e riflettere che bisogna cercare tutti i giorni, continuamente, il “nostro angolo di felicità“, dato che “l’hanno data a tutti noi in dono quando eravamo piccoli, ma era un regalo così bello che l’abbiamo nascosto talmente bene che molti non si ricordano dove l’hanno messo“. L’invito, allora, è quello di compiere un viaggio introspettivo, guardando “in tutti i ripostigli, gli scaffali e gli scomparti dell’anima, i cassetti e i comodini che abbiamo dentro“. Perché c’è, è sempre stata lì, “dobbiamo pensarci sempre alla felicità” e se per un istante ci sentiamo sconfortati, lontani da quell’idea che c’eravamo prefissati, continuiamo a lottare “e anche se la felicità qualche volta si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei. Fino all’ultimo giorno della nostra vita“.

Potrebbe essere questa, dunque, la motivazione in più che molti cercano nei momenti peggiori e, perché no, proprio la Giornata internazionale della felicità può essere uno spunto per migliorare e tentare di essere positivi. La felicità, tra le altre cose, è contagiosa: possiamo scegliere questa via anche per rallegrare un parente, un amico o anche uno sconosciuto… di riflesso, come uno specchio, staremo meglio anche noi.