Giornata internazionale della lingua madre, “genitrice” dell’identità personale e culturale da amare e proteggere

Giornata internazionale della lingua madre, “genitrice” dell’identità personale e culturale da amare e proteggere

Un’occasione per celebrare la bellezza della diversità linguistica e culturale e incentivare alla conoscenza e alla protezione del proprio idioma: è questo il significato della giornata internazionale della lingua madre, istituita dall’Unesco nel 1999, riconosciuta dall’Onu nel 2008 e da allora celebrata il 21 febbraio di ogni anno.

La scelta della data non è casuale: è stata decisa in ricordo della strage di studenti avvenuta in Pakistan il 21 febbraio 1952. Unica colpa delle vittime? Aver protestato per il riconoscimento del bengalese come lingua ufficiale.

Si tratta di uno dei casi (tanti, purtroppo) in cui i conflitti etnico-linguistici hanno portato a eventi sanguinosi. La domanda più comune di fronte a questioni simili è: come può una lingua essere così importante?

La risposta non è immediata, ma è importante sottolineare come la lingua costruisca l’identità di una persona e il suo modo di relazionarsi al mondo: per i sostenitori del relativismo e del determinismo linguistico (come Benjamin Lee Whorf ed Edward Sapir), essa sarebbe perfino in grado di influenzare il pensiero e i comportamenti degli esseri umani.

Cosa debba significare vedere la lingua che si sente come parte di sé non riconosciuta è facile da immaginare, ma difficile da comprendere per i più, tranne per chi non ha il privilegio di utilizzarla liberamente quando e come preferisce.

Oltre ai casi “estremi”, però, è opportuno considerare anche la posizione di coloro che vivono in un contesto in cui esiste sia una lingua nazionale sia un dialetto. Qual è la lingua madre in quel caso, quella che si parla nei contesti ufficiali o quella limitata ai contesti familiari? Per alcuni la risposta potrebbe essere entrambe, mentre per chi è poco esposto al dialetto potrebbe essere invece la lingua nazionale.

Quando la parlata locale viene percepita come culturalmente e territorialmente più vicina, però, talvolta la lingua nazionale è vista quasi come una “forzatura“. Ciò accade piuttosto spesso e può perfino avere conseguenze impreviste: un esempio è il successo delle parlate “popolari” italiane all’estero, a volte di gran lunga superiori in termini di diffusione rispetto alla lingua nazionale.

Emblematico dal punto di vista dei rapporti individuo-lingua è il caso della Sicilia. Anche se oggi parlare italiano, pur lasciandosi magari sfuggire qualche vocabolo in lingua vernacolare di tanto in tanto, è la normalità, tanti (specialmente anziani ed emigrati all’estero) sentono ancora quasi “estranea” la lingua italiana, preferendo più frequentemente le espressioni “colorite” e il ricco vocabolario del dialetto siculo.

Una “predilezione” quella di migliaia di isolani che non è superficiale né frutto di “ignoranza”. Lo dimostra l’attaccamento mostrato dai maggiori scrittori italiani che hanno portato il siciliano nel mondo, ma anche il rinnovato interesse dei giovani per il siciliano, frutto di una storia e di una cultura che rappresentano un unicum di valore inestimabile, da preservare assieme alla lingua italiana, altrettanto singolare per la sua storia e la sua varietà.

La giornata internazionale della lingua madre vale per qualsiasi idioma si senta come proprio. Occasioni come quella del 21 febbraio hanno l’obiettivo di far comprendere l’importanza di rispettare e apprezzare la propria lingua e quella altrui con lo stesso spirito, così come di sensibilizzare a problemi generalmente poco trattati, dalle lingue a rischio di estinzione (alcuni esperti prevedono la scomparsa di circa 3mila lingue e una riduzione drammatica del patrimonio lessicale di molte altre entro il 2100) alle lotte di chi ancora non vede riconosciuto il diritto a esprimere la propria identità linguistica.

Fonte immagine: Pixabay – Tessa Kavanagh