Operazione “Cerberus”, l’egemonia e la figura del presunto boss Carmelo Bruno – DETTAGLI

Operazione “Cerberus”, l’egemonia e la figura del presunto boss Carmelo Bruno – DETTAGLI

ENNA – Sono stati arrestati questa mattina dalla polizia di Stato il rappresentante della famiglia di Cosa Nostra di Calascibetta e due imprenditori titolari di un impianto di calcestruzzi, ai quali la famiglia locale aveva assicurato l’egemonia delle forniture in una ampia parte del territorio ennese, in cambio del loro continuo sostentamento economico e della loro opera di intermediazione nei confronti di altri imprenditori edili della zona, anche per ciò che concerne il pagamento del pizzo.

Sulla figura di Carmelo Bruno convergevano diversi elementi, in particolare anche le parole di un collaboratore di giustizia, il quale ha raccontato che successivamente all’investitura di Giovanni Fiorenza per la gestione della famiglia mafiosa di Leonforte, quest’ultimo aveva preteso da un soggetto di Calascibetta, la restituzione di una “tangente” precedentemente riscossa a danno di un imprenditore del posto. La circostanza è stata confermata tra l’altro dagli esiti dell’indagine “Homo Novus”, poiché nel corso dell’attività di video sorveglianza esterna all’autolavaggio gestito proprio da Fiorenza, si è notato giungere un furgone dal quale scendeva proprio Bruno, il quale si è intrattenuto nell’attività commerciale per alcuni minuti.

Un altro soggetto intraneo all’organizzazione criminale di “Cosa Nostra” della provincia ha indicato che Carmelo Bruno era referente per Calascibetta, sottordinato al referente provinciale  Salvatore Seminara. Proprio Carmelo Bruno, in una occasione era stato convocato insieme all’imprenditore Giuseppe Di Venti davanti al boss Seminara che lo richiamava  per non aver rispettato degli accordi relativamente a una fornitura di calcestruzzo.

Ancora un altro collaboratore ha riferito di avere incontrato Bruno insieme ad Antonio Giuseppe Falzone dal vecchio boss Giovanni Mattiolo nel 1997 per chiarire una “questione”, ossia l’esenzione di Di Venti e del suo socio dal pagamenti delle estorsioni che in quel periodo venivano riscosse dal duo aidonese Mililli e Minacapilli, sotto il controllo di Mattiolo.

Bruno è stato indicato già all’epoca come appartenente alla famiglia di “Cosa Nostra” di Calascibetta, per conto della quale si era recato da Mattiolo. Infatti, la piccola famiglia di Calascibetta aveva il suo principale centro di interessi nella riscossione del pizzo dalle imprese che si recavano nel proprio territorio e pertanto Bruno ebbe a lamentarsi del fatto che un imprenditore si era recato a Calascibetta a effettuare lavori senza informarlo.

Altro elemento a carico del presunto boss è emerso dall’attività di indagine che ha registrato i commenti in seguito all’omicidio di Signorino Marcellino e Alexandru Matei. Il duplice omicidio, infatti, appariva un’azione punitiva nei confronti di Marcellino, reo di commettere troppi furti di bestiame. Proprio per tale ragione, un soggetto vicino a quest’ultimo, timoroso di subire la stessa ritorsione ha pensato di rivolgersi a Bruno, come capo della famiglia di Calascibetta, per scongiurare che anche lui potesse subire analoga sorte. Nel seguito delle conversazioni è emerso un altro verosimile movente dell’omicidio, ovvero una controversia sulla compravendita di terreni, e anche in questo caso è emerso il coinvolgimento del presunto boss.

Dalle diverse conversazioni intercettate, è apparso che Bruno negli ambienti malavitosi fosse considerato come colui capace di controllare tutto ciò di lecito o illecito che si verificava nel territorio di competenza della “famiglia” mafiosa. Altro tassello al quadro indiziante è stato ricavato dalle dichiarazioni rese da un imprenditore il quale ha riferito agli inquirenti di fatti accaduti a Calascibetta, dove stava eseguendo dei lavori di fornitura di calcestruzzo. Dalla attività di indagine svolta in proposito ancora una volta è emerso che il referente mafioso del territorio di Calascibetta era proprio Carmelo Bruno e che voleva incontrarlo proprio per far valere il potere di “Cosa Nostra” nel controllo del territorio con riguardo alle forniture e alle attività economiche là presenti, con la prospettiva eventualmente di sottomettere l’imprenditore al pagamento della classica “messa a posto”, anche in previsione di lavori più importanti che dovevano essere eseguiti a Calascibetta.

In altre conversazioni intercettate, Bruno ha manifestato la volontà di interessarsi ai nuovi lavori che dovevano essere avviati nel territorio xibetano, al fine di costringere alla “messa a posto” l’impresa appaltante. In altre si evinceva, invece, l’interferenza di Bruno sull’attività amministrativa del Comune di Calascibetta, quanto meno in termini di “vicinanza” e “amicizia”.