Effigie della Madonna di Ognina: la storia della “bammina”

Effigie della Madonna di Ognina: la storia della “bammina”

CATANIA – Il santuario sito ad Ognina, quartiere del capoluogo etneo, è dedicato alla Madonna. Nell’abside della chiesa è posta la bellissima statua in legno che rappresenta Maria con in braccio il piccolo Gesù.

La notizia più antica riguardante l’esistenza di questa chiesa si trova nel “Rationem Decimarum Italie” dell’anno 1308, dove veniva citata con lo stesso nome di oggi e da cui si deduce che, già a quei tempi, l’effigie della Madonna era esposta alla venerazione di coloro che si recavano in quell’antico luogo di culto.

Un’ulteriore notizia, circa l’esistenza della chiesa, ci giunge dallo scritto del gesuita Giovanni Andrea Massa, “La Sicilia in prospettiva” del 1709, in cui egli afferma che, prima del terremoto dell’11 gennaio 1693, nel luogo in cui oggi si erge il santuario, sorgeva un piccolo tempio in cui era esposta una statua in legno della Maria Vergine, di cui Massa fornisce una nitida fotografia letteraria, descrivendone i dettagli: “Il Divin Bambino tra le braccia… la materia è di legno; la veste della Gran Signora, tinta di color chermisi, il manto colorato in cilestro: ma l’aria del volto è così venerabile e divota che estatico rapisce ogni cuore”.

Questa statua, ben conservata nei secoli e amorevolmente custodita dagli Ogninesi, sarebbe sicuramente giunta ai giorni nostri se, nell’anno 1889, un atto d’amore verso la miracolosa immagine della Madonna non si fosse trasformato in un tragico evento.

Infatti, nella notte tra l’8 e il 9 settembre dello stesso anno, la statua e la relativa barella presero fuoco, a causa di alcune candele lasciate imprudentemente accese come atto di devozione, notizia che il Corriere di Catania del 12 settembre 1889, riportò nella sezione cronaca, con il titolo “All’Ognina“. “La festa era terminata, e trasportarono quindi il simulacro della Madonna – scriveva l’articolo – con la relativa barella, entro la chiesa. Per non lasciare la Madonna al buio non spensero le candele che erano infitte nella bara, e queste, squagliandosi, finirono coll’appiccare il fuoco e bruciare completamente sia la bara che la sacra immagine…”.

A seguito del triste evento che causò nel popolo ogninese grande sconforto, la nobile famiglia Marano, residente nell’omonimo palazzo a poche decine di metri dall’antica chiesa, sensibile al dolore dei parrocchiani, diede incarico di fare scolpire una nuova statua, attraversando l’Italia in carrozza, accompagnati dal cocchiere e da un anziano pescatore del borgo marinaro e recandosi a Parigi, presso la bottega dei famosi cesellatori, incisori e scultori, fratelli Delin.

Nel giro di qualche mese la statua fu creata ex novo dagli abili maestri francesi e riportata nel santuario mariano, sino a giungere ai nostri giorni intatta e nel suo pieno splendore. Alla base, a conferma di ciò, si trova incisa la scritta: “DELIN FRERES — 64 RUE BONAPARTE (PARIS)” (nel laboratorio francese ebbe il titolo di “Notre-Dame du Sacre Coeur“).

 

Non è stato tramandato quanto tempo impiegò la carrozza dei Marano a fare ritorno. Si racconta che, appena attraversò il ponte allora esistente in piazza Mancini, la notizia si diffuse in un baleno. Tutte le famiglie dei pescatori che popolavano il piccolo borgo si riversarono sulla spiaggia davanti la chiesa, e con immensa commozione e gioia si affollarono attorno alla carrozza, che svelava il suo preziosissimo carico. Alla vista della statua parigina, che per la prima volta toccava il suolo ogninese, tutto il popolo scoppiò in lacrime e si prostrò ai piedi della sacra effigie inneggiando all’unisono l’antica invocazione “Tutti devoti tutti cu vera firi evviva a bedda matri di Lognina“, e da quel giorno divenne ogninese per sempre.

Tutta la letteratura conferma la nostra chiesa come S. M. dell’Ognina, anche se, nell’anno 1900, Giuseppe Rasà Napoli, nella sua Guida delle chiese di Catania, cita per la prima volta la Madonna con il titolo di Santa Bambina, sicuramente in riferimento al fatto che, dopo l’incendio del 1889, che bruciò l’antichissima effigie, per il tempo necessario affinché arrivasse da Parigi la nuova, venne esposta nella nicchia dell’abside una statua di cera della Vergine Maria in fasce. Da qui il nome di “Bammina“.

Articolo redatto grazie alla collaborazione del dott. Davide Chisari

Fonte immagini Davide Chisari