Nella “calza della giustizia” dolciumi o carbone?

Nella “calza della giustizia” dolciumi o carbone?

La tradizione impone che il 6 di gennaio sia il momento del nuovo anno dedicato alle riflessioni su quanto di buono e di cattivo ci sia stato l’anno precedente.

La befana infatti, così almeno ci raccontavano da bambini, divide dolciumi ai bambini buoni riservando il carbone ai cattivi.

Anche nel mondo dei grandi l’inizio del nuovo anno rappresenta un’occasione per fare un bilancio delle attività passate ed un’analisi delle nuove prospettive. Se dovessimo poi sbirciare nella calza della giustizia cosa troveremmo?

In primis sicuramente del carbone per non aver ancora risolto i problemi relativi alla lentezza della giustizia civile. È evidente che questa lentezza trasforma la giustizia in ingiustizia facendoci sicuramente meritare un profondo strato di deludente e polveroso materiale nero. Tirato fuori dalla calza questo, però possiamo goderci un po’ di caramelle.

Le novità positive infatti sono diverse. La prima sicuramente è il processo telematico, già entrato a regime, che rappresenta un passaggio importante non solo per la professionalità degli avvocati ma anche per la riduzione dei costi della giustizia e quindi per il popolo italiano.

Di sicura positività poi il nuovo codice deontologico con le sue regole che pongono al centro dell’attività professionale il cittadino e la formazione continua. Ultima novità, ma soltanto in ordine di tempo, è il regolamento per la specializzazione degli avvocati.

Questo definisce le modalità per il conseguimento, da parte degli stessi, del titolo di “specializzato”, prevedendo che gli interessati debbano frequentare un corso universitario istituito attraverso convenzione con il Consiglio nazionale forense oppure con i consigli degli Ordini locali.

I corsi dovranno avere durata almeno biennale e una didattica non inferiore a 200 ore complessive, un obbligo di frequenza per almeno i due terzi delle 150 ore di didattica frontale e la previsione di una prova scritta e orale al termine di ogni anno per accertare il livello di preparazione.

Dovranno, anche, avere una comprovata esperienza nella materia di cui si intenda acquisire la specializzazione. In tal caso è necessario che l’avvocato sia iscritto all’albo da almeno otto anni senza interruzioni ed inoltre deve aver svolto almeno 50 incarichi professionali annui a prova della preparazione.

Quattordici sono le aree di specializzazione individuate. Aprono e chiudono l’elenco il diritto di famiglia e quello internazionale, inclusi anche il diritto della responsabilità civile, diritto penale, diritti reali, diritto dell’ambiente, diritto amministrativo, diritto industriale e della proprietà intellettuale, diritto commerciale e della concorrenza, diritto dell’esecuzione forzata e delle procedure concorsuali, ed ancora diritto bancario e finanziario, diritto tributario, diritto del lavoro della previdenza e dell’assistenza, diritto dell’unione europea.

Restano fuori quindi diverse materie che non solo a parere di chi scrive dovevano essere inserite.

Una riflessione quindi sul tema merita sicuramente il diritto sportivo, il quale rappresenta una realtà consolidata del mondo dell’avvocatura ma che ancora una volta non trova riconoscimento in tema di specializzazione.

Diverse poi le materie oggetto anche di corsi di perfezionamento presso le Università degli studi italiane che non trovano posto all’interno dell’elenco.

Resta da chiedersi se la specializzazione, il processo telematico, la formazione continua degli avvocati, il nuovo codice deontologico siano di fatto utili per riempire solo di dolci la calza giustizia dell’anno prossimo.

Avv. Elena Cassella del Foro di Catania