Body Shaming e social network, sul web gli insulti di chi vuole distruggere i corpi delle donne

Body Shaming e social network, sul web gli insulti di chi vuole distruggere i corpi delle donne

PALERMO –Sei una balena spiaggiata“, con questo insulto nell’estate del 2017 la cantante statunitense Mariah Carey era stata bersagliata sui social network da alcuni haters che la incolpavano di aver messo su qualche chilo di troppo. Stesso destino era toccato, nello stesso periodo, anche alla collega barbadiana Rihanna derisa per le sue forme prosperose.

Il clamore di tali episodi aveva sollevato il problema fin troppo sottaciuto del body shaming, un comportamento meschino attraverso il quale si intende biasimare un individuo per alcune sue caratteristiche fisiche.

Territorio prediletto da questa forma di violenza sono, come suggerito in precedenza, i canali di comunicazione online, dove spesso diversi utenti convinti di potersi celare dietro un presunto anonimato riescono a trovare uno sfiatatoio attraverso il quale riversare odio, indignazione e giudizi con un linguaggio da censura.

Quello delle star oggetto di critiche rappresenta soltanto la punta dell’iceberg di un problema che interessa parimenti chi trascorre la propria vita lontano dai riflettori. La prigionia dei social network, il paradigma di un corpo ideale e i canoni di bellezza di una determinata cultura procreano un’ossessione che si consuma in commenti riprovevoli.

Una guerra che contrappone non solo uomini contro donne, ma anche donne contro donne e ogni tipo di identità di genere. Se sei troppo grassa non potrai mai trovare un uomo, se sei basso nessuno ti troverà attraente e così via, in giudizi sempre più spietati e feroci.

Secondo un’indagine condotta nel 2018 da YouGov, un italiano su cinque nel corso della sua vita sarebbe rimasto vittima di bullismo, con percentuali allarmanti per le donne circa il proprio aspetto fisico. In questo contesto si inserisce anche un’altra forma della persecuzione, il cosiddetto “slut shaming“. In questo caso, a essere criticate sono i comportamenti, gli atteggiamenti e le preferenze sessuali delle donne, definite senza pudore o scostumate.

Una minigonna viene segnalata come campanello di promiscuità in contesti patriarcali dove il genere femminile continua a essere considerato inferiore a quello maschile, le vittime di abuso rischiano di essere fagocitate nel calderone dell‘orrida retorica del “se l’è cercata” e viene augurato loro il peggio possibile, con il presupposto di distruggere e fare a pezzi la “colpevole”.

Come scongiurare queste forme di violenze? Se quotidianamente si contano numerosi casi simili di prevaricazione, bisognerebbe indagare alla radice del problema correggendo gli eventuali atteggiamenti già in tenera età.

Istituti scolastici, autorità e istituzioni stanno compiendo da anni un lavoro non indifferente per evitare che tali forme di violenza mettano definitivamente radici nelle nuove generazioni. Tuttavia, la strada per estirpare definitivamente la tendenza sembra ancora molto lunga.