L’uomo, la bestia e la virtù e la finta morale borghese

L’uomo, la bestia e la virtù e la finta morale borghese

CATANIA – Dramma e farsa con toni grotteschi in una società borghese fintamente perbenista e ipocrita per salvaguardare la moralità di una moglie agli occhi  di tutti virtuosa, interpretata con bravura da Evelyn Famà, e di un serio professore di lettere classiche, un ottimo Riccardo Maria Tarci protagonista della scena, che appaga l’insoddisfatta consorte del burbero capitano Perella, un superlativo Emanuele Puglia nel ruolo del marito autoritario e inconsapevolmente cornuto, si consumano sul palco del Teatro Brancati per l’allegra messa in scena “L’uomo, la bestia e la virtù” di Luigi Pirandello per la moderna regia di Carlo Ferreri.

Lo spettacolo, in scena fino a domenica 8 marzo, una delle opere pirandelliane più rappresentate con numerose versioni anche cinematografiche, su tutte da ricordare quella diretta da Steno con Totò, in quest’edizione ridotto a due atti e non più tre, evitando così lungaggini inutili e spostando l’azione scenica alla fine degli anni trenta, racconta una storia senza tempo, poiché è lo specchio di un’umanità che fa di tutto per mistificare la realtà e apparire quello che non è nascondendo peccati e colpe. 

La paura di essere crocifissi pubblicamente svelando la realtà dei fatti ovvero la virtuosa moglie non così tanto pura e devota e un tradimento nascosto da una focosa notte d’amore con il legittimo consorte stimolato da un afrodisiaco, facendo così apparire di nuovo la moglie interessante agli occhi del dispotico marito e coprire una gravidanza a sorpresa, sono gli elementi su cui si basa l’interessante secondo atto chiave di lettura di tutta la pièce. 

La bellezza delle scenografie curate da Salvo Manciagli con le luci di Antonio Licciardello e i costumi delle Sorelle Rinaldi insieme ai convincenti Massimo Leggio, nel doppio ruolo del dottore Pulejo e del farmacista, Raffaella Bella, la cameriera, Gianmarco Arcadipane, l’alunno svogliato, Daniele Bruno, nel doppio ruolo dell’alunno caprone e del giovane marinaio, e la piccola Marina Politano, nelle vesti del birbante Nonò, completano uno spettacolo che è un intelligente espressione del trasformismo dell’animo umano, il quale davanti a tutto e a tutti sceglie di salvare apparenze e buon nome per un Pirandello svecchiato dalla sua tradizionale messa in scena.