Separazione e divorzio consensuale al Comune: una legge che fa discutere

Separazione e divorzio consensuale al Comune: una legge che fa discutere

CATANIA – Comuni sovraccarichi di lavoro con il nuovo “divorzio facile”. Non si può ancora parlare di divorzio breve ma sicuramente le coppie che hanno deciso di separare le loro strade consensualmente iniziano ad avere vita più facile grazie a tempi più brevi e costi pressoché nulli.

Con un “diritto fisso” di 16 euro richiesti per le pubblicazioni di matrimonio e un veloce accordo con l’ufficiale di stato civile del comune di appartenenza di uno dei due coniugi, in maniera economica e indolore i soggetti senza figli a carico, minorenni o portatori di handicap e che non presentano problematiche di natura patrimoniale potranno evitare, fuori dalle aule dei tribunali, i ritardi della giustizia e gli onerosi onorari degli avvocati.

Vige però ancora una certa confusione tra le coppie scoppiate. Molti ufficiali di stato civile dichiarano di trovarsi dinanzi coniugi che non possiedono i requisiti imposti per legge per procedere alla separazione o al divorzio oppure si trovano a dover deludere le aspettative dei “futuri ex” sulla concreta possibilità di avviare un divorzio breve. “La legge sul divorzio breve è ancora in discussione al Senato – dice Francesco Di Grazia dirigente dei servizi demografici di San Giovanni La Punta –. Ad oggi è cambiato solo il luogo della fine del matrimonio che dal tribunale si sposta ai nostri uffici ma gli anni che devono trascorrere tra la separazione e il divorzio rimangono ancora tre”.

Ciò che è chiaro è che la legge ha già provocato un ‘overbooking’ di richieste ai comuni che devono far fronte alle nuove richieste dell’utenza. Considerando che le prenotazioni sono in constante aumento, e considerato che oggi gli addii consensuali in Sicilia rappresentano, secondo i dati Istat, il 78.7%, negli uffici comunali arriveranno migliaia e migliaia di pratiche da sbrigare.

Il comune di San Giovanni La Punta è stato uno dei primi comuni etnei a mettere a disposizione dei puntesi modulistica e assistenza fornendo aggiornamenti a tutto il personale per rispondere prontamente alle esigenze dei coniugi in rotta di collisione e ad oggi contano una decina di pratiche concluse e altre in itinere.

Il Comune di Catania ha un territorio più vasto da coprire e i tempi di attivazione si sono leggermente allungati ma, come afferma Margherita Ricca dell’ufficio anagrafe “da qualche settimana siamo già attivi con le nuove disposizioni di legge. Abbiamo deciso di istituire un nuovo ufficio perché uno non era più sufficiente per far fronte alle richieste che arrivano con una certa continuità. Le pratiche concluse sono circa una ventina tra separazioni e divorzi e abbiamo diverse prenotazioni per i giorni a venire”.

Gli avvocati dal canto loro non si dichiarano preoccupati per la perdita di lavoro che potrebbe derivare da questa nuova scelta legislativa:Si, sicuramente ci verranno sottratte delle pratiche ma non siamo preoccupati. Queste sono ipotesi residuali — sostiene un avvocato del foro di Caltagirone — non ci saranno grandi numeri. Le clausole sono tante e non tutti potranno rivolgersi all’ufficiale di stato civile”.

Voci discordi arrivano invece dal mondo cristiano e questo dovrebbe far riflettere la stragrande maggioranza dei siciliani considerando che, sempre secondo i dati Istat, nelle regioni del Sud oltre tre quarti dei matrimoni (77,5 per cento) viene ancora celebrato con rito religioso.

Padre Antonino Sapuppo, docente di teologia morale nello Studio teologico S. Paolo di Catania così risponde in merito alla spinosa questione:“Il divorzio non è accettato dal magistero della chiesa e questo è risaputo perché il matrimonio è un legame indissolubile. Attenzione però, perché è anche vero che ci sono situazioni coniugali molto particolari e coppie che vivono con molta difficoltà la loro relazione come avviene nei casi di violenza o in quelli in cui l’amore finisce perché può anche capitare che ciò accada. Purtroppo però non possiamo negare che questi casi si stiano moltiplicando con un aumento esponenziale delle separazioni e dei divorzi. Con questa legge si considera il matrimonio come un vero e proprio contratto che può essere sciolto in qualsiasi momento senza troppe preoccupazioni. Le istituzioni, a mio parere,  dovrebbero rallentare la libertà di azione delle coppie. Bisognerebbe dare loro il tempo necessario di meditare a freddo e con calma le proprie scelte senza lasciarsi pervadere dall’ira nata da incomprensioni momentanee. Le leggi riducono certi elementi antropologici di fondamentale importanza come l’interrogarsi su che valore abbia l’altro da sé, se l’uomo o la donna sia semplicemente un individuo iscritto in un foglio o al contrario un compagno di vita con cui si è scelto di condividere la propria esistenza terrena. Nessuno è perfetto e questa imperfettibilità non deve essere alla base di una scelta drastica perché è normale che ognuno abbia dei limiti ma bisogna riconoscerli e cercare di superarli congiuntamente”.

Tra approvazioni e dissensi questa nuova legge non lascia equivoci sul successo riscontrato tra i coniugi che hanno consensualmente preso la loro ferma decisione di dirsi addio: “È stato veloce e senza traumi, una formalità, come è giusto che sia – dice una donna che ha appena usufruito della nuova legge – abbiamo vite nuove, figli indipendenti e questa legge ha sicuramente fatto al caso nostro. Pochi soldi e tempi rapidi. Era quello che ci voleva”.

In ogni caso sono ancora in molti ad attendere l’approvazione del divorzio breve, la vera rivoluzione che condurrà al vero cambiamento.