CATANIA – Era una vera e propria “industria dello spaccio” l’organizzazione retta da Salvatore Mazzaglia e dal genero Mirko Casesa, a capo del gruppo di Mascalucia sgominato nelle scorse ore dai carabinieri del Nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania.
Le continue indagini condotte a cavallo tra il 2016 e il 2018 hanno permesso di accertare con estrema lucidità tutti i movimenti del gruppo criminale, che intratteneva rapporti anche al di fuori del territorio etneo e della stessa Sicilia.
Mazzaglia, a cui vengono contestati 18 capi di imputazione, aveva infatti stretto profonde collaborazioni con esponenti della criminalità organizzata locale, in particolare, nelle province di Catania e Siracusa, e con quella calabrese.
Grazie ai rapporti di amicizia costruiti nel tempo, Mazzaglia era riuscito ad aggiudicarsi la fornitura di stupefacenti a credito e a prezzi più vantaggiosi rispetto alla norma.
La città dell’elefante era stata suddivisa in quattro grandi aree, corrispondenti ad altrettanti quartieri popolari etnei: Lineri, Picanello, Villaggio Sant’Agata e San Cristoforo.
In queste aree, Mazzaglia si avvaleva di diversi soggetti di riferimento: Vincenzo Sapia per Lineri, Luigi Scuderi per Picanello in qualità di trafficante e Antonino Battaglia, ritenuto il capo della piazza di spaccio del Villaggio Sant’Agata.
La fornitura dello stupefacente in provincia di Siracusa, invece, era affidata ai fratelli Fabio e Maurizio De Simone. Le ramificazioni del gruppo arrivavano fino a Palermo, grazie al coinvolgimento di soggetti del posto.