È possibile fare donazioni in denaro ai figli?

È possibile fare donazioni in denaro ai figli?

Spesso i genitori, quando i figli cominciano ad essere indipendenti economicamente o assumono debiti di varia natura, aiutano questi ultimi previo versamento di somme di denaro più o meno consistenti. Tali dazioni di danaro, configurano una delle forme dell’istituto giuridico della donazione. Vediamo con quali limiti e rischi.

LA FORMA DELLA DONAZIONE

Importante in primo luogo è verificare lo scopo della donazione: se ad esempio un genitore vuole versare 30.000 euro al proprio figlio per l’acquisto di una casa di proprietà, si verifica una donazione vera e propria la quale, però, per essere valida dal punto di vista civilistico, deve essere effettuata con atto pubblico, davanti al notaio e alla presenza di due testimoni.

L’ENTITÀ DELLA DONAZIONE

La legge non specifica quale donazione possa intendersi di modico valore (per la quale non è pertanto necessaria la forma dell’atto pubblico davanti a un notaio) e quale no. È chiaro che dovrà valutarsi di caso in caso l’entità della donazione, anche in ragione delle sostanze economiche del donante. Donare 10.000 euro per un multimiliardario può considerarsi donazione di modico valore, mentre la donazione di 10.000 euro per un genitore che ha 20.000 euro sul conto sarà certamente una donazione obbligatoriamente con forma di atto pubblico.

Il mancato rispetto della forma pubblica della donazione di non modico valore non implica problemi di carattere fiscale, ma comporta solo la nullità dell’atto da un punto di vista civilistico. Questo significa, detto in termini pratici, che se qualcuno vorrà impugnare la donazione (magari un figlio del donante ritenendosi leso da tale disposizione) potrà tranquillamente farlo e così la somma dovrà essere restituita dal donatario. Dunque il rispetto dell’atto pubblico è solo per assicurarsi da eventuali impugnazioni di terzi.

I RISCHI

Donare una somma di denaro a un figlio e non a tutti gli altri, può essere oggetto di azione revocatoria ordinaria: in pratica gli altri figli che non hanno ricevuto la medesima somma in donazione, possono entro 5 anni dalla scoperta rivolgersi a un Tribunale competente al fine di provvedere alla revoca di tale donazione, garantendo pertanto una corretta suddivisione di quote ereditarie tra le parti che ne hanno diritto.

I RISCHI CON AGENZIA DELLE ENTRATE

Agenzia delle entrate potrebbe poi vagliare tali passaggi in denaro, soprattutto se in contanti, per poi chiedere informazioni e dettagli a donante e donatario ed, eventualmente, irrogare sanzioni pecuniarie.

È consigliabile pertanto far transitare la somma (pur sempre modica) da un conto all’altro attraverso un bonifico bancario postale oppure consegnare un assegno non trasferibile. Tali strumenti di pagamento, in quanto tracciabili, consentiranno infatti al beneficiario, nel caso in cui il fisco gli dovesse chiedere spiegazioni circa l’aumento del suo potere di acquisto rispetto al reddito dichiarato, di dimostrare la provenienza delle somme.

Facciamo un esempio: se il figlio acquista una casa, ma poi le rate del mutuo vengono pagate con denaro del padre, è meglio che quest’ultimo faccia transitare i soldi dal proprio conto a quello del figlio e poi quest’ultimo le versi all’istituto di credito. Se, invece, il passaggio dovesse avvenire in contanti, dalle mani del genitore a quelle del figlio, se l’Agenzia delle Entrate, di fronte a un reddito che non consente di sostenere un mutuo, dovesse chiedere al contribuente come si sia procurato tali soldi, quest’ultimo sarebbe sprovvisto di prova. La conseguenza sarebbe un accertamento fiscale, con conseguente obbligo di restituire le maggiori somme allo Stato rispetto a quelle dichiarate.