GDPR e “testamento digitale”: la nostra identità virtuale in eredità

GDPR e “testamento digitale”: la nostra identità virtuale in eredità

Possiamo disporre della nostra identità digitale dopo il decesso? In altre parole, possiamo redigere un testamento digitale? Assolutamente sì.

Il D. Lgs. n.101/2018, di recepimento del nuovo codice della privacy europeo (GDPR – Regolamento Ue 2016/679), prevede proprio questa possibilità all’art. 2-terdecies “Diritti riguardanti le persone decedute”: “I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute (accesso ai dati, rettifica dei dati, cancellazione dei dati, limitazione all’utilizzo dei dati, portabilità dei dati, opposizione all’utilizzo dei dati ndr.) possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli  di protezione”.

Insomma, con un vero e proprio testamento l’interessato può incaricare taluno di gestire i suoi dati personali digitali dopo la sua morte: ad esempio quelli legati a un profilo social o ad altro account in rete.

Tuttavia, l’esercizio di tali diritti non è consentito quando il de cuius (ossia chi ha redatto il testamento) lo vieta espressamente: “L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non  è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della  società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata   al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata”. Divieto che – come specificano i successivi commi 3 e 4 – deve risultare in modo non equivoco, deve  essere specifico, libero e informato,può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti predetti e può essere revocato o modificato in qualunque momento dall’interessato.

E ancora: “Il  divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”. In altri termini, il divieto non opera se pregiudica l’esercizio dei diritti patrimoniali dei terzi derivanti dalla morte dell’interessato. Norma che – è evidente – può rendere praticamente nulle le ultime volontà del de cuiu.

Al di là di ogni possibile lacuna della disciplina, che spetterà alla giurisprudenza e al legislatore stesso colmare, il testamento digitale evita ai beneficiari tutta una serie di problematiche legate alla privacy. Si pensi al reato di accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico (art. 615-ter codice penale), di cui sarebbe accusato chi accede a un account senza il consenso testamentario del suo titolare. O ancora si pensi ai termini di servizio del contratto di alcuni siti (ad esempio Yahoo) in cui si afferma che “né l’account, né il contenuto delle comunicazioni private sono trasferibili al momento della morte”. Legittimare il testamento digitale tutela la privacy del defunto e protegge gli “eredi” da eventuali inconvenienti.