Ddl Mobbing: fino a 4 anni di carcere per i datori di lavoro

Ddl Mobbing: fino a 4 anni di carcere per i datori di lavoro

In Italia il mobbing sul lavoro è un fenomeno sempre più diffuso, soprattutto a causa della crescente disoccupazione che costringe i lavoratori a subire soprusi per paura di perdere il posto di lavoro. Si tratta, infatti, di tutti quegli atti praticati dal datore di lavoro al fine di emarginare, discriminare, screditare o comunque danneggiare il lavoratore o la lavoratrice nella propria carriera o nel rapporto con i colleghi, sfociando spesso in molestie sessuali, offese alla dignità personale e svalutazione sistematica dei risultati.

Nonostante la sua diramazione, in Italia non esiste ancora una legge che regolamenti il mobbing: questo non è configurato, cioè, come reato a sé stante, rientrando di volta in volta in altre fattispecie previste dal codice penale (es. lesione personale).

Per rimediare alla lacuna, il Movimento 5 Stelle ha di recente depositato alla Camera una proposta di legge, che punta a introdurre il reato di mobbing nel codice penale e tutta una serie di tutele per i lavoratori mobbizzati.

Quali sono i comportamenti condannati e quali i soggetti tutelati?

Nella proposta di legge sono espressamente vietati i comportamenti, anche omissivi, che ledano o pongano in pericolo la salute fisica e psichica, la dignità e la personalità morale del lavoratore, aventi carattere sistematico (es. rimozione di incarichi, svalutazione sistematica dei risultati, sovraccarico di lavoro, atti persecutori, molestie sessuali, offese alla dignità personale, esclusione dalla comunicazione e dall’informazione aziendale). La tutela è rivolta a qualunque lavoratore, operante nel settore pubblico o privato, e anche ai meri collaboratori, indipendentemente dalla loro natura, mansione o grado.

Sul datore di lavoro?

Su quest’ultimo gravano obblighi precisi, qualora siano denunciati azioni o fatti da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori o su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali o del rappresentante per la sicurezza nonché del medico competente. Il datore dovrà accertare tempestivamente i comportamenti denunciati e prendere gli opportuni provvedimenti, sentiti i lavoratori dell’area interessata, il medico competente nonché, se necessario, il servizio di prevenzione e protezione della ASL.

Inoltre, al fine di prevenire casi di mobbing, il datore deve organizzare incontri per informare e formare i dipendenti affinché questi possano individuare immediatamente eventuali sintomi o condizioni di discriminazione.

Quali sanzioni?

La proposta di legge mira a introdurre nel codice penale l’art. 610-bis (Atti di discriminazione o di persecuzione psicologica in ambito lavorativo) per perseguire chiunque, nel luogo o nell’ambito di lavoro, si renda responsabile di atti, omissioni o comportamenti di vessazione, discriminazione, violenza morale o persecuzione psicologica, reiterati nel tempo in modo sistematico o abituale, che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute fisica o psichica ovvero la professionalità o la dignità della lavoratrice o del lavoratore.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, da proporre in sei mesi, e la pena, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da 30.000 a 100.000 euro.

Nei casi più gravi (quando gli atti, le omissioni o i comportamenti siano commessi dal superiore gerarchico o in accordo tra più persone appartenenti al medesimo ambiente di lavoro) il reato è procedibile d’ufficio e la pena è aumentata di un terzo. La pena è aumentata della metà se il delitto è commesso nei confronti di una donna in stato di gravidanza o nel corso dei primi quattro anni di vita del figlio o nei confronti di un minore o di una persona con disabilità.