La telefonata dalla cabina e lo “sgambetto” ai Santapaola-Ercolano: nel mezzo anche un’estorsione a un panificio – VIDEO

La telefonata dalla cabina e lo “sgambetto” ai Santapaola-Ercolano: nel mezzo anche un’estorsione a un panificio – VIDEO

CATANIA – Una telefonata effettuata il 15 giugno del 2016 al gestore di un parcheggio: questo è ciò che ha dato il via alle indagini dell’Operazione Z, portata a termine questa mattina dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania in collaborazione con la Procura etnea.

Destinatarie di questa operazione 14 persone ritenute responsabili dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e reati di droga.

La telefonata è partita da una cabina situata a piazza dell’Indirizzo ad Acireale, nel Catanese. Nel corso della conversazione Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazzaimponevano al titolare di un parcheggio della zona dell’aeroporto del capoluogo etneo la consegna di 100mila euro. In caso contrario gli sarebbero stati arrecati dei danni.

Il titolare ha denunciato e sono scattate le indagini. Da queste è anche emersa una vera e propria collaborazione tra i clan Santapaola Ercolano, gruppo del quartiere San Cocimo di Catania, e Cappello Bonaccorsi.

Rosario Zuccaro, per conto dei Santapaola, e Salvatore Massimiliano Salvo, esponente dei Cappello, infatti, imponevano al titolare e l’amministratore della discoteca Vecchia Dogana l’affidamento del servizio di sicurezza a loro familiari o di altre persone del sodalizio e il pagamento di 3mila euro.

Ma il quadro non finisce qui, perché oltre all’intestazione del noto ristorante Cuk del borgo marinaro di San Giovanni Li Cuti a Michela Gravagno, tra l’altro moglie del titolare della discoteca, sono stati accertati due episodi di estorsione, uno tentato e uno comminato.

Il primo nei confronti di una persona e il secondo ai danni di un panificio di Gravina di Catania, nel quale venivano riscossi dal gruppo criminale 500 euro al mese. Questo modus operandi è stato definito dal procuratore Carmelo Zuccaro come “un tentativo di controllo del territorio da parte dei clan mafiosi”.