“Contatto fisico non voluto è violenza sessuale” per la Cassazione: cosa ne pensano i Catanesi? – VIDEO

“Contatto fisico non voluto è violenza sessuale” per la Cassazione: cosa ne pensano i Catanesi? – VIDEO

CATANIA – La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha stabilito che tutti i comportamenti tra due soggetti che portano un contatto fisico non voluto per chi li riceve possono rientrare nell’ambito della violenza sessuale, sebbene in forma attenuata.

Si tratta, probabilmente, di una presa di posizione severa, se si considera che si parla “solo” di contatto fisico non voluto, nulla di più. In potenza, quindi, anche un abbraccio che mostra la volontà di non riceverlo – e di non essere gradito – può rientrare in questo ambito.

Un atteggiamento da parte della Cassazione, comunque, che sicuramente non è passato inosservato e che ha fatto discutere a lungo esperti del settore e non solo. Alla luce di questa decisione, infatti, ci siamo chiesti se si trattasse di una sentenza “esagerata” o “giusta”. Abbiamo raccolto un po’ di pareri in giro per Catania, per vedere cosa ne pensano i cittadini su un tema estremamente delicato, ma altrettanto importante ed attuale.

La domanda che abbiamo posto è la seguente: “Si può considerare il semplice contatto fisico non voluto violenza sessuale? Sei d’accordo o no con la sentenza recente della Cassazione che ha detto sì?”.

Il primo fattore da considerare, e che è stato messo in luce da quasi tutti, è la valutazione del contesto in cui i fatti avvengono, per capire se si integrano gli estremi della violenza sessuale o no. È importante analizzare l’intensità del contatto “forzato”, la frequenza dei comportamenti, se rientrano in una situazione già malsana in partenza e tanto altro.

Su questa linea di pensiero, infatti, concordano i nostri intervistati. Nello specifico, l’orafo Davide Zuccaro ritiene assolutamente esagerata questa presa di posizione della Suprema Corte, così come Giancarlo Longo, medico, che sposa la stessa idea del precedente ma definisce la sentenza anche “affrettata”, dato che si dovrebbe attenzionare quello che realmente conta, condotte veramente violente che possono arrecare un danno – anche consistente – a chi le riceve.

C’è anche chi si è mostrato fin da subito perplesso per questo modo di vedere la questione, considerando il tutto un eccesso ingiustificato che potrebbe portare a distorsioni del problema non volute. Di questo parere, infatti, è Cinzia Valenti, farmacista, che ci ha detto: “La sentenza la vedo come un’esagerazione e come ogni esagerazione può comportare dei rischi, soprattutto nel momento in cui si attenzionano dei episodi come questi che possono essere prevenuti semplicemente con un allontanamento o un chiarimento verbale piuttosto che con i carabinieri, polizia o addirittura andando dai giudici o dagli avvocati che dovrebbero preoccuparsi di più a tutelare e proteggere e incoraggiare le donne che realmente subiscono violenza psicologica, stalking, fisica a denunciare in modo da prevenire i casi “veri” di violenza“.

A tal proposito pure Jessica, una studentessa, ci ha mostrato il suo punto di vista: “Potrebbe essere considerata un pretesto per denunciare anche un semplice conoscente che dà fastidio. Inoltre, per arrivare ad un abbraccio, anche non voluto, penso che ci debba essere una conoscenza pregressa che porti a questo livello di confidenza, perché se si hanno altre intenzioni – sicuramente più moleste che rientrano meglio negli estremi della violenza sessuale – si passa direttamente ai fatti, gli atteggiamenti sono diversi dal semplice contatto“.

Un signore, cliente della farmacia dove l’abbiamo intervistato, concorda perfettamente sul punto e aggiunge: “Certe donne, non tutte, vanno cercando questo tipo di approccio per denunciare anche per un niente. In certi casi, invece, è una violenza: ci sono uomini che approfittano della situazione per abusarne“.

Molti intervenuti, inoltre, hanno evidenziato come il rapporto uomo-donna negli anni sia cambiato notevolmente, puntando molto sulla selezione degli atteggiamenti “rilevanti”. Alcuni attribuiscono il “problema” anche ad un’educazione diversa che si sta andando via via impartendo alle nuove generazioni, un approccio differente rispetto al passato.

Questo è quello che ha esposto l’ing. Dario Motta: “Spesso ciò che è una manifestazione d’affetto diventa anche un’esagerazione. Dobbiamo cercare di ridurre questi atteggiamenti a quelli veramente violenti, non esagerare. La violenza sulla donna si esprime anche con parole, forme ineducate, sguardi poco edificanti nei suoi confronti. Un abbraccio, una carezza non rappresentano una forma di violenza“.

Il punto più delicato senza ombra di dubbio è proprio comprendere se, effettivamente, il nudo e crudo contatto fisico non voluto possa essere etichettato e catalogato come “violenza sessuale” (posizione della Cassazione). Andando più a fondo nella questione, dunque, Gloria Grasso, dottoressa in Medicina e Chirurgia, ci ha illustrato la sua posizione: “Non definirei il contatto fisico non voluto come “violenza sessuale”, non capisco in cosa effettivamente si vede l’atto sessuale in questo approccio. Ritengo, però, che si possa parlare di “violenza” laddove abbia generato una lesione sulla “vittima” se, ad esempio, l’abbia trattenuta contro la sua volontà con veemenza, strattonandola e provocando qualche problema quali lividi, ematomi, ecchimosi… o abbia tentato ulteriormente di avvicinarla con atteggiamento provocatorio. La definirei quindi “violenza” e basta, un atteggiamento comunque da punire“.

Un altro aspetto da non sottovalutare è la componente psicologica. La dottoressa, a tal proposito, continua il suo discorso: “Presumo che un atto del genere debba essere valutato non come atto in sé, ma quanto la sensazione di minaccia ricevuta e percepita da chi la subisce. Bisogna valutare molto la componente psicologica e il legame tra i due soggetti perché occorre capire se la vittima è arrivata fino al punto di denunciare per un’azione e un intento di rivalsa oppure c’erano già stati dei precedenti o aveva un buon motivo per sentirsi minacciata e alla prima occasione ha colto l’occasione per denunciarlo. Dipende molto, quindi, dalla dinamica dei fatti“.

In verità, non è affatto una questione semplice ed immediata per la quale si può rispondere o sì o no, favorevoli o contrari. Sicuramente dalla raccolta dei pareri a Catania è emersa l’importanza di denunciare certe condotte riprovevoli, concentrandosi soprattutto su queste per tentare, in ogni modo, di arginare e stroncare il “problema” alla base, evitando di “esagerare” e amplificare ogni gesto.

È altrettanto vero e indubbio il fatto che nessuno dovrebbe essere costretto a subire qualcosa che non è nella sua volontà e, di rimando, ciascuno dovrebbe avere il rispetto e l’educazione di avere cura – e proteggere se serve – chi ci sta davanti.