Ossessione Challenge, le sfide “invadono” i social: pericoli tra alienazione e svalutazione della vita

Ossessione Challenge, le sfide “invadono” i social: pericoli tra alienazione e svalutazione della vita

Sui social network spesso le persone cercano di sembrare quello che non sono: provano tutte le pose per una foto perfetta, scelgono filtri per nascondere i difetti o ritoccano alcuni dettagli che vogliono mantenere intimi. Sebbene molti lo facciano semplicemente per divertimento e non necessariamente per il desiderio di apparire, per troppe persone, specialmente giovani, può diventare una vera e propria ossessione o, nei casi peggiori, dare origine a una malattia.

C’è perfino chi tenta a tal punto di emulare l’immagine ideale di sé proposta su Facebook o Instagram da affrontare sfide paurose e potenzialmente dannose per la salute, come chirurgia o attività che mettono a repentaglio la sicurezza personale.

Una delle più note e recenti è senza ombra di dubbio la “Butt challenge” che prevede di fare di tutto per ottenere un lato B perfetto. Se non c’è nulla di male nel tentare di migliorarsi attraverso l’attività fisica e una dieta equilibrata, quando avere un fondoschiena senza difetti diventa l’unico obiettivo di vita la situazione può degenerare facilmente: migliaia di persone nel mondo hanno perfino accettato di sottoporsi a interventi chirurgici (anche rischiosi) per avvicinarsi al risultato sperato, con conseguenze talvolta non gradevoli e rovinosi.

C’è anche chi non si limita a una parte del corpo e si auto-costringe a diete da fame o ad allenamenti insostenibili per apparire al meglio su Internet: “gare di magrezza” come la “Ribcage bragging challenge” (la moda di fotografarsi con le costole sporgenti per vantarsi della propria forma fisica) o la “Thigh gap challenge” (l’ossessione per le gambe magrissime, in cui le cosce non si toccano) sono un triste esito di una società in cui i like sembrano spettare solo a chi si rovina per apparire “al top”. Oltre a queste tendenze altamente pericolose che favoriscono, se non adeguatamente controllate, disturbi alimentari e di altra natura, vi sono altri pericoli si annidano nel mondo del web.

Tra le varie “challenge” (sfide) proposte sui social, spesso anche con hashtag dal gusto discutibile, e in voga soprattutto tra i giovani, tante incitano gli utenti a compiere gesti estremi: un selfie in un luogo pericoloso, ingerire prodotti non commestibili o seguire istruzioni incredibili.

Oltre a quelle largamente conosciute (come il “Blue Whale“, il “gioco suicida” che ha tormentato genitori, ragazzi e autorità a livello globale), esistono anche challenge meno note ma ugualmente spaventose: tra le più recenti spiccano sicuramente la “Tide Pod Challenge“, che sfida gli utenti a ingoiare capsule di detersivo anche a rischio della vita, e la “Shell-on-Challenge“, che incita assurdamente a mangiare i cibi con l’involucro. Numerose anche le sfide a sfondo sessuale (come il “Sexting“) e quelle violente (un esempio è il “Knockout game“, che consiste in aggressioni ai danni di passanti, riprese e diffuse crudelmente e senza ritegno sui social).

Di fronte a tutte queste verità incredibili viene da chiedersi: perché da una cosa meravigliosa, come i social, emerge un fenomeno così sgradevole e allarmante? Dare una risposta completa e valida per tutti è impossibile, ma è vero che in molti casi alla base di comportamenti sconsiderati e pericolosi per il singolo e/o per la comunità stanno due cose: la necessità di apparire e valutare se stessi in base all’accettazione degli altri e il bisogno di provare emozioni di qualsiasi tipo in una realtà ormai “vuota” (ribattezzato da alcuni come “sensation seeking“), anche quando questo comporta dolore o la perdita della vita (in senso metaforico o letterale), svuotata di ogni effettivo valore nel nome del “successo” sul web.

Immagine di repertorio da Pixabay (autore: Q.K)