Gli ordini dal carcere e la fedeltà dei familiari, la “rete” del boss Maurizio Zuccaro

Gli ordini dal carcere e la fedeltà dei familiari, la “rete” del boss Maurizio Zuccaro

CATANIA – Era Maurizio Zuccaro, elemento di spicco del clan “Santapaola-Ercolano” e finito in carcere, a reggere le fila del sodalizio mafioso “San Cocimo” operante tra piazza Machiavelli e il Castello Ursino, in pieno centro storico a Catania.

È quanto emerge dall’operazione effettuata nelle scorse ore dalla Polizia Di Stato, denominata “Operazione Z., che ha permesso di smantellare un giro di estorsioni, usura, intestazione fittizia di beni e altri reati.

Nonostante la sua permanenza in cella, Zuccaro non aveva mai smesso di dirigere il gruppo malavitoso, contando sul totale appoggio dei figli Rosario e Filippo e della moglie Graziella Acciarito. L’uomo, da dietro le sbarre, continuava a impartire ordini ai suoi adepti, acquisendo anche quote di partecipazione in attività economiche.

Non solo i parenti più stretti, ma anche i cugini. Tra i suoi affiliati figura, infatti, anche Angelo Testa.

Le stesse, venivano intestate a dei prestanome con l’intento di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale. Tra le attività svolte da Zuccaro e i suoi familiari, spicca anche un’intestazione fittizia di beni effettuata dal figlio Rosario.

Quest’ultimo avrebbe acquisito il 50% delle quote del capitale sociale di una società per azioni in previsione della gestione di un ristorante di Ognina.

In un’altra occasione, lo stesso Zuccaro, in collaborazione con il figlio Rosario e altri complici, avrebbe minacciato e costretto il gestore di una nota discoteca catanese ad assumere familiari e altri affiliati al gruppo mafioso per la gestione del servizio di sicurezza.