Festa del Papà nella tradizione Catanese: la ricetta ESCLUSIVA delle “Crispelle di riso” e il significato della ricorrenza

Festa del Papà nella tradizione Catanese: la ricetta ESCLUSIVA delle “Crispelle di riso” e il significato della ricorrenza

CATANIA –Papà“. In una sola parola è racchiuso tutto il senso della vita familiare: unione, rispetto delle regole, caposaldo della famiglia che, con la sua forza, protegge ogni membro e offre una spalla di conforto nei momenti peggiori. Per questo e tanti altri motivi, è giusto – e doveroso – dedicargli un’intera giornata di festa. Nello specifico, proprio il 19 marzo, in Italia e in altri paesi come Spagna e Portogallo, si celebra San Giuseppe che, nella tradizione cristiana, è il padre di Gesù nonché simbolo per eccellenza della figura paterna.

Fu proprio Papa Sisto IV a indire la festa iscrivendola nel calendario romano e, successivamente, nel 1871, San Giuseppe fu proclamato protettore dei padri e patrono della chiesa. L’idea di fondo e l’importanza che un papà ha nelle nostre vite, quindi, è comune a tutti i Paesi, ma cambia la data della ricorrenza: il “Daddy’s Day” negli USA corrisponde alla terza domenica di giugno, così come in Cina, Giappone e Regno Unito, mentre in Russia cade il 23 febbraio nel “Giorno dei difensori della patria” e in Norvegia, Finlandia e Svezia, invece, la seconda domenica di novembre.

In particolare, si dice che proprio il 19 giugno 1910 Sonora Smart Dodd, originaria dello stato di Washington, organizzò una festa nel giorno del compleanno di suo papà, che era un veterano della Guerra di Secessione e che aveva cresciuto ben 6 figli da solo dopo la morte della moglie. Da questo episodio iniziò una lunga tradizione che culminò nel 1966 quando il presidente Lyndon Johnson istituì la festa nazionale.

In Italia, esattamente per San Giuseppe, la religione si mixa con la tradizione e su tutte le tavole, in questa giornata, non possono mancare le famose “zeppole“. A cosa è collegato? Il tutto richiama la fuga in Egitto durante la quale, secondo una leggenda, proprio Giuseppe dovette vendere “frittelle” per dare un sussidio economico alla famiglia.

La ricetta varia da regione a regione, ma restano comunque il piatto tipico della festa. A Catania si chiamano “Zeppole di San Giuseppe” o “Crispelle di riso” o “Benedettine“, dato che a realizzare questo dolce per la prima volta pare siano state le monache benedettine del monastero del capoluogo etneo.

L’ingrediente principale, come è facile intuire, è il riso che viene fritto in una pastella che assume la forma di un bastoncino, aromatizzato con buccia d’arancia, e interamente immersa nel miele che funge anche da accompagnamento. Infine, le crispelle vengono spolverizzate con zucchero a velo una volta pronte.

Ecco la RICETTA originale ed ESCLUSIVA, gentilmente offerta alla nostra redazione da Carmelo Viglianisi, titolare della “Casa delle crispelle” di via Plebiscito – angolo via Vittorio Emanuele a Catania, che da anni è un punto fermo per tutti i catanesi e non solo che vogliono gustare a pieno il sapore della tradizione:

INGREDIENTI

  • un kg di riso;
  • 400 ml di acqua;
  • 400 ml di latte;
  • 200 gr di buccia d’arancia grattugiata;
  • 30 gr di sale;
  • 15 gr di cannella;
  • 15 gr di vanillina;
  • 30 gr di lievito di birra;
  • 350 gr di di farina (di semola o 00);
  • Olio per friggere q.b.;
  • Miele q.b.;
  • Zucchero a velo q.b.

PROCEDIMENTO

  1. Mettete sia l’acqua che il latte in ebollizione, aggiungete il sale e la buccia d’arancia;
  2. Aggiungete il riso e fate cuocere a fuoco lento;
  3. Quando è pronto, versate il riso su un tavolo e lasciate raffreddare;
  4. Una volta freddo, aggiungete la cannella, la vanillina, il lievito di birra e, infine, la farina;
  5. Amalgamate il tutto e aggiungete acqua quanto basta;
  6. Fate riposare l’impasto per circa mezz’ora;
  7. Ricavate dei bastoncini e immergeteli in olio bollente;
  8. Completate la cottura fino a doratura da ambo i lati;
  9. Sciogliete il miele a bagnomaria e, quando è caldo, mettetelo sopra le crispelle;
  10. Cospargete con zucchero a velo.

Ma non è tutto: San Giuseppe è anche la Festa del Papà ed è un momento in cui la famiglia si riunisce e i figli onorano l’uomo più importante della loro vita. Non a caso, nelle scuole, si preparano anche dei lavoretti fatti a mano o si studiano delle poesie da recitare proprio ai papà, una volta tornati a casa. Anche i più grandi, generalmente, regalano un piccolo dono a colui che è considerato il pilastro della famiglia.

Un papà, infatti, non è mai “solo un papà, ma è anche un bambino che sa divertirsi con poco, un uomo che, pur mostrandosi forte e sicuro di sé, ha le sue fragilità, è colui che ha pianto di gioia quando è nato un figlio, è colui che rimprovera ma che coccola e consola e che, qualsiasi cosa succeda, pretenderà sempre il meglio che la vita possa offrire ai suoi figli.

C’è da considerare che dare tutto ciò che serve ad un figlio non è per nulla semplice, è vero il detto che dice: “Ogni uomo può essere un padre, ma ci vuole una persona speciale per essere papà” e proprio qui sta la differenza. Ancora, Fedor Dostoevskji scriveva a tal proposito: “Chi genera non è ancora padre, un padre è chi genera e chi lo merita”. I figli, dal canto loro, capiscono perfettamente da dove proviene il bene e il legame che si instaura con il proprio padre va ben oltre quello che si può intravedere.

Ecco che il papà, babbo se vogliamo essere più confidenziali, quando riesce nella sua “impresa” diventa un vero e proprio “supereroe”, la “colonna sonora” della vita dei figli. Calza a pennello la frase di Markus Zusak: “A volte penso che mio padre sia una fisarmonica. Quando lui mi guarda e sorride e respira, sento le note”. Si spiega così la magia che si crea tra padre e figlio quando in casa regna l’armonia: fiducia, complicità, senso di protezione e, dall’altro lato, sicurezza ed esempio di vita.

Per le foto si ringrazia la pagina Facebook “Casa delle crispelle” di Carmelo Viglianisi