Azzerato il consiglio comunale di Agrigento. Si dimettono in 13

Azzerato il consiglio comunale di Agrigento. Si dimettono in 13

AGRIGENTO – Un autentico terremoto politico ha sconvolto oggi la città dei Templi.

Sono tredici i consiglieri comunali, tra i quali il presidente Carlo Settembrino, che si sono dimessi oggi.  La giornata è iniziata con le prime quattro dimissioni che seguono quelle rassegnate la scorsa settimana. “Non siamo più nelle condizioni di proseguire. Abbiamo deciso, tutti insieme, di fermarci. Continuare non avrebbe avuto più senso”, ha detto Settembrino. Insomma una fuga di massa dal consiglio comunale di Agrigento che è decaduto oggi definitivamente, in seguito allo scandalo scoppiato per le 1.133 commissioni consiliari svolte nel 2014 al solo scopo di ottenere il gettone di presenza.

Abbiamo spento la luce, ma ne accendiamo un’altra. Vi assicuro che noi, fiduciosi nella macchina giudiziaria italiana – ha detto il vice presidente del Consiglio Giuseppe Di Rosasiamo in attesa di capire se veramente questa terra vuole uscire da ciò in cui si trova”.

I consiglieri che si sono dimessi sono Antonino Cicero, Giuseppe Di Rosa, Giovanni Civiltà, Simone Gramaglia, Gerlando Galante, Gerlando Gibilaro, Michele Mallia, Riccardo Mandracchia, Calogero Pisano, Cinzia Puleri, Giuseppe Gianluca Urso e Daniele Vita. Stamattina i primi a dimettersi erano stati Alfonso Vassallo, Marco Vullo, Angela Galvano ed Angelo Vaccarello

Intanto, prima delle dimissioni di gran parte dei consiglieri, ecco la nota diffusa dal consigliere Alessandro Patti della quale vi forniamo uno stralcio.

Se volessi dare un titolo al cortometraggio sulla mia esperienza amministrativa, potrei scrivere: ‘Chi di gettone ferisce, di gettone perisce’. Già, perché a quanto pare, solo pochi intimi ricordano che il mio esordio in Consiglio Comunale mi portò sin da subito a porre una pesante questione morale: con la prima delibera sfornata non appena insediati, Sindaco e Giunta decisero di aumentarsi l’indennità di funzione, mentre ci preannunziavano l’aumento al massimo dei tributi locali. Pochissimi oggi ricordano che larghe e trasversali frange del Consiglio Comunale avrebbero voluto invece cogliere la palla al balzo, emulare l’Amministrazione e riaumentare l’importo del gettone di presenza nonché del tetto massimo. Fu proprio il mio intervento mediatico, solitario ed isolato, ad informare la città – allora però in preda ad un sonno soporifero misto all’euforia del risultato elettorale – ed a stigmatizzare quelle scelte (beninteso legittime, ma a mio avviso immorali), inducendo quelle frange di consiglieri a recedere, nell’attesa di tempi migliori. Da allora me la giurarono e venni anche condannato ad un isolamento fisico, ancor prima che politico. Ricordo che da più parti mi si disse che stavo semplicemente conducendo una ‘battaglia contro i mulini a vento’. Purtroppo, col senno di poi, debbo amaramente constatare che avevano ragione, vista la generale indifferenza degli agrigentini e l’isolamento politico e personale che ne è derivato”.

Ed ecco la parte conclusiva dell’intervento di Patti: Non ravvedo ragioni e motivi per cui io debba rassegnare le dimissioni dalla carica di consigliere comunale”.