Il tonno rosso: il tanto amato e conteso “oro” del Mediterraneo

Il tonno rosso: il tanto amato e conteso “oro” del Mediterraneo

PALERMO – Il “tonno rosso” è la specie di tonno più diffusa nel Mediterraneo, dove giunge dall’oceano nel periodo tra maggio e giugno, per la stagione dell’accoppiamento.

In Europa, in particolare in Italia, Spagna e Portogallo, le sue carni, nei tagli meno pregiati sono tradizionalmente note per la realizzazione di conserve sott’olio. Nel Bel Paese, infatti, è molto diffuso il consumo di sottoprodotti, come la bottarga, uno specifico preparato realizzato con l’ovario dell’animale, che è presente ormai nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Sicilia, redatto dal Mipaaft (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo).

Il consumo fresco e a crudo è predominante in Asia, e, in special modo, in Giappone, dove la carne di tonno rosso è divenuta una prelibatezza ricercata, essendosi registrato un incremento della domanda, grazie alla diffusione a livello mondiale di sushi sashimi, piatti tipici nipponici.

La crescita imponente di tale domanda ha fatto sì da rendere, negli anni Novanta, la pesca di questo pesce così intensa, da mettere a rischio la sopravvivenza della specie. Ecco che ciò ha fornito l’input perché le nazioni, riunite nell’Iccat, la commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico, arrivassero a introdurre il sistema delle quote, che, assegnando periodicamente ai diversi Paesi un certo numero di tonnellate di tonno rosso da poter pescare, ha mosso il meccanismo  per cui il Mediterraneo si ripopolasse di animali di questa specie in pericolo di estinzione.

Per l’anno in corso la quota totale fissata è di 32,2 migliaia di tonnellate, di cui 17,5 sono destinate ai Paesi dell’Unione Europea, riservando all’Italia la terza maggiore quota, dopo Spagna e Francia, pari a 4.308 tonnellate (Avvenire.it).

Se la maggior parte dei Paesi ha assegnato la quota “indivisa“, nel senso che i pescatori hanno la possibilità di catturare quantità indefinite di tonno, per poi interrompere la pesca quando la quota nazionale è stata raggiunta, in Italia il Ministero l’ha imposta “divisa ai pescherecci autorizzati, con il 74% per chi utilizza la pesca a circuizione, il 14% per chi usa i palangari e l’8% alle tonnare.

Sono questi i 3 sistemi principali di pesca del tonno rosso.

La pesca con “reti a circuizione”, dette anche “tonnare volanti”, la più diffusa, consiste in un sistema di reti di grandissime dimensioni (oltre 1.400 metri di lunghezza), che, calate in mare  dai pescherecci, vanno ad accerchiare il branco di tonni e lo catturano quando vengono chiuse. Tale procedimento mette in trappola ingenti quantitativi di tonni vivi, destinati poi all’ingrasso per ottenere carni di maggiore qualità, per il mercato giapponese.

Il secondo tipo di pesca usa i “palangari” o “palamiti“, attrezzi costituiti da una lenza lunga e di grosso diametro, con inseriti spezzoni di lenza più sottile e con ami innescati a intervalli regolari. Tale sistema risulta meno efficiente, perché non mantiene i pesci in vita, ed è quindi meno diffuso.

Il tipo di pesca più tradizionale del bacino del Mediterraneo è quello a “tonnare fisse“, reti cioè a postazione fissa, piazzate all’inizio della stagione e lasciate sino al suo termine. All’interno di tali reti esistono diverse “camere“, che conducono alla “camera della morte“, l’unica rete ha può essere issata per la “mattanza”, il caricamento cioè manuale dei tonni sui pescherecci da parte degli operatori. Si tratta di un sistema sì meno efficiente in termini di quantità, ma senza dubbio più selettivo, in quanto permette di scegliere gli esemplari adulti migliori.

In Sicilia l’ultima tradizionale mattanza si è svolta nel 2007 a Favignana, nel Trapanese, dove, da anni, è rinata la volontà di riaprire la tonnara, incentivata ultimamente dalla possibilità data il 17 aprile scorso dal decreto firmato dal direttore generale del Ministero dell’agricoltura, Riccardo Rigilli, che assegnava delle quote di tonno rosso a 2 tonnare  da riattivare, tra cui proprio quella dell’isola in questione.

Spinto fortemente da ciò, il principale produttore di tonno dell’area Trapanese ha investito circa 700mila euro e ha assunto una ottantina di persone. Ma la riformulazione delle quote del 30 maggio, assegnando solo 14 tonnellate a Favignana, ha fatto sì che la tonnara rimanesse aperta solo per un paio di settimane.

Impianto chiuso, pertanto, e lavoratori licenziati a causa  del taglio delle quote tonno in Sicilia.

“Per una volta- affermano Adolfo Scotti, segretario generale Fai Cisl Palermo Trapani e Pierluigi  Manca, segretario generale  Fai Cisl Sicilia che un’azienda scommetteva sul territorio, puntando sulla manodopera locale e in un settore complesso come quello ittico, dall’alto viene calata una scure che distrugge tutto, manda a casa 80 lavoratori  tra diretti e dell’indotto e vanifica tutte le risorse private impiegate per far ripartire un impianto dopo dodici anni di inattività“.

La Sicilia sarà penalizzata- continuano Scotti e Manca- a beneficio, fra gli  altri, delle aziende  giapponesi. Nella tonnara di Favignana, sarebbero state adottate tecniche antiche per la pesca del tonno, che puntano a essere poco invasive per l’ecosistema, quale per esempio  il reinserimento in mare degli esemplari ancora  piccoli. Le marinerie internazionali, invece, usano sistemi dannosi per l’habitat  marino, in un momento di particolare criticità per tutto il Mediterraneo “.

Non possiamo sempre pagare prezzi altissimi– affermano Scotti e Manca- per le decisioni comunitarie o ministeriali. Questa regione, la più grande isola del Mediterraneo,  non può più essere considerata la Cenerentola nel settore della pesca“, (come dichiarato su Giornale di Sicilia).

Fonte immagine Facebook – Testa Conserve