Privati della libertà, torturati e costretti alla fuga: 68,5 milioni di rifugiati nel mondo

Privati della libertà, torturati e costretti alla fuga: 68,5 milioni di rifugiati nel mondo

Minacciati, torturati, a rischio nel loro Paese d’origine, costretti a fuggire e ad attraversare qualsiasi pericolo per continuare a vivere: sono le storie di disperazione dei 68,5 milioni di rifugiati nel mondo (oltre la metà dei quali di età inferiore ai 18 anni).

Siria, Yemen, Iraq, Sudan, Congo, Somalia, Mali, Nigeria, Burundi, Costa D’Avorio, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Myanmar, Venezuela e perfino aree non riconosciute come Stati: i rifugiati provengono da questi e da molti altri territori. Conflitti etnico-religiosi, abusi di potere, scontri armati, guerre tribali, persecuzioni per idee personali: queste le realtà vissute da gran parte di loro, spesso abituati a convivere sin dalla nascita con le armi e le atrocità di persone senza scrupoli.

Fonte immagine: UNHCR

E, purtroppo, spesso l’incubo non finisce con la fuga: la memoria di viaggi interminabili con poco cibo e acqua, senza casa e con il rischio di finire nelle mani di trafficanti di esseri umani, di migliaia di persone decedute in maniera inenarrabile e di lotte violente perseguita i rifugiati a vita. E questo per i più “fortunati”: tante volte, infatti, le persone che riescono a raggiungere un luogo sicuro per chiedere asilo sono sopravvissute a torture fisiche e psicologiche, rapimenti durati anche mesi, discriminazioni per le loro credenze politiche e religiose o perfino alla morte di fratelli, figli, genitori e amici e il tutto senza potersi opporre alla brutalità altrui in alcun modo.

Ma chi sono i rifugiati? Secondo l’articolo 1A della Convenzione di Ginevra (1951), si definisce rifugiato chiunque “nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi”.

Secondo la normativa in vigore, dovere dei rifugiati è quello di conformarsi alle norme legislative del Paese ospitante, mentre tra i suoi diritti vi sono la libertà di culto, il principio di non-respingimento (contro il rimpatrio forzato in caso di pericolo di persecuzioni, torture o morte), il diritto di essere libero da sanzioni per l’ingresso illegale nella nazione ospitante nel caso in cui dimostri la reale situazione di rischio affrontata nella terra di partenza, accesso al lavoro, all’istruzione e all’assistenza sanitaria.

Spesso la situazione dei rifugiati è sconosciuta ai più, che preferiscono etichettarli come “parassiti” o non credono del tutto a ciò che hanno subìto. A ciò bisogna aggiungere anche la poca consapevolezza di tanti sulla condizione di questa categoria e la generale confusione del termine “rifugiato” con i termini “migrante” e “clandestino”. Una questione terminologica, questa, che non manca di generare innumerevoli dibattiti socio-politici, costringendo le autorità competenti a fare chiarezza.

A occuparsi dei diritti dei rifugiati è l’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). Nel sito ufficiale è possibile trovare infografiche, dati, storie incredibili e informazioni su iniziative di solidarietà e sensibilizzazione. Tra queste, la Giornata internazionale del rifugiato, celebrata ogni anno il 20 giugno. Eventi, manifestazioni, incontri e convegni su pace, protezione e diritti vengono organizzati in tutto il mondo al fine di garantire dignità a chiunque non abbia la fortuna di vivere in un Paese in grado di garantire libertà e sicurezza.

Foto di kalhh da Pixabay