Sicilia, abbandono scolastico superiore al 20%: crisi economica o “rovesciamento” dei valori?

Sicilia, abbandono scolastico superiore al 20%: crisi economica o “rovesciamento” dei valori?

PALERMO – Trascorrere sempre meno tempo sui banchi di scuola o tra le aule dei corsi professionali: è questo il triste destino di numerosi giovani in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle Isole.

Lo conferma un recente studio di Openpolis, realizzato in collaborazione con l’impresa sociale “Con i bambini”. In seguito a una rielaborazione di dati Miur, Istat e Tuttoscuola degli anni 2017 e 2018, infatti, è emerso che la dispersione scolastica (percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni senza diploma o qualifica professionale almeno biennale) rappresenta un problema per tutta la nazione italiana e per tre regioni in particolare: Sardegna, Sicilia e Campania.

Le due isole e la Campania presentano la maggiore dispersione tra il primo e l’ultimo anno delle superiori (rispettivamente 33%, 28,3% e 29,2%) e il numero più alto di abbandoni (riguarda il 21,2% degli alunni della Sardegna, il 20,9% di quelli della Sicilia e il 19,1% di quelli della Campania).

Le percentuali ottenute dai tre territori meridionali sono decisamente al di sopra della media nazionale e denunciano una situazione preoccupante.

Colpa della crisi economica o di un “rovesciamento” dei valori? È difficile rispondere: secondo lo studio di Openpolis, nonostante il disagio sia cruciale per l’attuale società, è impossibile misurare il fenomeno in maniera precisa e, di conseguenza, la maggior parte delle considerazioni in merito si riduce a ipotesi.

Senza dubbio, diversi ragazzi ogni giorno sono costretti a rallentare o perfino interrompere il proprio percorso scolastico per le difficoltà, soprattutto economiche, personali o delle proprie famiglie.

Altre volte, i giovani scelgono un percorso di formazione unicamente in base alle prospettive lavorative: per quanto questa sia una cosa normale, è necessario distinguere quando la preferenza è frutto di una passione o inclinazione e quando del bisogno di inserirsi nel mondo professionale al più presto, a volte anche a costo di rinunciare all’idea di una carriera ben retribuita per una sottopagata.

Si tratta di una questione che spesso passa sotto silenzio, ma che nel giro di pochi anni ha influenzato le vite di decine di studenti in tutta la penisola.

Nonostante ciò, affermare che la dispersione scolastica e l’alta percentuale di abbandoni sono unicamente conseguenza della crisi economica che tormenta l’Italia, in particolare il Meridione, è scorretto.

C’è anche un altro aspetto del problema da analizzare: il cambiamento dei valori sociali. Può sembrare assurdo, ma come la società vede l’istruzione può avere delle ripercussioni sul percorso degli studenti.

Che bisogno hai di andare a scuola? Oggi vanno avanti solo i raccomandati“, “Chi studia o va via o non fa nulla“, “Non perdere tempo sui libri”: frasi come queste vengono pronunciate quotidianamente da molti adulti, facendo intendere che oggi la formazione non abbia un ruolo rilevante nella crescita personale e professionale e che raccomandazione e fortuna dominino su tutto.

Spesso, inoltre, l’importanza del denaro supera quella della professionalità data da un’educazione adeguata. Una situazione drammaticamente simile a quella degli “anni bui”, in cui tanti non sapevano leggere e scrivere ed erano semplici “macchine da lavoro” con una formazione ridotta “ai minimi termini”.

Per quanto l’intento delle affermazioni sopra citate non sia necessariamente quello di sollecitare i ragazzi a lasciare gli studi, non si può negare che ricevere pochi stimoli (o istigazioni sbagliate) concorre a ridurre la loro volontà di affidare il proprio futuro alla preparazione personale e professionale.

Altri fattori che contribuiscono allo “svuotamento” progressivo degli istituti scolastici e professionali sono quelli di natura “materiale”: corsi avviati in ritardo (o annullati con poco preavviso), carenza d’informazioni e di orientamento, mancanza di strumenti adeguati, problemi strutturali e amministrativi, impossibilità di mettere in pratica le nozioni apprese, di partecipare a attività extrascolastiche utili e così via…

Possono sembrare “piccoli” ostacoli, ma sono in grado di costituire un’imponente barriera per chi deve affidare alcuni momenti decisivi della propria esistenza a un ente o a un’istituzione, rischiando di mettere a repentaglio le proprie possibilità future.

 Immagine di repertorio